La comunicazione all’ ITL successiva al recesso per ragioni obiettive non sospende il termine di decadenza per l’impugnazione del licenziamento
Nota a Cass. 28 marzo 2019, n. 8660
Francesco Belmonte
Il datore di lavoro che intenda procedere ad un licenziamento individuale per giustificato motivo oggettivo è tenuto a comunicare la propria intenzione agli Uffici del lavoro prima di recedere e non successivamente alla comunicazione.
Infatti, in base all’art. 7, co. 1 e 2, L. n. 604/1966: il recesso deve essere “preceduto da una comunicazione effettuata dal datore di lavoro alla DTL (ora, ITL) del luogo dove il lavoratore presta la sua opera, e trasmessa per conoscenza al lavoratore (co. 1). Nella comunicazione di cui al comma 1, il datore di lavoro deve dichiarare l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo e indicare i motivi del licenziamento medesimo nonché le eventuali misure di assistenza alla ricollocazione del lavoratore interessato” (co. 2). Dopodiché, si attiverà la procedura conciliativa dinanzi alla commissione provinciale di conciliazione di cui all’art. 410 c.p.c.
È quanto precisato dalla Corte di Cassazione (28 marzo 2019, n. 8660) la quale sottolinea che, nell’ipotesi di attivazione obbligatoria della indicata procedura compositoria, non è prevista una sospensione del termine di decadenza per l’impugnativa del licenziamento. Come detto, infatti, tale procedura, di norma, deve precedere l’adozione del licenziamento, “essendo oggetto della comunicazione una mera manifestazione dell’intenzione datoriale di procedere al preannunciato provvedimento”.
Qualora invece la predetta procedura sia stata attivata dopo la formale comunicazione del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, si pone la questione se si configuri una sospensione del termine di decadenza.
Come rileva il Collegio, il datore di lavoro che ometta di comunicare preventivamente all’ITL l’intenzione di procedere al licenziamento per motivo oggettivo, incorre in una violazione procedurale rilevante ai sensi dell’art.18, co. 6, Stat. Lav. (risoluzione del rapporto e indennità risarcitoria) Però, il lavoratore che abbia ricevuto una comunicazione del licenziamento non preceduta dalla procedura obbligatoriamente prevista, per godere della specifica tutela per la suddetta violazione ma, evidentemente, per far valere la stessa, deve impugnare il licenziamento nei termini ordinariamente previsti di sessanta giorni (ex art. 6, L. n. 604/1966) pena la preclusione della possibilità di far valere ogni contestazione.
Tanto non è avvenuto nel caso in esame, sicché la Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore sposando la tesi del giudice di merito il quale aveva affermato che:
a) era stata provata l’avvenuta ricezione da parte del lavoratore della comunicazione di licenziamento con preavviso;
b) rispetto a tale comunicazione, seppur effettuata in violazione delle regole procedurali imposte dalla L. n. 604/1966, art. 7, co. 1 (come modificato dalla L. n. 92/2012, art. 1, co. 41), era intervenuta la decadenza della L. n. 604/1966, ex art. 6, poiché l’impugnativa stragiudiziale era stata proposta solo dopo il maturare del termine di sessanta giorni “che non poteva considerarsi sospeso per il tempo necessario all’espletamento della procedura conciliativa obbligatoria in mancanza di espressa previsione in tal senso da parte della L. n. 604 del 1966, art. 7”;
c) non era pertanto condivisibile l’assunto del lavoratore secondo il quale la violazione dell’obbligo di comunicazione preventiva all’Ispettorato del lavoro avrebbe determinato l’insussistenza del licenziamento con la conseguenza che l’impugnativa stragiudiziale, non avendo alcun termine di decorrenza, sarebbe stata pienamente efficace.
La normativa. Secondo il co. 6, art. 18 Stat. Lav: “nell’ipotesi in cui il licenziamento sia dichiarato inefficace per violazione del requisito di motivazione di cui all’articolo 2, comma 2, della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, della procedura di cui all’articolo 7 della presente legge, o della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, e successive modificazioni, si applica il regime di cui al quinto comma, ma con attribuzione al lavoratore di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata, in relazione alla gravità della violazione formale o procedurale commessa dal datore di lavoro, tra un minimo di sei e un massimo di dodici mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, con onere di specifica motivazione a tale riguardo, a meno che il giudice, sulla base della domanda del lavoratore, accerti che vi e’ anche un difetto di giustificazione del licenziamento, nel qual caso applica, in luogo di quelle previste dal presente comma, le tutele di cui ai commi quarto, quinto o settimo”.
Il co. 5, art. 18 Stat. Lav., dispone che: “ Il giudice, nelle altre ipotesi in cui accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro, dichiara risolto il rapporto di lavoro con effetto dalla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità risarcitoria onnicomprensiva determinata tra un minimo di dodici e un massimo di ventiquattro mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto, in relazione all’anzianità del lavoratore e tenuto conto del numero dei dipendenti occupati, delle dimensioni dell’attività economica, del comportamento e delle condizioni delle parti, con onere di specifica motivazione a tale riguardo”.