La prospettazione di un profilo di illegittimità del licenziamento non dedotto tempestivamente nel corso del primo grado di giudizio e, a maggior ragione, in sede di impugnazione, costituisce domanda nuova e quindi è inammissibile.

Nota a Cass. 5 aprile 2019, n. 9675

Arturo Serra

Le regole del processo del lavoro impongono la tempestiva deduzione delle circostanze di fatto poste a fondamento dell’azione in ragione del principio della corrispondenza tra chiesto e pronunciato, per cui la mancata tempestiva deduzione di tali condizioni, sia nel corso del giudizio di primo grado che in sede di impugnazione, determina l’inammissibilità della domanda in quanto nuova.

È quanto ribadito dalla Corte di Cassazione nella sentenza 5 aprile 2019 n. 9675, che ha precisato, inoltre, che tale limite non può essere superato neppure nel caso in cui il vizio denunciato tardivamente dal lavoratore avrebbe potuto determinare la dichiarazione di nullità del licenziamento.

Con tale pronuncia la Corte ha confermato un principio di diritto ormai consolidato nella giurisprudenza di legittimità per cui l’azione promossa dal lavoratore per contestare la validità e l’efficacia del licenziamento va individuata nello specifico motivo di illegittimità dedotto nel ricorso introduttivo, in quanto ciascuno dei molteplici vizi, dai quali può derivare l’illegittimità del recesso, discende da specifiche circostanze di fatto che è onere del ricorrente dedurre e provare (v. Cass. n. 23869/2018 e n. 7687/2017). Pertanto, la tardiva deduzione di tali circostanze comporta l’inammissibilità della domanda.

A titolo esemplificativo, sono nuove quelle domande volte a: far valere l’assenza di una giusta causa o giustificato motivo, a fronte di un’azione con la quale originariamente era stato prospettato solo un motivo ritorsivo e discriminatorio di licenziamento; ottenere la dichiarazione di nullità del licenziamento discriminatorio nelle ipotesi in cui era stata dedotta solo la mancanza di una giusta causa; infine, quelle volte a prospettare vizi formali del procedimento disciplinare diversi da quelli denunciati nell’atto introduttivo del giudizio.

Nel caso di specie, inoltre, la Cassazione ha specificato che l’eventuale nullità del licenziamento non può essere rilevata d’ufficio dal giudice, in quanto il principio di cui all’art. 1421 c.c. (in tema di legittimazione all’azione di nullità), che va comunque coordinato con il principio della domanda, con quello della corrispondenza tra chiesto e pronunciato e con quello della disponibilità delle prove, non può trovare applicazione quando la parte chieda la declaratoria di invalidità di un atto a sè pregiudizievole, dovendo la pronuncia rimanere circoscritta alle ragioni di illegittimità ritualmente dedotte dalla parte stessa.

La nullità del licenziamento è domanda inammissibile se non dedotta tempestivamente
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