Marialuisa De Vita

Con tre risposte ad interpello, le n. 32, 34 e 36 del 12 febbraio 2019, l’Agenzia delle Entrate è tornata nuovamente ad occuparsi dei requisiti per l’applicabilità del regime speciale previsto dall’art. 16 del D.LGS. 14 settembre 2015, n. 147 (Decreto internazionalizzazione) per i c.d. lavoratori impatriati (si ricorda che tale regime potrà subire in un prossimo futuro profonde modifiche, in quanto, a livello politico, è in corso un’accesa discussione per semplificarne i requisiti di accesso e ampliarne i vantaggi fiscali, al fine di potenziare ed incentivare ulteriormente il radicamento in Italia del “capitale umano”).

Ai sensi dell’art. 16 del D.LGS. 147/2015, il reddito di lavoro dipendente e, dal 2017, anche quello di lavoro autonomo, prodotto da lavoratori (italiani o stranieri) che hanno trasferito la propria residenza fiscale in Italia, concorre alla formazione del reddito complessivo limitatamente al 50% del suo ammontare. Trattasi di un’agevolazione temporanea, applicabile a decorrere dal periodo di imposta in cui il lavoratore ha trasferito la residenza fiscale in Italia e per i quattro periodi di imposta successivi.

Si ricorda che si considerano fiscalmente residenti in Italia, ex art. 2, co.2 del TUIR, le persone fisiche che per almeno 183 giorni (o 184 giorni in caso di anno bisestile) sono iscritte nelle anagrafi della popolazione residente o hanno nel territorio dello Stato il domicilio o la residenza ai sensi del codice civile.

Applicando la disposizione da ultimo citata, l’Agenzia delle Entrate, nella risposta n. 34 del 2019, ha negato ad un lavoratore dipendente, rientrato in Italia il 20 luglio 2018 e assunto il 1° settembre 2018 da una società italiana con contratto a tempo determinato per cinque anni, la possibilità di fruire del regime di favore de quo a partire dal periodo di imposta 2018. È stato, invece, chiarito che ne potrà usufruire solo a decorrere dal 2019. Ciò in quanto – afferma l’Amministrazione finanziaria – in caso di rimpatrio successivo al 3 luglio 2018, non è possibile ritenere integrato, per tale periodo d’imposta, il requisito temporale necessario per l’acquisizione della residenza fiscale in Italia.

Non è questo, però, l’unico chiarimento fornito dall’Agenzia delle Entrate.

Come noto, per poter beneficiare dell’agevolazione in esame i soggetti rientrati in Italia devono essere in possesso dei requisiti previsti, in via alternativa, dal co. 1 o dal co. 2 dell’art. 16, D.LGS.  n. 147/2015.

In particolare, ai sensi dell’art. 16, co. 1, D.Lgs. n. 147/2015, possono accedere al regime agevolativo solo i lavoratori che trasferiscono in Italia la residenza fiscale e che cumulativamente:

  • non sono stati residenti in Italia nei cinque periodi di imposta precedenti il predetto trasferimento e si impegnano a permanervi per almeno due anni;
  • svolgono la propria attività lavorativa prevalentemente nel territorio italiano presso un’impresa residente nel territorio dello Stato in forza di un rapporto di lavoro instaurato con questa o con società che, direttamente o indirettamente, controllano la medesima impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa;
  • rivestono ruoli direttivi ovvero sono in possesso di requisiti di elevata qualificazione o specializzazione.

Il co. 2 dell’art. 16 del D.LGS. n. 147/2015 estende, invece, il regime di favore ai cittadini UE e a quelli di Stati extra UE con i quali è in vigore una convenzione per evitare le doppie imposizioni o un accordo sullo scambio di informazioni in materia fiscale, che soddisfano alternativamente uno dei seguenti requisiti:

  • sono in possesso di un titolo di laurea e hanno svolto in modo continuativo un’attività di lavoro dipendente, ovvero di lavoro autonomo oppure d’impresa fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più;
  • hanno svolto in modo continuativo un’attività di studio fuori dall’Italia negli ultimi 24 mesi o più, conseguendo un titolo di laurea ovvero una specializzazione post lauream.

Presupposto per accedere al regime agevolativo è che il soggetto non sia stato fiscalmente residente in Italia per un periodo minimo precedente all’impatrio. Mentre per i soggetti di cui al co. 1 dell’art. 16, il periodo minimo di residenza all’estero è indicato espressamente dalla norma e corrisponde ai cinque periodi di imposta precedenti il trasferimento, per i soggetti di cui al co. 2 non è previsto nulla.

È intervenuta a colmare, in via interpretativa, tale lacuna l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 51/E del 6 luglio 2018 (annotata in questo sito da M. DE VITA, Regime speciale dei lavoratori rimpatriati: occorre la residenza fiscale all’estero per almeno due periodi di imposta). In questa occasione è stato chiarito che, stabilendo il suddetto co. 2 che i destinatari della agevolazione in esame devono aver svolto un’attività di lavoro/studio all’estero per almeno due anni antecedenti al trasferimento della residenza in Italia, ne discende che “la residenza all’estero per almeno due periodi di imposta costituisca il periodo minimo sufficiente ad integrare il requisito della non residenza nel territorio dello Stato e a consentire, pertanto, l’accesso al regime agevolativo”. In altri termini, i soggetti in possesso dei requisiti previsti dal co. 2 dell’art. 16 possono avvalersi del regime speciale a condizione che nei due periodi di imposta precedenti al trasferimento della residenza fiscale in Italia, non risultino iscritti nelle anagrafi della popolazione residente, né abbiano avuto nel territorio dello Stato il centro principale dei propri affari e interessi, né la dimora abituale.

Con le risposte n. 32 e n. 36 del 2019 sono stati forniti ulteriori chiarimenti interpretativi circa tale periodo di residenza all’estero.

Nella risposta n. 32, l’Agenzia delle Entrate ha escluso l’accesso al beneficio in un caso in cui un lavoratore, iscritto all’AIRE dal 16 giugno 2017, aveva svolto un corso di studi in Francia dal 5 gennaio 2017 al 21 dicembre 2017, ma solo dal 16 aprile 2018 aveva intrapreso un’attività continuativa di lavoro nel Regno Unito. Pertanto, pur risultando soddisfatto il requisito della “non residenza in Italia” per almeno due periodi di imposta, la permanenza all’estero per motivi di lavoro si era protratta per un periodo inferiore a 24 mesi. Ciò ha, quindi, impedito l’applicazione del beneficio. L’Agenzia delle Entrate ha chiarito che il lavoratore potrà, invece, fruire del beneficio fiscale laddove il rientro avvenga successivamente al 16 aprile 2020 e l’attività lavorativa risulti prestata all’estero sino a tale data.

Con la risposta n. 36, l’Amministrazione finanziaria ha precisato, invece, che la mancata coincidenza temporale tra lo svolgimento dell’attività lavorativa all’estero per 24 mesi o più e l’iscrizione all’AIRE per il periodo minimo di due periodi di imposta non preclude l’accesso al regime di favore. Si trattava del caso di una lavoratrice iscritta all’AIRE dal 14 ottobre 2015 che aveva lavorato dal 5 agosto 2013 al 3 ottobre 2017 presso una società con sede nel Regno Unito e, poi, dal 16 ottobre 2017 presso un’altra società avente sede sempre nel Regno Unito. Avendo maturato l’intenzione di rientrare in Italia nel 2019, la lavoratrice chiedeva se la mancata coincidenza temporale tra lo svolgimento dell’attività lavorativa all’estero per almeno 24 mesi e l’iscrizione all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero (AIRE) fosse ostativa alla fruizione del beneficio.

L’Amministrazione finanziaria, estendendo al caso di specie quanto già affermato nella circolare n. 17/E del 23 maggio 2017, ha ribadito che “il requisito dello svolgimento dell’attività di lavoro o studio all’estero in modo continuativo negli ultimi ventiquattro mesi, non deve necessariamente far riferimento all’attività svolta nei due anni immediatamente precedenti il rientro, essendo sufficiente che l’interessato prima di rientrare in Italia, abbia svolto tali attività all’estero per un periodo minimo ed ininterrotto di almeno ventiquattro mesi”. E’, dunque, sufficiente che i due requisiti siano presenti in capo al soggetto al momento in cui rientra in Italia senza che assuma rilievo la contemporaneità della loro maturazione.

Sulla base di quanto esposto, l’interpellante avendo svolto ininterrottamente attività lavorativa dal 5 agosto 2013 al 3 ottobre 2017 (e, quindi, per un periodo superiore a 24 mesi) e risultando iscritta all’AIRE dal 14 ottobre 2015 (e, quindi, da oltre due periodi di imposta) è stata ammessa a fruire del beneficio fiscale.

 

Ancora in tema di regime speciale per i lavoratori impatriati
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