Per l’insegnante pubblico assunto a tempo determinato che svolga il servizio pre-ruolo con i medesimi requisiti soggettivi del personale di ruolo non si ravvisano ragioni oggettive idonee a giustificare una disparità di trattamento nel computo dell’anzianità professionale rispetto al personale assunto a tempo indeterminato.

 Nota a App. Aquila 21 marzo 2019, n. 171

 Kevin Puntillo

L’esclusione normativa, nei confronti del docente assunto a tempo determinato, di una completa equiparazione dell’incidenza dei periodi di lavoro ai fini del computo della complessiva anzianità di servizio maturata, determina una irragionevole discriminazione rispetto ai pubblici dipendenti assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato a parità di mansioni.

Va pertanto disapplicato l’art. 485, co.1, DLGS. n. 297/1994 nella parte in cui, escludendo la completa equiparazione dell’incidenza dei periodi di lavoro svolto a tempo determinato ai fini del computo della complessiva anzianità di servizio maturata, determina una irragionevole discriminazione rispetto ai pubblici dipendenti assunti con contratto di lavoro a tempo indeterminato a parità di mansioni (come noto, tale disposizione prevede il pieno riconoscimento ai fini giuridici ed economici del servizio pre-ruolo, ma solo nei limiti di 4 anni e contempla il riconoscimento dell’ulteriore periodo per due terzi a fini giuridici ed economici e per l’altro terzo a soli fini economici, mentre solo l’anzianità a fini giuridici ed economici è utile per l’inquadramento e la progressione nelle posizioni e fasce stipendiali).

Lo afferma la Corte di Appello dell’Aquila (21 marzo 2019, n. 171) che richiama l’orientamento giurisprudenziale più volte espresso, muovendo dalla sentenza CGUE (“Motter” C-466/17), secondo la quale “La clausola 4 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999, che figura in allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, deve essere interpretata nel senso che essa non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale come quella di cui al procedimento principale, la quale, ai fini dell’inquadramento di un lavoratore in una categoria retributiva al momento della sua assunzione in base ai titoli come dipendente pubblico di ruolo, tenga conto dei periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato in misura integrale fino al quarto anno e poi, oltre tale limite, parzialmente, a concorrenza dei due terzi”.

In questo quadro, la Corte di Appello ammette la possibilità di un trattamento diversificato fra le due categorie di docenti (a termine ed a tempo indeterminato), qualora ricorra una «ragione oggettiva», ai sensi della clausola 4, punti 1 e/o 4, dell’accordo quadro cit. (v., in tal senso, CGUE 18 ottobre 2012, da C-302/11 a C-305/11, punto 62).  La disparità di tale trattamento potrebbe infatti trovare una giustificazione oggettiva in ragione della differente “qualità” professionale del docente a tempo indeterminato, in termini cioè di continuità dell’insegnamento, di esperienza didattica e bagaglio conoscitivo oggettivamente diversi rispetto a quelli acquisiti dall’insegnante assunto a tempo determinato, adibito a supplenze frammentarie e discontinue.

Tuttavia, nel caso sottoposto al suo giudizio, i giudici non rilevano elementi sufficienti a considerare diverse le professionalità in esame e ritengono ingiustificata la disparità di trattamento venutasi a creare in merito al riconoscimento dell’attività di servizio. Ciò, poiché la stessa non risulta giustificata dalla sussistenza di alcun preciso e concreto elemento fondato su caratteristiche obiettive le quali contraddistinguano il rapporto di impiego a tempo determinato rispetto a quello a tempo indeterminato e siano idonee ad “ancorare la legittimità del differente regime di trattamento ad una reale e oggettiva necessità, quale ad esempio l’esigenza di perseguire uno specifico obiettivo della direttiva medesima ovvero una legittima finalità di politica sociale dello Stato membro”.

Disparità di trattamento nei confronti dei docenti a tempo determinato
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