Stante l’eterogeneità delle voci che compongono il danno non patrimoniale, il relativo danno differenziale va determinato comparando, per poste distinte, tutte le componenti del danno civilistico con le corrispondenti indennità corrisposte all’infortunato dall’INAIL.
Nota a Cass. 2 aprile 2019, n. 9112
Flavia Durval e Francesco Belmonte
Le somme eventualmente versate dall’istituto assicuratore a titolo di indennizzo non sono integralmente satisfattive del diritto al risarcimento del danno in capo al soggetto infortunato od ammalato poiché esiste una differenza strutturale e funzionale tra l’erogazione INAIL di cui all’art. 13, D.LGS. n. 38/2000, e il risarcimento del danno secondo i criteri civilistici. Vi è cioè una diversità ontologica tra l’istituto assicurativo e le regole della responsabilità civile a livello costituzionale poiché due rimedi hanno ciascuno un diverso referente normativo: la prestazione indennitaria risponde agli obiettivi di solidarietà sociale previsti dall’art. 38 Cost.; mentre il rimedio risarcitorio si pone a presidio dei valori della persona, di cui all’art. 32 Cost. Ne consegue che l’assicurazione INAIL non copre per intero il danno biologico determinato dall’infortunio o dalla malattia professionale. Sicché “ammettere il carattere assorbente della prestazione indennitaria (per effetto della rimodulazione del D.LGS. n. 38/2000, art. 13) implicherebbe una riduzione secca del livello protettivo, sia rispetto alle potenzialità risarcitorie del danno biologico sia a confronto con il ristoro accordato a qualsivoglia vittima di un evento lesivo”.
È quanto affermato dalla Corte di Cassazione 2 aprile 2019, n. 9112 (in conformità a Cass. n. 23263/2017 e n. 19973/2017), la quale precisa che l’ordinamento distingue la categoria del danno patrimoniale (art. 1223 c.c.) da quella del danno non patrimoniale (art. 2059 c.c., art. 185 c.p.).
Come noto, il danno non patrimoniale costituisce una categoria di danno unitaria che ricomprende in sé tutte le possibili componenti di pregiudizio non aventi rilievo patrimoniale (Cass. S.U. n. 26972/2008; Cass. n. 3505/2016; Cass. n. 15491/2014; Cass. n. 4043/2013), da liquidarsi in modo omnicomprensivo, evitando duplicazioni risarcitorie (Cass. n. 16992/2015; Cass. n. 9320/2015).
Tuttavia, la natura unitaria del danno non patrimoniale “non va intesa nel senso di escludere la possibilità di rilevare, all’interno di essa, le diverse componenti che la formano, componenti riconosciute dalle stesse Sezioni Unite.”
In particolare, per quanto concerne la nozione di danno biologico nell’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e i relativi rapporti con le altre voci di danno rientranti nella categoria del danno non patrimoniale, nell’ambito di quest’ultima categoria alcune voci sono escluse dalla copertura assicurativa INAIL: e cioè il danno complementare, definito pure differenziale qualitativo, in relazione al quale non sussiste copertura assicurativa INAIL; il danno biologico temporaneo; il danno biologico in franchigia (fino al 5%); ed il danno morale.
In effetti, l’art. 13 del D.LGS. n. 38/2000, include «nell’indennizzo erogato dall’INAIL esclusivamente il danno biologico, inteso come lesione – pari o superiore al 6% -“all’integrità psicofisica, suscettibile di valutazione medico legale, della persona”, valutata secondo una specifica Tabella delle menomazioni (ossia delle percentuali di invalidità permanente, redatta dal Ministero del Lavoro) “comprensiva degli aspetti dinamico-relazionali”.
Più specificamente, il danno biologico (come definito dal D.LGS. n. 38/2000), comprende sia la lesione statica che le ripercussioni dinamico-relazionali nella vita del danneggiato. Tuttavia, da tale nozione sono escluse voci che concorrono pur sempre a costituire il danno non patrimoniale, quali: “le lesioni all’integrità psicofisica di natura transitoria (il danno biologico temporaneo), le lesioni sotto una determinata soglia minima, il danno morale ossia la sofferenza interiore (ad esempio il dolore dell’animo, la vergogna, la disistima di sé, la paura, la disperazione) che non ha base organica ed è estranea alla determinazione medico-legale.”
In sintesi, dunque, la nozione di danno biologico in senso omnicomprensivo, quale lesione alla salute, comprende (secondo i criteri civilistici) “la lesione medico legale (ossia la perdita anatomica o funzionale), il danno dinamico-relazionale (sia nei suoi aspetti ordinari, comuni a qualunque persona con la medesima invalidità, sia in quelli peculiari, specifici del caso concreto) e tutti i conseguenti pregiudizi che la lesione produce sulle attività quotidiane, personali e relazionali” (Cass. n. 23469 /2018 e n. 7513/2018).
In questo quadro, il principio di integralità del relativo risarcimento esige che la comparazione fra responsabilità civile e tutela previdenziale tenga conto degli aspetti chiaramente estranei all’oggetto dell’assicurazione sociale.
Nello specifico, il raffronto fra danno biologico valutato in senso civilistico ed indennizzo erogato dall’INAIL va attuato secondo un computo per poste omogenee: “vanno, dapprima, distinte le due categorie di danno (patrimoniale e non patrimoniale); il danno patrimoniale calcolato con i criteri civilistici va comparato alla quota INAIL rapportata alla retribuzione ed alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato (volta all’indennizzo del danno patrimoniale); in ordine al danno non patrimoniale, effettuato il calcolo secondo i criteri civilistici, vanno, dapprima, espunte le voci escluse dalla copertura assicurativa (danno morale e danno biologico temporaneo) che spettano interamente al danneggiato e, poi, dall’ammontare complessivo del danno non patrimoniale così ricavato (corrispondente al danno biologico) va detratto (non già il valore capitale dell’intera rendita costituita dall’INAIL, ma solo) il valore capitale della quota della rendita INAIL destinata a ristorare, in forza del D.LGS. n. 38/2000, art. 13, il danno biologico stesso.”
In particolare, al fine di evitare automatismi e duplicazioni risarcitorie; soprattutto con riferimento ai pregiudizi patiti nella sfera dinamico-relazionale della vita del soggetto leso, il giudice deve verificare che la liquidazione del danno morale (oggetto di separata ed autonoma valutazione) non costituisca duplicazione risarcitoria della valutazione di questi medesimi aspetti nell’ambito del danno biologico.