Ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi lavorativi rileva la complessiva situazione reddituale del richiedente, la sua situazione lavorativa e la capacità di produrre reddito.
Nota a Tar Lombardia 28 marzo 2019, n. 676
Francesca Albiniano
Per ottenere il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di lavoro è necessario il possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento del cittadino non comunitario e del suo nucleo familiare.
È quanto afferma il Tar Lombardia 28 marzo 2019, n. 676, ricostruendo le posizioni della giurisprudenza sul punto.
Come noto, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno il possesso di un reddito minimo idoneo al sostentamento del cittadino extracomunitario e del suo nucleo familiare “costituisce una condizione soggettiva non eludibile, perché attiene alla sostenibilità dell’ingresso e della permanenza dello straniero nella comunità nazionale e garantisce che egli contribuisca al progresso anche materiale della società e non si dedichi ad attività illecite” (Così, Cons. Stato n. 1687/2014).
Quanto alla misura di tale requisito reddituale:
a) per un orientamento giurisprudenziale, ai fini del rilascio del permesso di soggiorno, essa è stabilita (per il lavoro subordinato) dall’art. 29, co. 3, lett. b), D.LGS. n. 286/1998 (“reddito minimo annuo derivante da fonti lecite non inferiore all’importo annuo dell’assegno sociale aumentato della metà dell’importo dell’assegno sociale per ogni familiare da ricongiungere”), richiamato dall’art. 22, co. 11, del medesimo provvedimento legislativo (secondo cui “la perdita del posto di lavoro non costituisce motivo di revoca del permesso di soggiorno al lavoratore extracomunitario ed ai suoi familiari legalmente soggiornanti. Il lavoratore straniero in possesso del permesso di soggiorno per lavoro subordinato che perde il posto di lavoro, anche per dimissioni, può essere iscritto nelle liste di collocamento per il periodo di residua validità del permesso di soggiorno, e comunque, salvo che si tratti di permesso di soggiorno per lavoro stagionale, per un periodo non inferiore ad un anno ovvero per tutto il periodo di durata della prestazione di sostegno al reddito percepita dal lavoratore straniero, qualora superiore. Decorso il termine di cui al secondo periodo, trovano applicazione i requisiti reddituali di cui all’art. 29, co. 3, lett. b)…” (in tal senso, Cons. Stato, 2 luglio 2014, n. 3342 e 11 settembre 2014, n. 4652);
b) secondo, invece, un diverso indirizzo della giurisprudenza amministrativa, alla quale aderisce il Tar Lombardia, la legislazione sull’immigrazione non impone, in via di principio, un reddito annuo minimo prefissato, limitandosi a richiedere il possesso di un reddito annuo minimo corrispondente all’importo dell’assegno sociale (fissato dal Ministero del Lavoro di anno in anno) soltanto in alcune specifiche situazioni, come nell’ipotesi di richiesta del permesso di soggiorno CE oppure di ricongiungimento familiare (v. Cons. Stato n. 597/2015, n. 6069/2014 e n. 3596/2014). Gli 4 e 6 del D.LGS. n. 286/1998 e l’art. 13 del D.P.R. n. 394/1999 richiedono infatti solo la disponibilità di “mezzi di sussistenza sufficienti per la durata del soggiorno”. Sicché, il possesso di un reddito minimo corrispondente all’assegno sociale (a meno che non sia richiesto espressamente dalla legge) “rappresenta un criterio orientativo di valutazione, e non un parametro la cui mancanza sia automaticamente ostativa al rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro subordinato, dovendosi tener conto delle varie circostanze che di fatto concorrono a consentire il sostentamento dell’immigrato” (cfr. Cons. Stato n. 4352/2016).
Secondo i giudici, quindi, l’Amministrazione è tenuta a considerare il complesso della situazione reddituale e la situazione lavorativa della ricorrente. Tali situazioni, infatti, rispondono al presupposto di cui all’art. 4, co. 3, DLGS. n. 286/1998, poiché, nella fattispecie considerata, le somme indicate risultavano sufficienti a consentire il sostentamento della lavoratrice ricorrente, pur essendo inferiori (peraltro in misura non rilevante) all’importo dell’assegno sociale fissato per le varie annualità.
Il Tar precisa infine che, anche a voler aderire al primo orientamento (sub a)), pur riconoscendo l’operatività del citato art. 22, D.LGS. n. 286/1998 anche in caso di rinnovo del permesso di soggiorno, è comunque necessario attuare una “valutazione pro futuro della situazione reddituale verificando la sussistenza di una idonea capacità dell’interessato a produrre reddito”. Ciò, in quanto dal dettato legislativo (D.LGS. n. 286, cit.) complessivamente considerato non emerge la necessità di una dimostrazione del possesso, “in modo assoluto ed ininterrotto, del predetto livello di reddito ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno, potendo esservi periodi nei quali tali requisiti possano in tutto o in parte mancare purché tali periodi siano limitati nel tempo e non determinino una definitiva perdita della capacità di produrre reddito” (Cons. Stato n. 4837/1998).