La previsione, contenuta in un accordo aziendale, della necessaria comunicazione alle organizzazioni sindacali degli “elenchi dei neo assunti”, va intesa secondo il senso letterale, come relativa ai nominativi dei lavoratori e non al mero dato numerico.
Nota a Cass. (ord.) 23 maggio 2019, n. 14060
Alfonso Tagliamonte
La violazione della disposizione dell’accordo aziendale, concernente le comunicazioni periodiche obbligatorie del datore di lavoro nei confronti del sindacato, costituisce per sé condotta antisindacale, ossia idonea ad impedire o limitare l’esercizio dell’attività sindacale.
È quanto afferma la Corte di Cassazione (ord. 23 maggio 2019, n. 14060), la quale richiama la clausola del contratto aziendale oggetto del contenzioso, secondo cui: l’azienda (un istituto bancario) “si impegna a fornire alle OO.SS. comunicazioni riguardanti gli elenchi dei neo-assunti, i trasferimenti dei responsabili di filiale, il ruolo del personale (da consegnare semestralmente) e le circolari/comunicazioni riguardanti i dipendenti”.
Nello specifico, la Corte:
– conferma la sentenza di merito (App. Catanzaro n. 143/2016), che aveva rilevato come l’uso del termine “elenco” equivale ad una lista di persone non riferibile alla trasmissione di un mero dato numerico complessivo ma presuppone l’invio dei nominativi dei lavoratori;
– osserva che, nella fattispecie, la trasmissione di dati meramente numerici, cioè senza l’indicazione dei nomi e dei cognomi dei lavoratori, viola il citato accordo sindacale (sulle comunicazioni periodiche obbligatorie del datore di lavoro nei confronti delle organizzazioni sindacali) e costituisce un comportamento antisindacale, in quanto impedisce o, comunque, limita l’attività sindacale di trasmissione di informazioni ai lavoratori e di proselitismo;
– e precisa che per integrare gli estremi della condotta antisindacale, di cui all’art. 28 Stat. Lav., è sufficiente che “il comportamento controverso leda oggettivamente gli interessi collettivi di cui sono portatrici le organizzazioni sindacali, non essendo necessario (ma neppure sufficiente) uno specifico intento lesivo da parte del datore di lavoro né nel caso di condotte tipizzate perché consistenti nell’illegittimo diniego di prerogative sindacali (quali il diritto di assemblea, il diritto delle rappresentanze sindacali aziendali a locali idonei allo svolgimento delle loro funzioni, il diritto ai permessi sindacali), né nel caso di condotte non tipizzate ed in astratto lecite, ma in concreto oggettivamente idonee, nel risultato, a limitare la libertà sindacale, sicché ciò che il giudice deve accertare è l’obiettiva idoneità della condotta denunciata a produrre l’effetto che la disposizione citata intende impedire, ossia la lesione della libertà sindacale e del diritto di sciopero” (così, anche Cass. n. 7706/2004; Cass. n. 1684/2003; Cass. S.U. n. 5295/1997).