Il soggetto che impugna un licenziamento deducendo che esso si è realizzato senza il rispetto della forma prescritta, ha l’onere di provare il fatto costitutivo della sua domanda.
Nota a Cass. 16 maggio 2019, n. 13195
Valerio Di Bello
Nell’ipotesi in cui, nel corso di un processo, sia dedotto un licenziamento orale, la prova della “estromissione” dal rapporto, gravante sul lavoratore, non coincide “tout court con il fatto della cessazione del rapporto di lavoro, ma con un atto datoriale consapevolmente volto ad espellere il lavoratore dal circuito produttivo”.
Il principio è affermato dalla Corte di Cassazione (16 maggio 2019, n. 13195; conforme, Cass. n. 31501/2018), la quale ricostruisce puntualmente i termini della questione riguardante la ripartizione dell’onere probatorio, precisando che:
– il licenziamento è atto unilaterale con cui il datore di lavoro esercita il potere di recesso, dichiarando al lavoratore la volontà di estinguere il rapporto di lavoro;
– il lavoratore che impugna un licenziamento deducendo che esso si è realizzato oralmente, ossia senza il rispetto della forma prescritta, ha l’onere di provare, oltre la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, “il fatto costitutivo della sua domanda rappresentato dalla manifestazione di detta volontà datoriale, anche se realizzata con comportamenti concludenti” (l’identificazione del fatto costitutivo della domanda del lavoratore prescinde dalle difese del convenuto datore di lavoro, anche perché questi potrebbe essere contumace); ciò, in base al fondamentale canone, dettato dall’art. 2697, co. 1, c.c., secondo cui “chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provare i fatti che ne costituiscono il fondamento”;
– è quindi priva di riscontro normativo la tesi per cui il lavoratore possa allegare solo la mera circostanza dell’intervenuto licenziamento, “obbligando il datore di lavoro a fornire la dimostrazione che l’estinzione del rapporto di durata sia dovuta ad altra causa, perché in tal caso si realizzerebbe una inversione dell’onere probatorio non prevista dall’ordinamento” (tale opzione non è prevista dalla disciplina sui licenziamenti individuali di cui alla L. n. 604/1966, la quale pone a carico del datore di lavoro l’onere di provare che il licenziamento sia giustificato (art. 5), ma non anche la circostanza che il recesso sia ascrivibile ad una volontà datoriale);
– in realtà, la mera cessazione definitiva nell’esecuzione delle prestazioni derivanti dal rapporto di lavoro non è sufficiente a fornire la prova del licenziamento. E’ questa, infatti, una circostanza di fatto di significato polivalente, potendo costituire al tempo stesso l’effetto sia di un licenziamento, sia di dimissioni, sia di una risoluzione consensuale;
– né la cessazione del rapporto di lavoro può definirsi come “estromissione”, in quanto tale termine
non ha riscontro normativo a meno che non venga sussunto nella nozione giuridica di “licenziamento” e, quindi, “nel senso di allontanamento dall’attività lavorativa quale effetto di una volontà datoriale di esercitare il potere di recesso e risolvere il rapporto. L’accertata cessazione nell’esecuzione delle prestazioni può solo costituire circostanza fattuale in relazione alla quale, unitamente ad altri elementi, il giudice del merito possa radicare il convincimento, adeguatamente motivato, che il lavoratore abbia assolto l’onere probatorio sul medesimo gravante circa l’intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro ad iniziativa datoriale”;
– qualora poi il datore di lavoro deduca che un rapporto di lavoro si è estinto per le dimissioni del lavoratore, su di lui grava la prova del fatto costitutivo della domanda o dell’eccezione (ai sensi dell’art. 2697 c.c. «Chi vuol far valere un diritto in giudizio deve provarne i fatti che ne costituiscono il fondamento»).
In questo quadro, il Collegio conferma la sentenza della Corte territoriale, la quale, una volta accertato che la lavoratrice non aveva fornito la prova del licenziamento orale asseritamente intimatole, ha ritenuto infondata la sua domanda, “non essendo sufficiente l’incontestata cessazione delle prestazioni lavorative e non assumendo rilievo la mancata dimostrazione delle dimissioni eccepite dalla società e rese in diverso contesto spazio-temporale, in ossequio al principio … secondo cui l’onere probatorio del convenuto in ordine alle eccezioni da lui proposte sorge in concreto solo quando l’attore abbia a sua volta fornito la prova dei fatti posti a fondamento della domanda”.