La valutazione dell’invalidità tiene conto della riduzione a meno di un terzo della capacità lavorativa del lavoratore in occupazioni confacenti alle sue attitudini e professionalità.

 Nota a Cass. 3 maggio 2019, n. 11709

 Francesco Belmonte

“Ai fini del riconoscimento dell’assegno ordinario di invalidità, la sussistenza del requisito posto dall’art. 1 della legge 12 giugno 1984, n. 222, concernente la riduzione a meno di un terzo della capacità di lavoro dell’assicurato in occupazioni confacenti alle sue attitudini, deve essere verificata in riferimento non solo alle attività lavorative sostanzialmente identiche a quelle precedentemente svolte dall’assicurato (e nel corso delle quali si è manifestato iI quadro patologico invalidante), ma anche a tutte quelle occupazioni che, pur diverse, non presentano una rilevante divaricazione rispetto al lavoro precedente, in quanto costituiscono una naturale estrinsecazione delle attitudini dell’assicurato medesimo, tenuto conto di età, sesso, formazione professionale e di ogni altra circostanza emergente nella concreta fattispecie, che faccia ragionevolmente presumere l’adattabilità professionale al nuovo lavoro, senza esporre l’assicurato ad ulteriore danno per la salute”.

Il principio è ribadito dalla Corte di Cassazione (3 maggio 2019, n. 11709, che accoglie parzialmente il ricorso dell’INPS avverso App. Bari 6-7 novembre 2012; in conformità alla decisione in esame, v. fra le tante, Cass. n. 10424/2015; Cass. n. 5964/2011).

Come noto, infatti, la nozione di invalidità pensionabile è ancorata “non alla generica riduzione della pura e semplice capacità di lavoro quale dato meramente biologico”, bensì alla “riduzione di tale specifica capacità in occupazioni confacenti alle attitudini dell’assicurato” (sempre che non si tratti di lavori usuranti che affrettino ed accentuino il logoramento dell’organismo per essere sproporzionati alla residua efficienza psicofisica): sul punto, v., ex plurimis, Cass. n. 740/2018.

E, sebbene l’invalidità non sia più ancorata alla capacità di guadagno ma a quella di lavoro, il riferimento alla capacità attitudinale comporta una valutazione di qualità e condizioni personali e soggettive dell’assicurato, sulla base di una tutela coerente con i principi costituzionali di cui agli artt. 38, 32, 2, 3 e 10 (v. Cass. n. 17159/2011 e Cass. n. 5964/2011).

Ne consegue che la valutazione dell’invalidità pensionabile deve basarsi, oltre che sulla necessaria parametrazione delle patologie alla capacità lavorativa specifica dell’assicurato, sulle limitazioni che lo stato morboso determina nei confronti di altre occupazioni che l’assistito, “per condizioni fisiche, preparazione culturale ed esperienze professionali sarebbe stato in grado di svolgere in alternativa al lavoro rispetto al quale era risultato inidoneo”.

Requisiti dell’assegno ordinario di invalidità
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