Le clausole nulle di un contratto contrastanti con norme inderogabili (quali quelle sulla collocazione temporale dell’orario di lavoro nel part time) sono sostituite dalla normativa di legge.
Nota a Cass. 30 maggio 2019, n.14797
Arturo Serra
Con riguardo al contratto di lavoro part time, nell’ipotesi di nullità della clausola di riduzione e distribuzione dell’orario di lavoro che dia al datore di lavoro il potere di variare liberamente e unilateralmente la collocazione temporale della prestazione lavorativa, è escluso che si possa verificare l’estensione della nullità all’intero contratto.
Il principio è affermato dalla Corte di Cassazione (30 maggio 2019, n.14797), la quale precisa che il co. 2, dell’art. 1419 c.c. (in coerenza con l’art. 1339 c.c., avente una portata generale nel quadro della (etero)integrazione della regolamentazione contrattuale) contempla la sostituzione, con la normativa legale, delle clausole nulle di un contratto contrastanti con norme inderogabili.
Il legislatore non richiede che “le disposizioni inderogabili dispongano espressamente la sostituzione”. Al contrario, la locuzione codicistica (“sono sostituite di diritto”) “va interpretata non nel senso dell’esigenza di una previsione espressa della sostituzione, ma in quello dell’automaticità della stessa, trattandosi di elementi necessari del contratto o di aspetti tipici del rapporto, cui la legge ha apprestato una propria inderogabile disciplina” (cfr. Corte Cost. n. 210/1992, confermata dalla Corte Cost. n. 283/2005; nonché Cass. n. 18654/2003 e n. 6956/2001). Così, ad esempio, non si estende all’intero contratto la nullità, per motivi di forma o di contenuto, del patto di prova (art. 2096 c.c.), del patto di non concorrenza (art. 2125 c.c.) e del patto con cui venga attribuito al datore di lavoro un potere illimitato e incondizionato di variare unilateralmente le mansioni o il luogo di lavoro (art. 2103 c.c.)
Come noto, infatti, nel diritto del lavoro, le norme imperative non si pongono soltanto alla base dell’efficacia giuridica della volontà negoziale, ma (accanto alle norme collettive) regolano direttamente il rapporto (in misura prevalente rispetto all’autonomia individuale), con la conseguenza che il rapporto medesimo, pur traendo vita dal contratto, è regolato soprattutto da fonti eteronome, “indipendentemente dalla comune volontà dei contraenti ed anche contro di essa”.
Ciò, in ragione della diseguaglianza di fatto delle parti del contratto, dell’immanenza della persona del lavoratore nel contenuto del rapporto, dell’incidenza che la disciplina di quest’ultimo ha rispetto ad interessi sociali e collettivi e della finalità protettiva del lavoratore quale contraente più debole.
Il legislatore muove infatti dalla presunzione che il testo contrattuale sia imposto al lavoratore dall’altro contraente e che la nullità integrale del contratto nuocerebbe, anziché giovare, alla parte del contratto che il legislatore intende proteggere. Sicché l’eventuale violazione del modello di contratto e di rapporto imposto all’autonomia individuale non conduce alla totale o parziale irrilevanza giuridica del modello stesso, ma “dà luogo, di regola, alla conformazione reale del rapporto concreto al modello prescritto” tramite la sostituzione o l’integrazione della disciplina pattuita con quella legale con disconoscimento degli effetti della sola disposizione contrattuale illegittima.