Il datore di lavoro non può ritenersi responsabile dell’infortunio occorso ad una lavoratrice scivolata in corso di pulizia sul pavimento bagnato di cui era segnalata la pericolosità.

Nota a Cass. 23 maggio 2019, n. 14066

Sonia Gioia

La mera affermazione della violazione datoriale di una regola di prudenza in tema di sicurezza, la quale non si fondi su un accertamento relativo all’idoneità di una misura applicata ed alla necessaria adozione di ulteriori cautele in via prudenziale, rende immune il datore di lavoro dalla responsabilità per l’infortunio della dipendente scivolata, mentre faceva le pulizie, sul pavimento bagnato di cui era segnalata la pericolosità da parte dell’impresa appaltatrice del servizio.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione (23 maggio 2019, n. 14066), riformando la sentenza di merito (App. Roma n. 7546/2015) che aveva ritenuto responsabile la società datrice per l’infortunio occorso alla dipendente per non aver seguito “una regola di comune prudenza” che avrebbe dovuto consigliare l’esecuzione dei lavori di pulizia al di fuori dell’orario di lavoro o con modalità tali da non interferire con le abituali attività degli impiegati.

Come noto, la responsabilità del datore di lavoro per infortunio del dipendente ha natura contrattuale (la giurisprudenza, sul punto, è consolidata: Cass. n. 13644/2019; Cass. n. 17668/2018; Cass. n.15151/2017; Cass. n. 18626/2013; Cass. n. 13956/2012) e presuppone che l’evento dannoso sia riferibile a sua colpa, ossia ad un “difetto di diligenza nella predisposizione delle misure idonee a prevenire ragioni di danno per il lavoratore” (Cass.n. 13643/2019; Cass.n. 13644/2019, cit.; Cass. n. 14192/2012; Cass. n. 6002/2012).

Il datore di lavoro, ai sensi dell’art. 2087 c.c.,  non solo è tenuto a rispettare gli obblighi di comportamento imposti dalla legge o da altra fonte parimenti vincolante – c.d. misure nominate – ma anche a predisporre tutte quelle “cautele atte a preservare l’integrità psicofisica del lavoratore medesimo nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della maggiore o minore possibilità di indagare sull’esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico” – c.d. misure innominate – (Cass. n. 17668/2018; Cass. n. 25151/2017; Cass. n. 18626/2013; Cass. n. 13956/2012, cit.), atteso che la sicurezza del lavoratore è un bene protetto dall’art. 41, co. 2, Cost. (Cass. n. 13643/2019, cit.).

In relazione a queste ultime, l’imprenditore non ha l’obbligo assoluto di rispettare ogni cautela possibile ed innominata in grado di garantire un ambiente di lavoro “a rischio zero”, né si può automaticamente ricollegare la sua responsabilità al mero verificarsi del danno (Cass. n. 13644/2019, cit.), ma è necessario che l’evento sia causalmente connesso alla “violazione di obblighi di comportamento (…) suggeriti dalla tecnica ma concretamente individuati” (Cass. n. 26495/2018; Cass. n. 24742/2018; Cass. n. 18626/2013).

Quanto all’onere probatorio, il lavoratore è tenuto a dimostrare l’esistenza del danno alla salute e ad indicare la specifica misura di sicurezza, nominata o innominata, che sarebbe stata violata, provando altresì il nesso tra l’una e l’altra.

Solo quando il prestatore abbia fornito la prova di tali circostanze, sorge l’onere per l’imprenditore di dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie ad impedire il verificarsi dell’evento e che la lesione psico-fisica non è riconducibile alla violazione degli obblighi di protezione (Cass. n. 13644/2019, cit., che ha escluso la responsabilità del datore di lavoro per l’infortunio all’occhio subito da un dipendente, avendo fornito occhiali di protezione adeguati alla specifica mansione e conformi alle prescrizioni di legge e alla normativa regolamentare).

Considerato che l’accertamento in ordine alla colpa del datore di lavoro è un giudizio di fatto riservato al giudice di merito, “non sindacabile in sede di legittimità se logicamente e congruamente motivato” (così Cass. n. 13643/2019, cit. V. anche Cass. n. 3785/2009), la Corte ha cassato la sentenza impugnata ed ha rinviato la questione alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.

Infortunio sul lavoro e responsabilità datoriale
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