L’INPS può imporre alle imprese agricole contributi basati su una stima tecnica che determini il numero dei giorni lavorativi con risultati superiori a quelli dichiarati dall’azienda.
Nota a Corte Cost. 17 maggio 2019, n. 121
Maria Novella Bettini e Alfonso Tagliamonte
Nell’ipotesi di mancata individuazione dei lavoratori occupati in un’impresa agricola e delle relative giornate di occupazione, l’Inps può procedere all’imposizione di contributi sulla base di una stima tecnica idonea a determinare il numero delle giornate di lavoro occorrenti, anche se detta stima conduca a risultati significativamente superiori a quelli dichiarati dall’azienda.
È quanto dichiarato dalla Corte Costituzionale (17 maggio 2019, n. 121) in relazione alla questione di costituzionalità sollevata dalla Corte di Appello di Roma (in riferimento agli artt. 3, 38, 76 e 77 Cost.) con riguardo all’art. 8, co. 3, D.LGS. 11 agosto 1993, n. 375. In base a tale disposizione, l’INPS aveva proceduto all’imposizione dei contributi per il maggior numero di giornate lavorative (rispetto a quelle risultanti dalle dichiarazioni trimestrali della manodopera occupata) corrispondenti al fabbisogno di occupazione dell’impresa, determinato sulla base della stima tecnica di cui al co. 2 dello stesso art. 8.
La norma in questione al co. 2 stabilisce che, ai fini del raffronto tra i dati aziendali accertati e gli elementi relativi alla manodopera occupata acquisiti sulla base delle risultanze del collocamento, gli uffici procedono a una “stima tecnica a mezzo visita ispettiva”, mediante la quale “determinano il numero delle giornate di lavoro occorrenti in relazione all’ordinamento colturale dei terreni, al bestiame allevato, ai sistemi di lavorazione praticati da ciascuna azienda, ai periodi di esecuzione dei lavori, nonché alle consuetudini locali” (previa decurtazione delle prestazioni di lavoro indicate nelle lett. da a) a d) dello stesso co. 2).
Il successivo co. 5, dell’art. 8, cit., dispone poi che il “provvedimento motivato conseguente all’accertamento di cui al comma 2 è notificato al datore di lavoro interessato”. E il co. 3 prevede che gli esiti della stima tecnica disciplinata dal co. 2 possano essere utilizzati dall’INPS ai fini dell’accertamento dei contributi dovuti dal datore di lavoro agricolo.
Nello specifico, il suddetto co. 3 statuisce che “qualora dal raffronto risulti che il fabbisogno di occupazione determinato sulla base della stima tecnica è significativamente superiore alle giornate risultanti dalle dichiarazioni trimestrali, l’INPS diffida il datore di lavoro a fornirne motivazione entro il termine di quaranta giorni. Nel caso in cui non venga fornita adeguata motivazione e non siano stati individuati i lavoratori utilizzati e le relative giornate di occupazione, l’INPS procede all’imposizione dei contributi da liquidare sulla base delle retribuzioni medie di cui all’articolo 28 del D.P.R. 27 aprile 1968, n. 488, e successive modificazioni ed integrazioni”.
In particolare, perché l’Istituto previdenziale proceda all’imposizione dei contributi, liquidandoli sulla base delle retribuzioni medie di cui al citato art. 28, D.P.R. n. 488/1968, occorre la presenza di tre elementi fondamentali: a) che da tale stima emerga un fabbisogno di manodopera “significativamente superiore” rispetto alle giornate che risultano dalle dichiarazioni trimestrali della manodopera occupata ai sensi dell’art. 6, D.LGS. n. 375/1993; b) che il datore di lavoro (diffidato a farlo) non fornisca “adeguata motivazione” dello scostamento entro il termine di 40 giorni; c) e che “non siano stati individuati i lavoratori utilizzati e le relative giornate di occupazione”.
La Corte, esclusa la rilevanza dell’eccezione riguardante gli artt. 76 e 77 Cost., già ritenuti inconferenti secondo altre pronunzie della Corte stessa (v. n. 127/2017 e n. 250/2016) e non attinenti alla questione sollevata per mancato esercizio (da parte del Governo) della delega (a causa della sostituzione del testo in esame – D.LGS. n. 375/1993 – ad opera dell’art. 9 ter, co. 3, DL n. 510/1996 e non della L. delega n. 421/1992), afferma:
– con riguardo all’art. 38 Cost., che l’imposizione al datore di lavoro, prevista dal denunciato art. 8, co. 3, dei contributi per il maggior numero di giornate determinate mediante la stima tecnica di cui al co. 2 dello stesso articolo (e sulla base delle retribuzioni medie per l’anno) “è pienamente compatibile con la garanzia della tutela previdenziale assicurata dal parametro costituzionale”. Ciò, poiché tale imposizione si traduce in un incremento dell’apporto finanziario al sistema previdenziale e, pertanto, “non pregiudica la tutela dei lavoratori, ma comporta un rafforzamento della copertura che gli enti previdenziali possono assicurare agli stessi”;
– e, quanto all’eccezione costituzionalità, relativa all’art. 3 Cost. – per la quale il criterio accertativo (di cui al denunciato art. 8, co. 3) “conduce al risultato di imporre pesi disuguali a soggetti che si trovano in condizioni di parità o pesi uguali a soggetti che non sono in uguali condizioni” – che la stima tecnica non comporta tale conseguenza. Con questa, infatti, ossia sulla base di quanto accertato “a mezzo di visita ispettiva”, l’INPS “determina il fabbisogno di manodopera in relazione a elementi distintivi, quali sono l’ordinamento colturale dei terreni, il bestiame allevato, i sistemi di lavorazione praticati da ciascuna azienda, anche sulla scorta di consuetudini locali”. Il che riflette una situazione diversa da quella già esaminata dalla Corte stessa (n. 65/1962), la quale aveva statuito che il criterio dell’ettaro-coltura, applicandosi “rispetto alle zone”, non era idoneo ad accertare l’impiego di manodopera “rispetto alle singole aziende, considerate nella loro peculiare struttura e organizzazione” (punto 8. del Considerato in diritto).
Ciò, poiché l’accertamento previdenziale alla base della stima tecnica “ha riguardo al fabbisogno di giornate lavorative di ciascuna singola specifica azienda agricola, considerata nella sua peculiare struttura e nell’organizzazione che la caratterizza”. Sicché, non ne può discendere la “lamentata conseguenza di imporre una contribuzione diversa a datori di lavoro che si trovano nella stessa condizione o una contribuzione uguale a datori di lavoro che si trovano in condizioni diverse”.