L’attribuzione di mansioni promiscue anche inferiori e umilianti, che comporti la sussistenza di condizioni lavorative usuranti sfociate in una malattia psicosomatica, va provata. Ciò, al fine di ritenere illegittimo il licenziamento conseguente al superamento del periodo di comporto.
Nota a Cass. 12 giugno 2019, n. 15775
Rossella Rossi
Respinto il ricorso di un lavoratore che aveva lamentato una dequalificazione, seguita da condizioni lavorative usuranti e dall’insorgere di un grave disagio emotivo e di una sindrome ansioso-depressiva.
Secondo la Corte di Cassazione (12 giugno 2019, n. 15775), infatti, le circostanze non erano state debitamente provate ed erano inidonee a scalfire l’articolato percorso motivazionale che aveva condotto il giudice del gravame ad escludere l’imputabilità delle assenze per malattia a comportamenti illeciti della società datrice di lavoro.
Nella fattispecie, il Tribunale di Frosinone aveva ritenuto che la patologia che aveva determinato le assenze dal lavoro del prestatore ricorrente ed il conseguente superamento del periodo di comporto era imputabile alle condizioni usuranti protrattesi per quasi un decennio fino al licenziamento. E cioè: orari di lavoro impossibili, carenza di personale a disposizione, con attribuzione al lavoratore di mansioni promiscue anche inferiori e umilianti per colmare l’assenza di personale, assunzione di eccessive responsabilità e continue pressioni dei superiori per aumentare la produttività.
Invece, la Corte di Appello di Roma (16 novembre 2017, confermata dai giudici di legittimità) aveva rigettato integralmente il ricorso ritenendo non provate le molteplici condotte inadempienti ai precetti posti dagli artt. 2103 e 2087 c.c., dedotte dal lavoratore per il periodo successivo alla sua assunzione da parte della società datore di lavoro, le quali avrebbero concorso a determinare l’insorgenza della sindrome ansioso depressiva. In particolare, non si poteva ritenere raggiunta la prova che, durante il periodo di formazione, il ricorrente, quale espediente per costringerlo alle dimissioni, “fosse stato adibito a mansioni “umilianti” o “meramente manuali”.
Ciò, in quanto “lo svolgimento di mansioni di addetto alla cassa o alla sistemazione dei prodotti, oltre ad essere stato del tutto temporaneo ed alternato con l’espletamento di ulteriori attività” si era inserito nell’ambito di un progetto formativo. Di conseguenza, non si poteva ritenere sussistente un nesso di causalità tra le asserite condotte illecite ascrivibili alla società e la condizione patologica riscontrata dal C.t.u., poiché l’ausiliare aveva fondato il suo accertamento essenzialmente sull’anamnesi lavorativa fornita dal lavoratore e non aveva preso in considerazione specifiche condotte illecite ascrivibili alla società.