Anche se il lavoratore è assente d’accordo col datore di lavoro sono dovuti i contributi all’INAIL.
Nota a Cass. 3 giugno 2019, n.15120
Kevin Puntillo
In base alla regola del c.d. minimo contributivo, i contributi (salvo eccezioni di legge e di contratto collettivo) vanno erogati in relazione alla retribuzione rapportata al normale orario di lavoro (stabilita in un determinato settore dai contratti collettivi stipulati dai sindacati più rappresentativi su base nazionale) anche se l’importo di risulta sia superiore alla retribuzione effettivamente erogata (minore, a causa di assenze del dipendente, per calo di lavoro o necessità personali, non derivanti cioè da ipotesi legali o contrattuali di sospensione della prestazione).
Circa l’assoggettamento a contribuzione della retribuzione “virtuale” relativa alle giornate di assenza dal lavoro, la Corte di Cassazione (3 giugno 2019, n.15120), ritenendo conforme a diritto la soluzione della Corte territoriale (App. Lecce n. 1900/2012), fa alcune precisazioni, muovendo dall’arresto delle SU. n. 1119/2002.
Secondo tale decisione, l’importo della retribuzione da assumere come base di calcolo dei contributi previdenziali non può essere inferiore all’importo di quella dovuta ai lavoratori di un determinato settore in applicazione dei contratti collettivi stipulati dalle associazioni sindacali più rappresentative su base nazionale (c.d. “minimale contributivo”: art. 1, DL n. 338/1989, conv. in L. n. 389/1989). (Sulla necessità di una retribuzione imponibile non inferiore alla minima, v. Corte Cost. n. 342/1992). Ciò, senza le limitazioni derivanti dall’applicazione del c.d. “minimo retributivo costituzionale”, ossia dei criteri di cui all’art. 36 Cost., che sono rilevanti solo quando ai suddetti contratti collettivi si ricorre (con incidenza sul distinto rapporto di lavoro) ai fini della determinazione della giusta retribuzione (v. anche Cass. n. 801/2012).
La regola del minimale contributivo, osserva la Corte, opera sia con riferimento all’ammontare della retribuzione c.d. contributiva, sia con riferimento all’orario di lavoro da prendere a parametro; orario che deve corrispondere a quello di lavoro normale stabilito dalla contrattazione collettiva o dal contratto individuale, se superiore.
“E difatti, è evidente che se ai lavoratori vengono retribuite meno ore di quelle previste dal normale orario di lavoro e su tale retribuzione viene calcolata la contribuzione, non vi può essere il rispetto del minimo contributivo nei termini sopra rappresentati”.
Con particolare riguardo al settore dell’edilizia, la legge (D.L. n. 244/1995, art. 29, conv. in L. n. 341/1995) individua le ipotesi di esenzione dall’obbligo del minimale contributivo (inteso anche come obbligo di commisurare la contribuzione ad un numero di ore settimanali non inferiore all’orario di lavoro normale stabilito dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle organizzazioni sindacali più rappresentative su base nazionale e dai relativi contratti integrativi territoriali di attuazione) ricorrendo ad una disposizione, avente chiara finalità antielusiva, ritenuta dalla Cassazione stessa di “stretta interpretazione” (v. Cass. n. 4690/2019 e Cass. n. 10134/2018).
In particolare, è stato “escluso che una sospensione consensuale della prestazione che derivi da una libera scelta del datore di lavoro e costituisca il risultato di un accordo tra le parti possa determinare la sospensione dell’obbligazione contributiva” (v. Cass. n. 9805/2011 e Cass. n. 21700/2009).
Tuttavia, la necessità di tipizzare le ipotesi eccettive di cui sopra è sorta nel settore edile perché in tale settore la possibilità di rendere la prestazione lavorativa è normalmente condizionata da eventi esterni che sfuggono al controllo delle parti.
Il fatto che per gli altri settori merceologici non vi sia una previsione simile “non significa che sussista una generale libertà delle parti di modulare l’orario di lavoro e la stessa presenza al lavoro così rimodulando anche l’obbligazione contributiva, considerato che questa seconda è svincolata dalla retribuzione effettivamente corrisposta e dev’essere connotata dai caratteri di predeterminabilità, oggettività e possibilità di controllo”.
In realtà, anche nei settori diversi da quello edile, “la contribuzione è dovuta nei casi di assenza del lavoratore o di sospensione concordata della prestazione stessa che costituiscano il risultato di un accordo tra le parti derivante da una libera scelta del datore di lavoro e non da ipotesi previste dalla legge e dal contratto collettivo (quali malattia, maternità, infortunio, aspettativa, permessi, cassa integrazione)”.