Le sole conciliazioni sindacali che avvengono presso le sedi protette e con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative godono del regime dell’inoppugnabilità.
Nota a Trib. Roma 8 maggio 2019, n. 4354
Arturo Serra
Il regime di inoppugnabilità concerne soltanto le conciliazioni sindacali espletate nelle sedi protette di cui all’art. 2113 c.c., che richiama specificamente l’art. 412 ter c.p.c. e, dunque, le sole conciliazioni sindacali (presso le sedi protette) che avvengono con le modalità previste dai contratti collettivi sottoscritti dalle associazioni di categoria maggiormente rappresentative.
È quanto stabilito dal Tribunale di Roma, Sez. Lavoro, nella sentenza 8 maggio 2019, n. 4354 che ha precisato quali sono i requisiti necessari affinché una conciliazione sindacale possa godere del regime dell’inoppugnabilità. Ciò, in ottemperanza al principio per cui le parti, ma soprattutto il lavoratore (in quanto parte debole del rapporto), nel rinunciare definitivamente ai propri diritti e alle proprie pretese, debba essere adeguatamente ed effettivamente assistito dalle organizzazioni sindacali o altri organi terzi che garantiscano una reale consapevolezza della portata delle sue decisioni.
Come noto, la ratio dell’art. 412 ter c.p.c. è quella di assicurare, anche attraverso l’individuazione della sede e delle modalità procedurali, la pienezza di tutela del lavoratore in considerazione dell’incidenza che ha la conciliazione sindacale sui suoi diritti inderogabili ed in ragione dell’inoppugnabilità della stessa.
Pertanto, requisito essenziale richiesto nella conciliazione in sede sindacale è quello dell’effettiva assistenza che l’associazione sindacale presta al lavoratore. A tal fine, è necessario valutare se, in base alle concrete modalità di svolgimento della procedura, sia stata concretamente attuata quella funzione di supporto del lavoratore che la legge assegna alle organizzazioni sindacali.
Nel caso di specie alla lavoratrice, che aveva rinunciato a far valere la natura subordinata del rapporto di lavoro e le relative spettanze retributive, non appare essere stata assicurata un’efficace rappresentazione del contenuto e delle conseguenze derivanti dalla sottoscrizione del verbale di conciliazione, in modo da potersi considerare che quest’ultima sia stata davvero libera e consapevole. Per tali ragioni, il Tribunale, nella sentenza in commento, non ha ritenuto di poter riconoscere al verbale di conciliazione sottoscritto dalle parti il requisito dell’inoppugnabilità e ne ha conseguentemente dichiarato l’invalidità.