Il contribuente che passa dal regime IVA per cassa al regime forfetario deve computare, nell’ultima liquidazione IVA, l’imposta a debito “sospesa”, senza poter recuperare tale imposta con una nota di variazione IVA anche laddove il corrispettivo dovuto dal committente resti insoluto.
Nota a AdE Risposta 13 giugno 2019, n. 190
Francesco Palladino
Il contribuente forfettario non può recuperare, mediante una nota di variazione ex art. 26 del D.P.R. n. 633/1972, l’IVA da esso addebitata (prima dell’accesso al regime forfetario e secondo le regole del regime IVA per cassa) al committente. Resta tuttavia ferma la possibilità di presentare all’Erario apposita istanza di restituzione dell’imposta non dovuta ex art. 30-ter del D.P.R. n. 633/1972.
Queste, in sintesi, le conclusioni a cui è giunta l’Agenzia delle entrate nella Risposta n. 190/2019.
Nel caso in esame, l’istante chiedeva chiarimenti su come andasse gestita un ammontare di IVA rimasta in sospeso in vigenza dell’applicazione del c.d. regime IVA per cassa (cfr. art. 32-bis del D.L. n. 83/2012) e su come eventualmente poterla recuperare laddove le fatture restassero insolute.
Il problema lo poneva il passaggio dal regime IVA per cassa al regime forfettario; l’istante era, infatti, nelle condizioni di applicare il regime forfetario dal 2019 e riteneva di dover far confluire nella dichiarazione IVA relativa al periodo d’imposta 2018 l’IVA non ancora incassata. Una volta divenuto definito l’inadempimento della sua controparte (nel caso di specie il cliente dell’istante era in amministrazione straordinaria sicché sarebbe stato necessario attendere la chiusura della procedura di amministrazione straordinaria), il medesimo contribuente riteneva che avrebbe dovuto emettere una nota di variazione IVA ai sensi dell’art. 26 del D.P.R. n. 633/1972 e conseguentemente presentare la dichiarazione IVA per recuperare l’imposta a suo tempo versata, in deroga alla disciplina prevista per il regime forfetario che non contempla detto obbligo.
L’Agenzia delle Entrate ha in primo luogo ricordato il funzionamento del regime opzionale di cui all’art. 32-bis del D.LGS. n. 83/2012.
Tale regime consente, in sintesi, di rinviare l’esigibilità dell’imposta al momento dell’incasso del corrispettivo; imposta che, tuttavia, diventa comunque esigibile decorso un anno dal momento di effettuazione dell’operazione, salva l’eccezione di cui all’art. 32-bis, co. 1, secondo cui il “limite annuale non si applica nel caso in cui il cessionario o il committente, prima del decorso del termine, sia stato assoggettato a procedura concorsuale”. Tali principi sono stati ritenuti rimanere fermi nel caso di specie.
Con riferimento, invece, alle modalità di recupero dell’IVA versata ma non incassata dal contribuente, l’Agenzia delle entrate ha, da un lato, chiarito che “laddove, all’esito alla procedura di amministrazione straordinaria, i corrispettivi dovuti dal committente restino insoluti, l’istante non è legittimato ad emettere una nota di variazione in diminuzione ex art. 26, co. 2, del D.P.R. n. 633/1972 per recuperare l’IVA versata e non incassata in quanto il regime forfetario non consente l’esercizio del diritto alla detrazione ai sensi dell’art. 19 del medesimo decreto” (così testualmente la Risposta n. 190/2019). Ma, da un altro, ha altresì ritenuto doversi dare attuazione al principio di neutralità, secondo il quale il contribuente è tenuto a versare solo l’IVA effettivamente incassata (cfr. Corte di Giustizia UE 26 gennaio 2012, C-588/10, punto 27), sicché l’Ufficio ha consentito al contribuente de quo di presentare comunque un’istanza di rimborso ex art. 30-ter del D.P.R. n. 633/1972 ai sensi del quale “il soggetto passivo presenta la domanda di restituzione dell’imposta non dovuta a pena di decadenza, entro il termine di due anni dalla data del versamento della medesima ovvero, se successivo, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione.”.
Per l’Agenzia, quindi, è dovuta la restituzione al contribuente dell’IVA versata ma non incassata, tuttavia l’unico istituto che consente tale recupero è rappresentato dalla domanda di restituzione ex art. 30-ter (e non già la presentazione di una nota di variazione), il cui presupposto nel caso di specie è costituito, secondo l’Ufficio, dalla definitività del piano di riparto finale.