Illegittimo il divieto assoluto di utilizzare la mail aziendale per comunicazioni di natura sindacale.
Nota a Cass. ord. 21 giugno 2019, n. 16746
Sonia Gioia
La pretesa dell’azienda di vietare l’utilizzo della posta elettronica aziendale per comunicazioni di natura sindacale, in modo perentorio e a prescindere dalle concrete modalità con cui avviene la divulgazione delle notizie, integra la violazione del diritto dei lavoratori “di svolgere opera di proselitismo per le loro organizzazioni sindacali all’interno dei luoghi di lavoro” (art. 26, L. 20 maggio 1970, n. 300, c.d. Statuto dei Lavoratori).
È quanto stabilito dalla Corte di Cassazione (ord. 21 giugno 2019, n. 16746) in relazione al ricorso (dichiarato inammissibile) proposto dalla società datrice di lavoro avverso la pronuncia di merito (App. Catania 12 novembre 2004), che aveva dichiarato antisindacale la sanzione disciplinare inflitta a due RSU per aver usato la mail aziendale per la trasmissione di notizie di carattere sindacale.
Secondo la Cassazione, la condotta della datrice di lavoro costituiva violazione non del diritto di affiggere in azienda documentazione sindacale (art. 25, St. Lav.), come sostenuto dalla società ricorrente, ma del diritto dei prestatori di svolgere attività di proselitismo nei luoghi di lavoro.
Tale ultima attività, che è più ampia espressione della libera manifestazione del pensiero (art. 1, St. Lav., attuativo dell’art. 21 Cost.) e di libertà sindacale (art. 14, St. Lav.), comprende non solo la semplice propaganda, ma anche la possibilità di promuovere l’adesione al sindacato e di raccogliere iscrizioni. L’unico limite è posto dallo stesso art. 26 richiamato, in base al quale l’esercizio di tale diritto deve avvenire “senza pregiudizio del normale svolgimento dell’attività aziendale”, e non deve, cioè, comportare una sospensione o una disorganizzazione dell’attività produttiva né distrarre i lavoratori dallo svolgimento della loro prestazione.
Diversamente, l’art. 25 cit. sancisce il diritto per le RSA di affiggere in azienda documentazione sindacale (“pubblicazioni, testi e comunicati”, purché inerenti “a notizie di interesse sindacale e del lavoro”), obbligando al contempo l’imprenditore a concedere “appositi spazi”, che devono essere collocati non solo “all’interno dell’unità produttiva”, ma “in luoghi accessibili a tutti i lavoratori”.
Nel caso di specie, dunque, secondo i giudici, bene aveva fatto la Corte territoriale a dare applicazione al richiamato art. 26 e a dichiarare la natura antisindacale della sanzione disciplinare inflitta alle due RSU, considerato che l’invio delle comunicazioni ai dipendenti all’indirizzo di posta elettronica aziendale non era idonea a creare pregiudizio all’attività aziendale.