Vietato l’accesso al regime forfetario per il soggetto che, al momento della dichiarazione di inizio attività, abbia già notizia di una sentenza la quale gli riconosce un corrispettivo che comporta il superamento dei limiti di accesso al predetto regime.
Nota a AdE Risposta 17 giugno 2019, n. 195
Francesco Palladino
L’Agenzia delle Entrate, con la Risposta n. 195/2019, ha fornito un importante chiarimento in ordine alla dichiarazione, di cui all’art. 1, co. 56, L. n. 190/2014, con cui il contribuente che inizia un’attività dichiara di presumere di avere i requisiti per l’accesso al regime forfetario. Per il mero rilascio di tale dichiarazione in sede di comunicazione dell’inizio dell’attività, ai sensi del citato co. 56, è consentito l’accesso al regime forfetario.
La Risposta in esame trae origine dalla seguente vicenda: un contribuente alla fine del 2018 cessa la propria attività e chiude la propria posizione IVA. Nello stesso momento si conclude vittoriosamente una vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto e viene emessa a suo favore una sentenza che condanna la controparte processuale a riconoscergli provvigioni arretrate e un incentivo annuale. Nei primi mesi del 2019, lo stesso contribuente apre una nuova posizione IVA e, come consentito dalla legge, comunica, nella dichiarazione di inizio attività, di presumere che nel 2019 non conseguirà ricavi o compensi superiori a 65.000 euro, come disposto dall’art. 1, co. 56, L. n. 190/2014. Tuttavia, per effetto della sentenza di condanna, detto contribuente ha diritto a ricevere somme per un importo superiore al predetto limite di 65.000 euro, superando così per certo, al momento dell’incasso, la soglia per l’applicazione del regime forfetario.
Il contribuente si pone allora il dubbio se tale sentenza sia di per sé sufficiente ad escludere l’applicazione del regime forfetario o se possa essere dato rilievo al fatto che i corrispettivi derivanti dalla sentenza, alla data dell’apertura della partita IVA, non sono comunque stati ancora incassati e potrebbero non esserlo nell’arco di tutto il 2019.
L’Agenzia delle Entrate prende le mosse dall’art. 1, co. 56, della L. n. 190/2014, ai sensi del quale i contribuenti che iniziano un’attività d’impresa, arte o professione e che presumono di rispettare i requisiti e le condizioni previste per l’applicazione del regime forfetario, hanno l’obbligo di darne comunicazione nella dichiarazione di inizio attività, da presentare ai sensi dell’art. 35 del D.P.R. n. 633/1972. È richiesto, quindi, che il soggetto esercente una nuova professione dichiari esplicitamente di presumere il non raggiungimento della soglia di euro 65.000 nel primo periodo d’imposta di applicazione del summenzionato regime forfetario.
A parere dell’Ufficio, nel caso di specie, la presunzione di cui all’art. 1, co. 56, L. n. 190/2014 non poteva essere fornita dal contribuente al momento della dichiarazione di inizio attività, avendo quest’ultimo, già da dicembre 2018, notizia del dispositivo di una sentenza che gli riconosceva un corrispettivo superiore ai limiti di adesione al regime forfetario. Per l’Agenzia delle Entrate, il contribuente non poteva presumere di non superare la soglia di euro 65.000, anzi egli era certo di superarla non appena incassato quanto previsto dalla sentenza.
Ma allora la domanda sorge spontanea: se il contribuente, pur sapendo di aver diritto a percepire tali somme, presumesse con ragionevole certezza di non incassarle, ad esempio, per effetto dell’impugnazione della sentenza da parte della controparte o per una conclamata situazione di fallimento? Queste circostanze non possono avere alcun rilievo?