La disciplina del trattamento economico aggiuntivo dei medici convenzionati di continuità assistenziale (ex guardie mediche) compete allo Stato e non alla Regione. È pertanto illegittima, per violazione dell’art. 117, co. 2, lett. l), Cost., la L. Regione Abruzzo (18 giugno 2018, n. 14) che, pur confermando per i medici di continuità assistenziale una determinata indennità aggiuntiva prevista dall’Accordo nazionale, ha stabilito che essa è corrisposta in relazione a speciali condizioni di disagio e di difficoltà in cui si trovino ad operare i medici.
Nota a Corte Cost. 25 giugno 2019, n. 157
Maria Novella Bettini e Alfonso Tagliamonte
Dal momento che il trattamento giuridico ed economico dei medici convenzionati di continuità assistenziale (ex guardie mediche) è di competenza esclusiva del legislatore statale, in quanto materia di “ordinamento civile”, è costituzionalmente illegittima la L. n. 14/2018 della Regione Abruzzo che riconosceva un’indennità aggiuntiva ai medici di continuità assistenziale, quale remunerazione delle particolari e specifiche condizioni di disagio e difficoltà in cui vengono rese le prestazioni sanitarie.
Il principio è sancito dalla Corte Costituzionale (25 giugno 2019, n. 157), la quale precisa che:
– il servizio di continuità assistenziale (già guardia medica), quale articolazione della medicina generale e specifico livello essenziale di assistenza, svolge la funzione di garantire a tutti i cittadini, nell’ambito territoriale di competenza del presidio sanitario, l’assistenza eseguita dal medico di medicina generale e dal pediatra di libera scelta nelle ore in cui il servizio non è da essi assicurato;
– tale prestazione è resa “da medici che sono, al pari degli altri medici di medicina generale, in rapporto convenzionale con il Servizio sanitario nazionale, con la competente azienda sanitaria locale”;
– si tratta di un rapporto privatistico di lavoro autonomo di tipo professionale con la pubblica amministrazione (riconducibile all’art. 2222 c.c.) che, per la sua particolare regolamentazione, si configura in termini di “parasubordinazione” (v. Cass. SU. ord. n. 20344/2005 e Cass. n. 9142/2008);
– in particolare, il rapporto de quo è disciplinato, sin dalla L. n. 833/1978 (istitutiva del Servizio sanitario nazionale), uniformemente sul territorio nazionale tramite convenzioni pienamente conformi alle previsioni dettate dagli accordi collettivi (v. anche art. 48, L. cit e art. 8, co.1, D.LGS. n. 502/1992; più specificamente, l’impianto regolatorio del contratto del personale sanitario a rapporto convenzionale è confermato dall’art. 52, co. 27, L. n. 289/2002; art. 2-nonies, D.L. n. 81/2004, conv. in L. n. 138/2004);
– in questo quadro, la disciplina del rapporto di lavoro del personale medico di medicina generale in regime di convenzione, sebbene sia di natura professionale, è disciplinato dalla negoziazione collettiva (v. D.LGS. n. 165/2001, art. 40) e, in particolare, dall’Accordo collettivo nazionale (ACN) 23 marzo 2005 come modificato dall’ACN 29 luglio 2009, il quale prevede, all’art. 3, lett. o), (Negoziazione nazionale), che spetti al livello di contrattazione nazionale definire la struttura del compenso, mentre l’art. 4 (Negoziazione regionale) individua gli specifici aspetti rimessi alla definizione della Negoziazione regionale e, per quanto concerne il trattamento economico dei medici di continuità assistenziale stabilisce (art. 72) l’entità del compenso orario per l’attività svolta e prevede (art. 67, co. 17) quote aggiuntive di compenso per la partecipazione del medico alle attività previste dagli accordi regionali e aziendali e che tramite “gli accordi regionali e aziendali sono individuati gli ulteriori compiti e le modalità di partecipazione del medico di continuità assistenziale alle attività previste nelle equipes territoriali, nelle Utap, nelle altre forme organizzative delle cure primarie” (art. 67, co.18);
– ciò malgrado, l’Accordo integrativo regionale (AIR) abruzzese per la disciplina dei rapporti con i medici di medicina generale (approvato con deliberazione della Giunta regionale 9 agosto 2006, n. 916) stabilisce, in materia di trattamento economico, che al “medico di continuità assistenziale spetta il compenso aggiuntivo di euro 4/ora quale indennità per i rischi legati alla tipologia dell’incarico” (art. 13, co. 1, del Capo II);
– detto compenso è finalizzato alle “particolari e specifiche condizioni di disagio e difficoltà in cui vengono rese le prestazioni sanitarie, e del ‘contributo’ offerto allo svolgimento di tutte le attività”;
– per tale via, la L. regionale impugnata incide su un aspetto del trattamento economico dei medici di continuità assistenziale che l’ordinamento nazionale demanda alla fonte negoziale collettiva ai sensi, in particolare, dell’art. 8, D.LGS. n. 502/1992 (nella fattispecie, la Giunta regionale aveva adottato la delibera n. 398/2017, con cui si è disposta la sospensione dell’erogazione della indennità sospettata di illegittimità).
Tutto ciò premesso, la Corte afferma che la normativa adottata dalla Regione Abbruzzo (L. n. 14/2018) in merito al rapporto di lavoro dei medici di continuità assistenziale, in quanto riconducibile al profilo dell’”ordinamento civile”, “risulta chiaramente lesiva della competenza statale”. La materia, infatti deve essere disciplinata dalla regolazione uniforme della legislazione nazionale in conformità agli accordi collettivi di settore (v. anche Corte Cost. n. 186/2016), salvo un limitato rinvio alla legislazione regionale per aspetti e materie ben definite, secondo lo schema comune al pubblico impiego contrattualizzato.