Necessaria, per la legittimità del licenziamento, l’indagine del giudice di merito circa l’intensità dell’elemento psicologico del comportamento consapevole e volontario di violazione della normativa interna da parte del dipendente e in ordine al nesso tra condotta e pregiudizio per la regolarità di un servizio di pubblico interesse.
Nota a Cass. 5 luglio 2019, n. 18195
Valerio Di Bello
Dal momento che la graduazione delle sanzioni disciplinari è contemplata dal contratto collettivo “anche in rapporto al grado di intenzionalità del comportamento e alla prevedibilità dell’evento”, va cassata la sentenza di merito che ometta “qualsiasi valutazione circa l’intensità dell’elemento psicologico nel comportamento consapevole e volontario di violazione della normativa interna, nonché in ordine al nesso tra la condotta e il pregiudizio – anche solo potenziale, ma prevedibile – per la regolarità del servizio pubblico indotto dal comportamento volontario e consapevole”.
È quanto afferma la Corte di Cassazione (5 luglio 2019, n. 18195) in merito al licenziamento di una lavoratrice che, insieme ad altra dipendente, aveva caricato sull’autovettura aziendale una cassetta utilizzata per il trasporto della corrispondenza e aveva gettato la posta (circa 20 Kg di materiale pubblicitario) in un luogo deputato allo smaltimento della carta, in violazione delle disposizioni regolamentari. La dipendente era stata arrestata insieme alla collega mentre stava distruggendo il materiale da consegnare per conto di un operatore commerciale che aveva sottoscritto con Poste Italiane un contratto di consegna di materiale pubblicitario finalizzato ad implementare la propria attività commerciale.
Secondo la Corte di Appello di Roma n. 4377/2017, cassata dalla sentenza in esame, non era configurabile alcuna delle ipotesi previste dal ccnl del personale non dirigente di Poste italiane relativamente alla contestazione disciplinare (art. 54, co. 6, lett. c), d), k)), in quanto non si verteva nel caso di:
a) “forte pregiudizio” per l’azienda o per terzi visto che il materiale distrutto corrispondeva a circa 20 kg di posta a fronte dei 400 kg di promo posta assegnati all’ufficio postale, provenienti dalla ditta;
b) “sottrazione” di documenti o atti della società ad essa affidati al fine di “trarne profitto”, poiché, nella specie, si era trattato solo di distruzione di materiale e non vi era stato alcun profitto (“inteso come situazione di vantaggio, di natura patrimoniale, strettamente connessa alla condotta contestata, situazione che presuppone un impiego dell’atto o del documento sottratto”);
c) fatti o atti dolosi, anche nei confronti di terzi, compiuti “in connessione con il rapporto di lavoro”, dal momento che gli atti erano stati commessi nell’esecuzione specifica della prestazione lavorativa e non nello svolgimento di una condotta extraprofessionale.
Peraltro l’azienda, a fronte dell’arresto della lavoratrice in flagranza di reato, anziché adottare un provvedimento di sospensione cautelare, l’aveva assegnata ad altro ufficio, attribuendole mansioni di fiducia (posta registrata, raccomandate e atti giudiziari).
Secondo la Cassazione, il giudizio della Corte di merito era errato in quanto” non poteva risolversi “nel mero riscontro della ridotta percentuale del materiale distrutto in rapporto a quello che nell’interesse della committente era stato in precedenza recapitato”; non era stato chiarito se a tale recapito avesse provveduto la stessa resistente oppure altro personale dipendente; né risultavano chiari “gli elementi circostanziali in cui si collocava l’infrazione compiuta in relazione al complesso degli adempimenti gravanti sulla dipendente e in relazione alle mansioni da svolgere nel giorno del fatto”.
Inoltre, la Corte di legittimità, rileva che la natura pubblica del servizio poste, gestito “nell’interesse dell’intera collettività nazionale”, pur se svolto tramite attività privatistica, si riflette sui “doveri gravanti sui lavoratori dipendenti, che devono assicurare affidabilità, nei confronti del datore di lavoro e dell’utenza” (v. Cass. n. 17513/2018 e Cass. n. 776/2015).
Peraltro, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, in materia disciplinare non è vincolante la tipizzazione contenuta nella contrattazione collettiva ai fini dell’apprezzamento della giusta causa di recesso poiché il giudizio di gravità e proporzionalità della condotta rientra “nell’attività sussuntiva e valutativa del giudice, purché vengano valorizzati elementi concreti, di natura oggettiva e soggettiva, della fattispecie, coerenti con la scala valoriale del contratto collettivo, oltre che con i principi radicati nella coscienza sociale, idonei a ledere irreparabilmente il vincolo fiduciario” (v. Cass. n. 28492/2018).
Pertanto, esaminato l’art. 54, co.3, lett. f) ccnl del personale non dirigente Poste italiane, la Cassazione afferma che la locuzione “se non altrimenti sanzionabile” “allude al carattere residuale della previsione che può trovare applicazione solo una volta che sia stata esclusa la riconducibilità della fattispecie concreta nell’alveo applicativo di altre più gravi ipotesi e rimanda al…sistema valoriale proprio del particolare settore, secondo un livello di rilevanza via via crescente, dalla più lieve sanzione conservativa fino al licenziamento senza preavviso, senza escludere il licenziamento per giusta causa. Con la conseguenza che un’infrazione, benché non contemplata in modo espresso dal codice disciplinare, può assurgere comunque ad un livello di gravità tale da integrare la giusta causa ex art. 2119 c.c.”.
In sintesi, dunque: 1) la tipizzazione contenuta nel codice disciplinare ai fini dell’apprezzamento della giusta causa di recesso non esaurisce l’ambito dell’accertamento demandato al giudice di merito, posto che la giusta causa di recesso (di cui all’art. 2119 c.c.) costituisce una nozione legale rispetto alla quale non sono vincolanti le previsioni dei ccnl, che hanno valenza meramente esemplificativa (v. Cass. n. 27004/2018); 2) inoltre, tale giudice non ha adeguatamente esaminato gli elementi in base ai quali determinare l’entità dei provvedimenti disciplinari. Vale a dire: l’intenzionalità del comportamento; il grado di negligenza, imprudenza o imperizia in relazione anche alla prevedibilità dell’evento; il concorso, nella mancanza, di più lavoratori in accordo tra loro; il comportamento complessivo del lavoratore, con particolare riguardo ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio (art. 53, co. 4, ccnl citato).