Illegittima una normativa nazionale che riservi scatti retributivi di anzianità ai soli dipendenti a tempo indeterminato se l’unica condizione per la concessione è costituita dal compimento di un determinato periodo di servizio.
Nota a Corte di Giustizia UE, 20 giugno 2019, C- 72/18
Sonia Gioia
In materia di discriminazioni, la clausola 4, punto 1 dell’Accordo quadro sul lavoro a tempo determinato (in allegato alla Direttiva 1999/70/CE) “osta a una normativa nazionale (…) che riserva il beneficio di un’integrazione salariale agli insegnanti assunti nell’ambito di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato in quanto funzionari di ruolo, con esclusione (…) degli insegnanti assunti a tempo determinato come impiegati amministrativi a contratto, se il compimento di un determinato periodo di servizio costituisce l’unica condizione per la concessione di tale integrazione salariale”.
Lo ha affermato la Corte di Giustizia dell’Unione Europea (20 giugno 2019, C-72/18), investita dal giudice spagnolo (Tribunale amministrativo n. 1 di Pamplona) in merito al caso di un docente, assunto come impiegato amministrativo e a tempo determinato, a cui non era stata concessa la retribuzione aggiuntiva di cui beneficiano gli insegnanti di ruolo dopo aver maturato un’anzianità di servizio pari a sei anni e sette mesi nel grado immediatamente precedente. Ciò in quanto detta integrazione, erogata “in ragione del grado”, “rappresenta una retribuzione personale di base connessa alla condizione di funzionario” (art. 11, Decreto Foral n. 68/2009, come modificato dal Decreto Foral n. 21/2017).
Al riguardo, la CGUE ha ribadito che la clausola 4, punto 1 del predetto Accordo quadro “sancisce il divieto, per quanto riguarda le condizioni di impiego, di trattare i lavoratori a tempo determinato in modo meno favorevole rispetto ai lavoratori a tempo indeterminato che si trovano in una situazione comparabile, per il solo fatto che lavorano a tempo determinato”. Ciò, “salvo che un diverso trattamento sia giustificato da ragioni oggettive” e cioè da “elementi precisi e concreti” che contraddistinguono il rapporto di impiego e che attengono alla particolare natura e alle caratteristiche delle mansioni espletate o, eventualmente, al perseguimento di una legittima finalità di politica sociale di uno Stato membro (CGUE 5 giugno 2018, C-574/16; CGUE 22 dicembre 2010, C-444/09; CGUE 13 settembre 2007, C-307/05).
Nel caso di specie, considerato che le due categorie di lavoratori si trovano in una situazione comparabile (non vi è “alcuna differenza tra le funzioni, i servizi e gli obblighi professionali assunti da un insegnante funzionario e quelli assunti da un insegnante impiegato amministrativo a contratto”), la maggiorazione retributiva in questione, che è una “condizione di impiego”, ai sensi della clausola 4, punto 1, cit., può essere negata al docente a contratto solo in presenza di una ragione oggettiva.
A tal fine, non è sufficiente che la diversità di trattamento sia sancita da una norma “generale e astratta” (quale è l’art. 11 cit.) che riserva il beneficio ai soli funzionari, senza che le caratteristiche inerenti tale status siano determinanti per l’erogazione dello stesso (CGUE 8 settembre 2011, C- 177/10). E, in effetti, tale integrazione non è legata all’avanzamento di grado degli insegnanti di ruolo, né costituisce remunerazione per l’assolvimento di compiti che possono essere esercitati dai soli funzionari, ma è subordinata alla mera anzianità di servizio.
Neppure rileva la distinzione fra impiego di ruolo e non di ruolo e, del pari, il riferimento alla natura temporanea del rapporto non può costituire di per sé ragione idonea a giustificare la diversità di trattamento, il che contrasterebbe con le finalità della Direttiva 1999/70/CE nonché dell’Accordo quadro (n.d.r., tra le altre, miglioramento della qualità del lavoro a tempo determinato e rispetto del principio di non discriminazione) ed equivarrebbe a mantenere i prestatori a termine in un’ingiustificata situazione di svantaggio (CGUE 8 settembre 2011, C-177/10, cit.).
Pertanto, non sussistono, secondo i giudici di Lussemburgo, motivazioni idonee a spiegare l’esclusione degli impiegati amministrativi, che abbiano svolto il periodo di servizio richiesto, dalla fruizione dell’integrazione salariale in questione.
Ne consegue che la normativa regionale spagnola, che riserva tale beneficio ai soli funzionari, risulta lesiva del principio di parità di trattamento (clausola 4, punto 1 cit.), il quale “richiede che situazioni paragonabili non siano trattate in maniera diversa e che situazioni diverse non siano trattate in maniera uguale, a meno che non sia oggettivamente giustificato” (CGUE 5 giugno 2018, C-574/16).