L’accordo collettivo aziendale (ex art. 8, co. 2 bis, L. 13 agosto 2011, n. 138) siglato in deroga alle conseguenze che derivano dal recesso datoriale con effetto immediato, che non riconosca l’indennità di mancato preavviso ai dipendenti licenziati a valle di una procedura collettiva di esuberi è legittimo.

 Nota a Cass. 22 luglio 2019, n. 19660

 Maria Novella Bettini

Le parti collettive che sottoscrivano un accordo che disciplina le modalità di accesso all’esodo volontario prima di dar seguito alla procedura di licenziamento collettivo possono legittimamente stabilire che l’azienda non riconosca “alcun trattamento sostitutivo a titolo di mancata effettuazione del preavviso”.

È quanto sancito dalla Corte di Cassazione (22 luglio 2019, n. 19660, che conferma App. Roma n. 2235/2017), la quale precisa che l’accordo derogatorio in questione, stipulato nell’ambito della

procedura di mobilità, non si pone in contrasto con principi dettati nella Carta Costituzionale né viola vincoli derivanti da normative comunitarie e da convenzioni internazionali sul lavoro.

È ben vero, infatti, che la Carta Sociale Europea (che, ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale n. 194 del 2018, è riconosciuta quale parametro interposto per la valutazione della costituzionalità di una norma nazionale) prevede, all’art. 4, che “per garantire l’effettivo esercizio del diritto ad un’equa retribuzione” le parti si impegnano a “riconoscere il diritto di tutti i lavoratori ad un ragionevole periodo di preavviso nel caso di cessazione del lavoro”. Tuttavia, osserva la Cassazione, una cosa è il riconoscimento di un ragionevole periodo di preavviso ed un’altra il riconoscimento di una indennità sostitutiva convenzionalmente fissata in sede sindacale con possibilità di deroga nel contesto di un “bilanciamento di opposti interessi e con la finalità di ridurre l’impatto della situazione di esubero”.

Come noto, in base all’art. 8, D.L. n. 138/2011 (conv. in L. n. 148/2011), le parti collettive (“associazioni dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale o territoriale ovvero … loro rappresentanze sindacali operanti in azienda”), mediante un contratto aziendale (c.d. di prossimità, sottoscritto a livello aziendale o territoriale), “possono realizzare specifiche intese con efficacia nei confronti di tutti i lavoratori interessati a condizione di essere sottoscritte sulla base di un criterio maggioritario relativo alle predette rappresentanze sindacali, finalizzate alla maggiore occupazione, alla qualità dei contratti di lavoro, all’adozione di forme di partecipazione dei lavoratori, alla emersione del lavoro irregolare, agli incrementi di competitività e di salario, alla gestione delle crisi aziendali e occupazionali, agli investimenti e all’avvio di nuove attività” (co. 1).

Tali accordi, “fermo restando il rispetto della Costituzione, nonché i vincoli derivanti dalle normative comunitarie e dalle convenzioni internazionali sul lavoro”, operano anche in deroga alle disposizioni di legge che disciplinano le materie richiamate dal comma 2 ed alle relative regolamentazioni contenute nei contratti collettivi nazionali di lavoro” (co. 2-bis). In particolare, possono riguardare le “conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro” e, dunque, il preavviso di licenziamento.

LEGENDA

L’art. 8, co. 2, D.L. n. 138/2011 recita: “Le specifiche intese di cui al comma 1 possono riguardare la regolazione delle materie inerenti l’organizzazione del lavoro e della produzione con riferimento:

a) agli impianti audiovisivi e alla introduzione di nuove tecnologie;

b) alle mansioni del lavoratore, alla classificazione e inquadramento del personale;

c) ai contratti a termine, ai contratti a orario ridotto, modulato o flessibile, al regime della solidarietà negli appalti e ai casi di ricorso alla somministrazione di lavoro;

d) alla disciplina dell’orario di lavoro;

e) alle modalità di assunzione e disciplina del rapporto di lavoro, comprese le collaborazioni coordinate e continuative a progetto e le partite IVA, alla trasformazione e conversione dei contratti di lavoro e alle conseguenze del recesso dal rapporto di lavoro, fatta eccezione per il licenziamento discriminatorio , il licenziamento della lavoratrice in concomitanza del matrimonio, il licenziamento della lavoratrice dall’inizio del periodo di gravidanza fino al termine dei periodi di interdizione al lavoro, nonché fino ad un anno di età del bambino, il licenziamento causato dalla domanda o dalla fruizione del congedo parentale e per la malattia del bambino da parte della lavoratrice o del lavoratore ed il licenziamento in caso di adozione o affidamento”.

L’art. 2118 c.c. (Recesso dal contratto a tempo indeterminato) stabilisce che: “[I]. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando il preavviso nel termine e nei modi stabiliti…, dagli usi o secondo equità [II]. In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. [III]. La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro”.

Contratto di prossimità e mancato riconoscimento dell’indennità di preavviso
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