Per configurare un rapporto di lavoro subordinato è necessaria la presenza di specifici indici di qualificazione fattuale.
Nota a Cass. 21 giugno 2019, n. 16743
Sonia Gioia
La qualificazione giuridica di un rapporto di lavoro subordinato è condizionata da una serie di elementi indicativi da prendere in considerazione per inquadrare il rapporto stesso. Fra gli indici rivelatori della subordinazione rilevano, secondo la Corte di Cassazione (21 giugno 2019, n. 16743; in conformità a Cass. nn. 7024/2015; 22289/2014; 4500/2007 e 15327/2006):
1) il potere gerarchico e direttivo che si esplichi “non in semplici direttive di carattere generale (compatibili con altri tipi di rapporto)”, ma in “ordini specifici, reiterati ed intrinsecamente inerenti alla prestazione lavorativa”;
2) l’esercizio da parte del datore di lavoro del potere organizzativo che si manifesti in un “effettivo inserimento del lavoratore nell’organizzazione aziendale”;
3) il collegamento tecnico, organizzativo e produttivo tra la prestazione svolta e le esigenze aziendali;
4) il compenso fisso;
5) l’orario di lavoro stabile e continuativo;
6) il carattere delle mansioni.
In argomento v. anche Trib. Bari 8 aprile 2019, n. 1579, secondo cui l’elemento fondamentale che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato rispetto al rapporto di lavoro autonomo è il vincolo di soggezione personale del lavoratore (che necessita della prova di idonei indici rivelatori, la cui prova incombe sullo stesso lavoratore) che si concretizza nel potere organizzativo, direttivo e disciplinare del datore di lavoro, con conseguente limitazione dell’autonomia del prestatore ed il suo inserimento nell’organizzazione aziendale.
Ulteriori elementi, inoltre, quali l’assenza di rischio, la continuità della prestazione, l’osservanza di un orario di lavoro e la forma della retribuzione, pur avendo natura meramente sussidiaria e non decisiva, possono costituire indici rivelatori della volontà delle parti.
Sotto altro profilo, il Trib Roma 6 maggio 2019 (v. anche Cass. n. 2842/2002) ha accolto il ricorso di una società, accertando la corretta qualificazione dei rapporti di lavori come collaborazioni coordinate, in quanto la libertà di scelta e la volontarietà di candidarsi o meno per i turni predisposti dal datore comportava l’esclusione della natura subordinata del rapporto di un gruppo di lavoratori occupati presso un call center outbound (il cui oggetto della collaborazione consisteva nella verifica che i clienti della società telefonica che avevano chiesto l’assistenza tecnica fossero soddisfatti del servizio a loro reso nonché nella proposizione di nuove tipologie di contratti ai clienti contattati). Nella stessa direzione, Cass. n. 3457/2018; Cass. n. 16377/2017; App. Torino 4 febbraio 2019, n. 26; in senso contrario, Trib. Milano 10 settembre 2018, n. 1853 e Trib. Torino 7 maggio 2018, n. 778.