Il recesso del datore di lavoro nel corso del periodo di prova ha natura discrezionale e dispensa dall’onere di provarne la giustificazione. Gli atti di gestione dei rapporti di lavoro dei dipendenti del Comune sono riservati alla esclusiva competenza del personale che riveste la qualifica dirigenziale.

 Nota a Cass. 5 agosto 2019, n. 20916

 Alfonso Tagliamonte

Sottolineando il principio in base al quale, nel lavoro pubblico contrattualizzato, il patto di prova è finalizzato ad accertare sia la capacità tecnica che la personalità del lavoratore e, in genere, l’idoneità dello stesso ad adempiere gli obblighi di fedeltà, diligenza e correttezza, la Corte di Cassazione 5 agosto 2019, n. 20916 (che conferma App. Bari n. 2762/2017), in linea con la giurisprudenza consolidata (v., fra le altre, Cass. n. 26679/2018), sintetizza alcuni importanti concetti in materia di patto di prova. E cioè:

a) “l’esercizio del potere di recesso deve essere coerente con la causa del patto di prova che va individuata nella tutela dell’interesse comune alle due parti del rapporto di lavoro, in quanto diretto ad attuare un esperimento mediante il quale sia il datore di lavoro che il lavoratore possono verificare la reciproca convenienza del contratto, accertando il primo le capacità del lavoratore e quest’ultimo, a sua volta, valutando l’entità della prestazione richiestagli e le condizioni di svolgimento del rapporto”;

b) pertanto il recesso non è valido e la prova non può dirsi negativa quando le modalità dell’esperimento non risultino adeguate ad accertare la capacità lavorativa del prestatore in prova (si pensi, ad es., all’esiguità del periodo di prova o all’assegnazione del lavoratore a mansioni diverse da quelle che avrebbero dovuto formare oggetto del patto medesimo);

c) altresì invalido è il recesso intimato:

–  per finalità estranee all’esperimento lavorativo;

–  per motivo illecito;

d) il recesso del datore di lavoro, nel corso del periodo di prova, ha natura discrezionale e non vi è onere di provarne la giustificazione, diversamente da quel che accade nel licenziamento per giusta causa o per giustificato motivo (L. n. 604/1966). In altre parole, dunque, il recesso intimato nel corso o al termine del periodo di prova non deve essere motivato, “neppure in caso di contestazione in ordine alla valutazione della capacità e del comportamento professionale”;

e) incombe sul lavoratore licenziato, che deduca in sede giurisdizionale la nullità di tale recesso, l’onere di provare (ai sensi dell’art. 2697 c.c.) sia il positivo superamento del periodo di prova, sia che il recesso è stato determinato da motivo illecito e quindi, estraneo alla funzione del patto di prova.

La Corte affronta poi una serie di rilevanti aspetti attinenti al pubblico impiego privatizzato, chiarendo che:

– in tale ambito, le assunzioni, anche se precedute da un contratto di lavoro a tempo determinato per il quale sia stata superata la prova, sono assoggettate all’esito positivo di un periodo di prova (ex art. 70, co. 13, D.LGS. n. 165/2001 e artt. 17 e 28, D.P.R. n. 487/1994;

– nel settore pubblico non trova applicazione l’art. 2096 c.c. e l’autonomia contrattuale è abilitata esclusivamente alla determinazione della durata del periodo di prova, nei limiti di quanto previsto dalla contrattazione collettiva (ex art. 2, co. 3, D.LGS. n. 165/2001) (Corte Cost. n. 199/2003; n. 89/2003; n. 309/1997 e n. 313/1996; Cass. n. 31091/2018, n. 26679/2018, cit. e 21376/2018; n. 1586/2008). In altri termini, mentre nell’impiego privato il patto di prova va predisposto in forma scritta a pena di nullità, con la conseguenza che, in mancanza di detta formalità, lo stesso deve considerarsi nullo e l’assunzione del lavoratore va considerata definitiva (Cass. S.U. n. 1756/1983; Cass. n. 6982/1987; Cass. n. 9101/1991; Cass. n. 11427/1993; Cass. n. 5811/1995), nel pubblico impiego il periodo di prova scaturisce direttamente per effetto ex lege (D.LGS. n. 165/2001) e non per effetto di un patto inserito nel contratto di lavoro dall’autonomia contrattuale. Ciò, sebbene anche nei rapporti di lavoro “privatizzati” alle dipendenze di pubblica amministrazione il recesso del datore di lavoro nel corso del periodo di prova abbia natura discrezionale (non potendosi omologare la giustificazione del recesso per mancato superamento della prova a quella della giustificazione del licenziamento per giusta causa o giustificato motivo) deve essere coerente con la causa del patto di prova, che consiste nel consentire alle parti del rapporto di lavoro di verificarne la reciproca convenienza e dispensa dall’onere di provare la giustificazione del recesso (v. Cass. n. 21586/2008; Corte Cost., n. 189/1980);

– nell’ambito della regola fondamentale della separazione tra funzioni di indirizzo politico-amministrativo, spettanti agli organi di governo, e funzioni di gestione amministrativa, proprie dei dirigenti, gli atti di gestione dei rapporti di lavoro dei dipendenti del Comune sono riservati alla esclusiva competenza del personale che riveste la qualifica dirigenziale, le cui attribuzioni, ai sensi dell’art. 107, co. 4, D.LGS. n. 267/2000. possono essere derogate soltanto espressamente e “ad opera di specifiche disposizioni legislative” (v anche art. 4, co. 2 e 3, D.LGS. n. 165/2001 e art. art. 107, co.4, D.LGS. n. 267/2000);

– né l’inerzia degli organi di governo che si compendi nella mancata adozione di norme statutarie e regolamentari (v. artt. 6, 7, e 48 co. 3, D.LGS. n. 267 cit.) e nel mancato esercizio di funzioni di indirizzo politico amministrativo (artt. 42, co. 1, 48, co. 2, 50, co. 1 e 10, D.LGS. n. 267 cit.) “in ordine alle linee fondamentali di organizzazione degli uffici volte ad evitare vuoti di potere gestorio-amministrativo, vale a giustificare e a legittimare interferenze da parte di organi politici nell’ambito delle competenze proprie della dirigenza amministrativa, in aperta violazione del più volte richiamato principio inderogabile di separazione” di cui al richiamato art. 107, D.LGS. n. 267/2000, cit.

Legenda:

– Art. 4, co. 2 e 3, D.LGS. n. 165/2001: “2. Ai dirigenti spetta l’adozione degli atti e provvedimenti amministrativi, compresi tutti gli atti che impegnano l’amministrazione verso l’esterno, nonché la gestione finanziaria, tecnica e amministrativa mediante autonomi poteri di spesa di organizzazione delle risorse umane, strumentali e di controllo. Essi sono responsabili in via esclusiva dell’attività amministrativa, della gestione e dei relativi risultati.

3. Le attribuzioni dei dirigenti indicate dal comma 2 possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative”.

– Art. 70, co.13, D.LGS. n. 165/2001: “13. In materia di reclutamento, le pubbliche amministrazioni applicano la disciplina prevista dal decreto del Presidente della Repubblica 9 maggio 1994, n. 487, e successive modificazioni ed integrazioni, per le parti non incompatibili con quanto previsto dagli articoli 35 e 36, salvo che la materia venga regolata, in coerenza con i principi ivi previsti, nell’ambito dei rispettivi ordinamenti “.

– Art. 107, co. 4, D.LGS. n. 267/2000: “4. Le attribuzioni dei dirigenti, in applicazione del principio di cui all’art. 1, comma 4, possono essere derogate soltanto espressamente e ad opera di specifiche disposizioni legislative”.

– Art. 17, D.P.R. n. 487/1994: “1. I candidati dichiarati vincitori sono invitati, a mezzo assicurata convenzionale, ad assumere servizio in via provvisoria, sotto riserva di accertamento del possesso dei requisiti prescritti per la nomina e sono assunti in prova nel profilo professionale di qualifica o categoria per il quale risultano vincitori. La durata del periodo di prova è differenziata in ragione della complessità delle prestazioni professionali richieste e sarà definita in sede di contrattazione collettiva. I provvedimenti di nomina in prova sono immediatamente esecutivi. 2. Le pubbliche amministrazioni comunicano alla Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, il numero dei candidati vincitori assunti ed eventuali modifiche nell’arco dei diciotto mesi di validità della graduatoria di cui all’articolo 15, comma 7”.

– Art. 28, D.P.R. n. 487/1994: “1. Le amministrazioni e gli enti interessati procedono a nominare in prova e ad immettere in servizio i lavoratori utilmente selezionati, anche singolarmente o per scaglioni, nel rispetto dell’ordine di avviamento e di graduatoria integrata. 2. La Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, nel rispetto dell’ordine della graduatoria integrata, assegna i lavoratori utilmente selezionati alle amministrazioni.

Patto di prova: principi generali e pubblico impiego
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