Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 ottobre 2019, n. 26038

Rapporto di lavoro, Impresa pubblica, Pretese contributive
per maternità e malattia

 

Fatti di causa

 

1. La Corte di appello di Venezia, con sentenza n.
654 del 2015, rigettando l’appello proposto dal Consorzio di Bonifica Delta del
Po nei confronti dell’I.N.P.S., anche quale mandatario di S.C.C.I. s.p.a, ha
confermato la sentenza di primo grado di rigetto dell’opposizione ad avviso di
addebito, proposta dal detto Consorzio, in riferimento a pretese contributive
fondate sull’art. 20, comma 2, I. n. 133 del
2008, per maternità e malattia riferite al proprio personale, per il
periodo luglio 2010-marzo 2012.

2. La Corte territoriale, dopo aver precisato che
per i datori di lavoro privati l’obbligo di versare la contribuzione per
maternità e per malattia sussiste anche in ipotesi di previsione contrattuale
collettiva che obblighi il datore di lavoro ad anticipare il trattamento di
malattia, ha accertato l’obbligo contributivo argomentando dalla natura
giuridica di impresa pubblica individuata dall’art. 20, comma 2, d.l. n. 112 del
2008 conv. in I. n. 133 del 2008, del
Consorzio ricorrente e richiamando, per coincidenza di principi regolatori, il
precedente di questa Corte di cassazione costituito dalla sentenza n. 2756 del
2014, formatosi su fattispecie riferita a soggetto pubblico regionale
trasformato in soggetto svolgente attività di impresa pubblica.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per
cassazione il Consorzio di bonifica Delta del Po, affidandosi ad un articolato
motivo.

L’ INPS, anche nella qualità di mandatario di
S.C.C.I. s.p.a., ha resistito con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con l’unico motivo di ricorso, il Consorzio di
Bonifica Delta del Po denuncia violazione e o errata applicazione dell’art. 20 d.l. n. 112 del 2008
conv. in I. n. 133 del 2008 in ragione
dell’errata qualificazione giuridica dei Consorzi di Bonifica ai fini
dell’applicazione della contribuzione previdenziale di maternità relativa ai
propri dipendenti e della loro inclusione tra i destinatari del comma 2 dell’art. 20 d.l. n. 112 del
2008 conv. in I. n. 133 del 2008 che, a
decorrere dal primo gennaio 2009, ha previsto l’obbligo del versamento all’INPS
della contribuzione per malattia e maternità nei confronti delle imprese dello
Stat, degli Enti Pubblici e degli enti locali, privatizzati ed a capitale
misto; sostiene il ricorrente che la sentenza impugnata sia incorsa in errore
per aver accolto la tesi dell’INPS basata sulla considerazione della sua natura
di impresa appartenente ad ente pubblico laddove la esatta natura giuridica,
emergente dal contesto normativo costituito dalla legge regionale veneta n. 12
del 2009 ed ancor prima dall’art. 59 del r.d. 215 del 1933, sarebbe quella di
ente pubblico economico istituito per perseguire finalità pubblicistiche
erogando servizi di utilità pubblica e come tale estraneo alla previsione dell’art. 20, comma 2, d.l. n. 112 del
2008 cit. anche in considerazione del fatto che in tale veste il Consorzio
erogava direttamente ai propri dipendenti le prestazioni di malattia e
maternità.

2. La questione controversa richiede, in primo
luogo, l’identificazione dei soggetti destinatari del disposto dell’art. 20, comma due, d.l. n. 112 del
2008 conv. in I. n. 133 del 2008 che ha il
seguente tenore: “A decorrere dal 1 gennaio 2009, le imprese dello Stato,
degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto sono
tenute a versare, secondo la normativa vigente: a) la contribuzione per
maternità; b) la contribuzione per malattia per gli operai”.

3. Su tale tema questa Corte di cassazione (proprio
a partire da Cass. n. 2756 del 2014 citata dalla sentenza impugnata e poi con
Cass. nn. 18395 e 21536, 22291 del 2019), ha affermato che il riferimento
alle “imprese dello Stato” – secondo una interpretazione del testo
costituzionalmente orientata al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. – conduce a ritenere che
all’elencazione in essa prevista non può essere attribuito carattere tassativo,
posto che, l’espressione “imprese di Stato” che ricorre nel
linguaggio comune, dal punto di vista giuridico – cioè come volta ad indicare
lo svolgimento diretto da parte dello Stato di un’attività economica,
costituita dall’offerta di beni e servizi in un mercato, a scopo di lucro – non
ha cittadinanza negli Stati membri della UE, ponendosi in contrasto con gli artt. 106 e 107 TFUE, come
interpretati dalla Corte di giustizia UE (vedi, per tutte, Comunicazione della
Commissione UE sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di
aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di
interesse economico generale – Testo rilevante ai fini del SEE – 2012/C 8/02 e
ivi ampi richiami).

4. Ne consegue che la suddetta espressione – tenendo
conto anche degli artt. 11 e 117 Cost. -non può che essere intesa in senso a-
tecnico, come riferita alle “imprese partecipate, in tutto o in parte,
dallo Stato” (vedi INPS – Circolare n. 114
del 30 dicembre 2008 e INPDAP – Nota operativa
n. 18 del 22 dicembre 2009 nonché Nota 20
luglio 2011, n. 18) ed è, pertanto, evidente, che la stessa valenza
atecnica debba essere attribuita alla restante parte dell’elencazione contenuta
nel citato comma 2, che quindi va inteso nel senso di assoggettare alla
contribuzione ivi prevista (da effettuare all’INPS): a) tutte le imprese degli
pubblici e degli enti locali (di cui al D.Lgs. 18
agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni e integrazioni), che sono
state interessate, per effetto di norme di legge, di regolamento o convenzione,
da processi di privatizzazione avviati nel corso degli anni 90 ed ancora in via
di completamento e che hanno continuato ad essere assoggettate ad un regime
previdenziale di tipo pubblicistico, nonché a regimi speciali riconosciuti alle
medesime in forza di specifiche disposizioni normative; b) tutte le imprese a
capitale misto degli enti pubblici e degli enti locali; c) nonché le imprese
costituite a seguito di trasformazioni di enti ed istituti di diritto pubblico,
i cui dipendenti già assoggettati a regimi previdenziali speciali sono poi
confluiti nell’INPDAP.

5. Ciò premesso, va individuata la natura giuridica
del Consorzio ricorrente. Sul punto questa Corte di legittimità (vd. tra le
altre Cass. SS.UU. n. 1547 del 20 gennaio 2017) ha avuto modo di affermare, al
fine di accertare la natura dei consorzi di bonifica, che l’art. 59 RD. n.
215/1933 qualifica espressamente i consorzi di bonifica quali “persone
giuridiche pubbliche”; inoltre, la medesima definizione è ribadita dall’art. 862 c.c. Inoltre, quanto alla presente
fattispecie, va osservato che l’art.
1 Legge della Regione Veneto n. 12, 8 maggio 2009 (avente ad oggetto
“Nuove norme per la bonifica e la tutela del territorio”), che ha
abrogato la precedente legge regionale n. 3 del 1976 (contenente ”
Riordino dei consorzi di bonifica e determinazione dei relativi
comprensori”) e la legge regionale 1° marzo 1983, n. 9 (intitolata “Nuove
disposizioni per l’organizzazione della bonifica”), con rispettive
integrazioni e modifiche, stabilisce espressamente, all’ art. 3 (Consorzi di
bonifica), <<Nell’ambito di ciascun comprensorio di cui all’articolo 2,
la Giunta regionale costituisce un consorzio di bonifica avente natura di ente
pubblico economico, retto da un proprio statuto, la cui azione è informata ai
principi di efficienza, efficacia, economicità, trasparenza e sussidiarietà,
secondo le disposizioni della presente legge>>.

6. La giurisprudenza di questa Suprema Corte è
costante nel ritenere che i consorzi di bonifica, come si è visto definiti
dalla legge enti pubblici-economici, pur avendo natura pubblicistica quanto a
costituzione e ad organizzazione, operano con caratteri di economicità ed
imprenditorialità, conseguendone ricavi idonei, almeno tendenzialmente, a
coprire i costi e le eventuali perdite (Cass., 13.7.2000, n. 9300, – Cass. SU.,
11.1.1997, n. 191; Cass., SU., 2.4.1996, n. 3036). Si è pure aggiunto che i
rapporti di lavoro intercorrenti fra tali enti ed i rispettivi dipendenti hanno
natura privata (Cass., 3.11.1992, n. 11907) e che l’attività dagli stessi
espletata, di natura imprenditoriale, non si sottrae alla classificazione come
industriale o agricola e tale natura, industriale o agricola, dell’attività
imprenditoriale svolta dal consorzi di bonifica va accertata non sulla base di
criteri generali ed astratti – come quelli stabiliti, ai fini previdenziali,
dagli artt. 33 del d.P.R. n.
797 del 1955 e 6, lett. b),
della legge n. 92 del 1979 o, in tema di determinazione del reddito
agrario, dall’art. 28 del
d.P.R. n. 597 del 1973 – ma, in conformità all’enunciazione del primo comma
dell’art. 2070 cod. civ., posta in necessario collegamento con gli artt. 2195 e 2135
dello stesso codice, sulla base dell’attività effettivamente esercitata da tali
enti (pubblici economici), da considerare, peraltro, dopo la soppressione
dell’ordinamento corporativo, non già alla stregua di criteri meramente
merceologici ma tenendo conto della valutazione operatane dalla contrattazione
collettiva (Cass., 23.11.1992, n. 12498).

7. Peraltro, il Consorzio ricorrente non contesta
tali caratteri ed anzi richiama un’opinione che esclude la possibilità che un
ente pubblico possa definirsi economico senza esercizio effettivo di attività
d’impresa. Tuttavia, ritiene errata la sentenza impugnata imputandole di aver
assimilato la propria natura giuridica a quella degli Istituti per l’edilizia
residenziale pubblica, di cui trattava il precedente di questa Corte di
legittimità n. 2756 del 2014.

8. La critica non coglie nel segno, giacché, per
quanto si è sopra esposto il principio espresso da quel precedente e dai
successivi arresti sopra indicati, risulta applicabile alla posizione
contributiva del Consorzio ricorrente, posto che anch’esso è qualificabile in
termini di <impresa pubblica> nell’accezione a-tecnica sopra specificata
che comporta la sua inclusione nel novero dei soggetti tenuti al versamento dei
contributi di maternità e malattia, ai sensi dell’art. 20, comma 2, d.l. n. 112 del 2008 conv.
in I. n. 133 del 2008.

9. Inoltre, del tutto irrilevante, ai fini della
configurabilità dell’obbligo contributivo in oggetto, è la circostanza che il
Consorzio abbia erogato ai propri dipendenti i trattamenti in questione alla
luce della funzione svolta dall’obbligo contributivo all’interno dell’intero
sistema previdenziale.

10. Invero, va qui ribadito quanto affermato da
questa Corte di cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 10232 del 2003
(seguito da Cass. n. 15112 del 2004; Cass. n. 13791 del 2006), laddove si è
affermato che il fondamento della previdenza sociale sta nel principio di
solidarietà, onde il concetto di sinallagma, ossia di equilibrio di
obbligazioni corrispettive, risulta insufficiente alla rappresentazione del
sistema giacché all’apporto contributivo delle categorie interessate si
accompagna il costante intervento finanziario dello Stato e quindi della
solidarietà generale.

11. Pertanto il legame tra contributi o prestazioni
può anche mancare, come nel caso dei contributi di mera solidarietà (cfr. Corte
cost. n. 26 del 2003) o di contribuzione figurativa o, ancora, quando debba
operare il principio di automaticità delle prestazioni, di cui all’art. 2116 cod. civ. Né l’ammontare delle
prestazioni è necessariamente proporzionale a quello dei contributi, dipendente
dalla quantità della retribuzione imponibile, dalla varietà delle aliquote di
computo, dall’età dell’assicurato e nel lungo periodo anche dalle variazioni
del prodotto interno (nazionale) lordo.

12. Dunque, ben può persistere l’obbligazione
contributiva a carico del datore di lavoro anche quando per tutti o per alcuni
dei lavoratori dipendenti l’ente previdenziale non sia tenuto a certe
prestazioni.

13. L’obbligazione contributiva previdenziale
partecipa, inoltre, della natura delle obbligazioni di natura pubblicistica,
equiparabili a quelle tributarie a causa della origine legale e della
destinazione ad enti pubblici e quindi all’espletamento di funzioni sociali
(Cass. 21 luglio 1969 n. 2727); si tratta cioè di un’obbligazione pubblica e,
quindi, di un rapporto nato dalla legge, da essa esclusivamente regolato e
pertinente alla finanza complementare dello Stato.

14. Tutto ciò comporta che il regime legale della
contribuzione non può essere alterato da statuizioni dell’autonomia privata.
Tali debbono oggi ritenersi quelle contenute nei contratti collettivi, a
differenza di quelle vigenti nel regime corporativo, soppresso dal d.l. 5 agosto
1943 n. 721 e dal decreto luogotenenziale 23
novembre 1944 n. 369. Pertanto, non vale ad escludere l’obbligazione
contributiva oggetto di causa la previsione del c.c.n.I. 1 giugno 2005 agli
artt. 95 e 100, applicato dal Consorzio ricorrente nei rapporti di lavoro
intercorrenti con i propri dipendenti, che obbliga il medesimo ad erogare
direttamente ai dipendenti sia il trattamento di malattia che quello di
maternità.

15. In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese
seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 4000,00
per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura
del 15% e spese accessorie di legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13,
se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 15 ottobre 2019, n. 26038
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