È illegittima la disdetta unilaterale da parte del datore di lavoro di un contratto collettivo prima della scadenza ivi stabilita.
Nota a Cass. 20 agosto 2019, n. 21537
Jennifer Di Francesco
Il datore di lavoro non può recedere dal contratto collettivo sottoscritto e applicato prima della scadenza in esso stabilita.
È quanto afferma la Corte di Cassazione (n. 21537 del 20 agosto 2019), precisando che devono considerarsi parti del contratto collettivo in senso proprio solo le associazioni di categoria e le organizzazioni sindacali stipulanti; le singole aziende e i lavoratori non possono considerarsi parti del contratto, sebbene siano destinatarie degli effetti giuridici, secondo quanto previsto dall’art. 2077 c.c.
Ne deriva, quindi, che il recesso anticipato da un contratto collettivo che abbia in sé la determinazione della propria data di scadenza, spetta legittimamente e in via esclusiva alle parti stipulanti e, quindi, alle associazioni di categoria.
La facoltà di recesso anticipato è, di conseguenza, preclusa al datore di lavoro, anche qualora si distacchi dall’Associazione stipulante, il quale non potrà addurre a fondamento del proprio recesso ante tempus nemmeno una eccessiva onerosità dello stesso, conseguente ad una propria condizione di difficoltà economica.
Sulla base di tali considerazioni, la Cassazione, con la sentenza 20 agosto 2019, n. 21537, ha accolto il ricorso promosso dalla Filctem-Cgil nei confronti di un’Azienda che, dopo essere uscita dall’associazione datoriale che aveva stipulato il contratto collettivo applicato fino a quel momento, aveva deciso di non rispettare più tale contratto siglato da Federgomma e di stipularne uno nuovo.
Il principio enunciato, tuttavia, non si applica ove il contratto collettivo postcorporativo sia stipulato a tempo indeterminato: in tal caso, il datore di lavoro potrà validamente recedere dal contratto collettivo nel rispetto dei criteri di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto; il ccnl, infatti, non potrebbe vincolare i contraenti per sempre, altrimenti risulterebbe vanificata la causa e la funzione sociale della contrattazione collettiva, la cui disciplina, da sempre modellata su termini temporali non eccessivamente dilatati, deve essere parametrata su una realtà socio-economica in continua evoluzione.