Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 ottobre 2019, n. 25135

Rapporto di lavoro, Autisti del servizio di linea, Indennità
sostitutiva dei mancati riposi giornalieri e settimanali non goduti

 

Rilevato che

 

la Corte d’appello di Lecce ha confermato la
sentenza del Tribunale di Brindisi, che aveva accolto la domanda avanzata da
V.B. e F.L., autisti del servizio di linea addetti a percorsi superiori a 50
chilometri, proposta nei confronti della Società Trasporti pubblici di T.O.
s.p.a. per sentir condannare la stessa al pagamento delle somme a titolo di
indennità sostitutiva dei mancati riposi giornalieri e settimanali non goduti;

la Corte territoriale, all’esito della CTU, ha
riconosciuto in capo ai lavoratori un danno non patrimoniale da usura per i
turni loro assegnati dalla STP Brindisi s.p.a. per un cospicuo arco temporale
in violazione del diritto costituzionalmente protetto ai riposi (art. 36
Cost.), e dovuto alla mancata compensazione con un equivalente periodo di
riposo continuo prima della fine della terza settimana successiva, come
disposto dai Regolamenti CEE 3280 del 1985 e CE
561 del 2006;

data la maggiore penosità del lavoro dovuta alla
durata della violazione, ha quantificato in via presuntiva il predetto danno
sulla base della disciplina contrattuale prevista per il lavoro straordinario;

la cassazione della sentenza è domandata dalla
Società Trasporti pubblici di T.O. s.p.a. (ora Società Trasporti Pubblici
Brindisi s.p.a.) sulla base di tre motivi illustrati da successiva memoria;
V.B. e F.L. hanno resistito con controricorso;

è stata depositata proposta ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., ritualmente
comunicata alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in
camera di consiglio.

 

Considerato che

 

il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 cod. proc. civ., contesta
“Violazione e falsa applicazione del Regolamento CEE 561/06, art. 8
par.6 e violazione e falsa applicazione del Regolamento CEE 3280/85, art.8
paragrafi 1, 3, 8”; la Corte d’appello avrebbe erroneamente ritenuto
infondato il motivo d’appello con cui Corte di Cassazione – copia non ufficiale
l’odierna ricorrente aveva censurato la sentenza di prime cure che aveva
escluso la fondatezza di un secondo conteggio del perito d’ufficio, ritenendo
che l’ordinario riposo giornaliero già programmato non potesse compensare i
riposi settimanali non fruiti;

il secondo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 cod. proc. civ., deduce
“Violazione dell’art. 2697 c.c.
relativamente alla distribuzione dell’onere della prova”, avendo la Corte
territoriale erroneamente ritenuto spettante in capo al datore l’onere di
provare la concessione dei riposi e l’idoneità degli stessi, là dove i
lavoratori si erano limitati a contestare la carenza di prova senza opporre
fatti diversi, in particolare senza provare in primo grado le inadempienze
della società con riferimento alla mancata concessione sia dei riposi ordinari,
sia di quelli compensativi;

il terzo ed ultimo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, co.1, n.3 cod. proc. civ., lamenta
“Violazione o falsa applicazione di norme di diritto – artt. 1226 e 2727
e 2729 c.c. in relazione alla presunzione di
esistenza del danno ed alla liquidazione equitativa dello stesso; il motivo si
appunta sulla quantificazione equitativa del danno operata dalla Corte
d’appello, contestandone la presuntività in relazione alla asserita maggiore
penosità della prestazione resa dai lavoratori nella condizione data;

il primo e il secondo motivo, da esaminarsi
congiuntamente per connessione, sono infondati poiché i giudici dell’appello,
facendo corretta applicazione del principio di diritto secondo il quale grava
sul datore di lavoro dimostrare la fruizione dei  riposi compensativi, quali fatti impeditivi
(in tal senso Cass. n.14710 del 2015), hanno
rilevato che, a fronte delle allegazioni da parte dei lavoratori circa i turni
effettuati, la Società Trasporti Pubblici di T.O. s.p.a. non ha dimostrato la
fruizione dei predetti riposi compensativi;

il terzo motivo è infondato;

questa Corte, pronunciandosi su analoghi ricorsi
proposti dalla Società Trasporti Pubblici di T.O. s.p.a. (ora Società Trasporti
Pubblici Brindisi s.p.a.) avverso sentenze della stessa Corte d’appello di
Lecce, ha affermato il seguente principio di diritto: “La prestazione
lavorativa, svolta in violazione della disciplina dei riposi giornalieri e
settimanali (nella specie, la guida di autobus senza fruire di un riposo minimo
di 11 ore giornaliere e un riposo settimanale di 45 ore consecutive)
protrattasi per diversi anni, cagiona al lavoratore un danno da usura
psico-fisica, di natura non patrimoniale e distinto da quello biologico, la cui
esistenza è presunta “nell’an” in quanto lesione del diritto garantito
dall’art. 36 Cost., mentre, ai fini della
determinazione del “quantum”, occorre tenere conto della gravosità
della prestazione e delle indicazioni della disciplina collettiva intesa a
regolare il risarcimento “de qua”, da non confondere con la
maggiorazione contrattualmente prevista per la coincidenza di giornate di
festività con la giornata di riposo settimanale.”(Cass. n.14710 del 2015; cfr. altresì Cass. nn.
25067, 25068, 25069 del 2015); a tale principio la sentenza impugnata ha dato
corretta attuazione, avendo ritenuto la fondatezza della domanda degli
appellati sulla base delle loro allegazioni e avendo recepito gli esiti della
CTU, accertando che la Società non aveva prodotto alcuna idonea documentazione
dalla quale evincere la concessione di ore di riposo compensativo rivolta al
recupero del mancato riposo entro la fine della terza settimana, in ottemperanza
al disposto di cui all’art. 8, co. 1, del Regolamento CEE n.3280 del 1985;

in definitiva, il ricorso va rigettato; le spese,
come liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza;

in considerazione del rigetto del ricorso,
sussistono i presupposti per il versamento, da parte della ricorrente,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso.

 

P.Q.M.

 

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
rimborso delle spese del giudizio di legittimità nei confronti dei controricorrenti,
che liquida in Euro 200 per esborsi, Euro 3.500,00 per compensi professionali,
oltre spese generali nella misura forfetaria del 15 per cento e accessori di
legge.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento
da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello
stesso art. 13.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 ottobre 2019, n. 25135
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: