Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 ottobre 2019, n. 26452

Collaborazione coordinata e continuativa, Assenza di un
progetto, Sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato, Licenziamento
orale, Inefficacia

 

Rilevato che

 

1. E.L.Z. convenne in giudizio la D. s.r.l. e la
R.R.I. s.p.a. e chiese che si accertasse che il rapporto intercorso con la D.
s.r.l., sin dal 1991, a decorrere dal gennaio 2003 si era svolto con le
modalità tipiche della collaborazione coordinata e continuativa ed in assenza
di un progetto. Conseguentemente chiese che, ai sensi degli artt. 61, 69 e 86 d.lgs. n. 276 del 2003, qualificato
il rapporto come lavoro subordinato la D. fosse condannata al pagamento delle
differenze retributive maturate dal gennaio 2003, o in subordine del novembre
2004. Chiese inoltre la condanna della società al pagamento dei contributi in
favore dell’Inps ovvero alla costituzione, in favore della lavoratrice, di una
rendita vitalizia. Qualificato inoltre il recesso della D. s.r.l. come
licenziamento, domandò che se ne accertasse l’inefficacia in quanto oralmente
intimato, con conseguente condanna al pagamento delle retribuzioni maturate
fino al ripristino del rapporto o in subordine alla reintegrazione nel posto di
lavoro ed al risarcimento del danno pari alle retribuzioni maturate dal
licenziamento alla reintegrazione. Infine chiese che, accertata l’esistenza tra
la D. s.r.l. e la R. s.p.a. di un contratto di appalto, quest’ultima fosse
condannata il solido, ai sensi dell’art.
29 del d.lgs. n. 276 del 2003 o dell’art. 1676
cod. civ., al pagamento di tutto quanto dovuto dalla società appaltatrice.

2. Il Tribunale di Roma rigettò le domande e la
Corte di appello respinse il gravame della Z..

2.1. Il giudice di secondo grado ritenne che non
sussistessero i presupposti per ricondurre l’attività svolta dalla ricorrente
nell’ambito di un rapporto di collaborazione coordinata e continuativa.
Evidenziò infatti che la Z. aveva genericamente allegato che I’ attività di
traduzione era assoggettata al coordinamento della società D. ma non aveva in
alcun modo specificato in che modo tale coordinamento si era esplicato. Osservò
che al contrario era risultato che l’attività di traduzione dei sottotitoli per
film e programmi destinati alle reti R. , che costituiva l’oggetto
dell’incarico affidato alla ricorrente, era stata svolta in assoluta autonomia,
presso l’abitazione o nei locali della società, senza alcuna ingerenza da parte
della D., compensata in relazione alla quantità di lavoro effettuato (tariffa
concordata per minuto di film o di programma tradotto) e svincolata dal tempo
impiegato per provvedervi. Inoltre accertò l’occasionalità della prestazione,
relativa a circa quattro programmi al mese per i quali la stessa ricorrente
aveva dichiarato che era necessario un tempo di due – tre ore per ogni lavoro.
In mancanza di prova dell’esistenza di una collaborazione coordinata e
continuativa la Corte di merito ritenne che non fosse necessario confrontarsi
con la questione della natura assoluta o relativa della presunzione prevista
dall’art. 69 del d.lgs. n. 276 del
2003 non senza sottolineare che neppure era stato dedotto dalla ricorrente
di non rientrare in una delle ipotesi di esclusione di cui all’art. 61 secondo
comma (rapporti di durata non superiore a trenta giorni da qualificare come
occasionali) per le quali non è necessaria l’individuazione del progetto o
programma di lavoro.

3. Per la cassazione della sentenza ha proposto
ricorso E.L.Z. sulla base di tre motivi ulteriormente illustrati con memoria.
Resistono con controricorso la D. s.r.l. e la R. – R.I. s.p.a.

 

Considerato che

 

4. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la
violazione e falsa applicazione dell’art. 2094 cod.
civ. dell’art. 409 cod. proc. civ. degli artt. 61, 62 e 69 d.lgs. n. 276 del 2003, degli artt. 2222 e 2230 cod.
civ., dell’art. 132 cod. proc. civ. in
relazione all’art. 360 primo comma nn. 3 e 5 cod.
proc. civ. nonché dell’art. 12 delle preleggi
e dell’art. 2697 cod. civ..

4.1. Sostiene la ricorrente che la Corte avrebbe
falsamente applicato alla fattispecie concreta i principi correttamente
enunciati in tema di collaborazione coordinata e continuativa, lavoro a
progetto e lavoro autonomo. Nell’ escludere che ricorressero i presupposti per
inquadrare la prestazione tra quelle parasubordinate e per ravvisare i
presupposti per l’applicazione dell’art.
61 del d.lgs. n. 276 del 2003, la Corte avrebbe trascurato di considerare
alcuni elementi decisivi per qualificare la prestazione in tal senso quali
l’utilizzo di strumenti della società, l’elevato carattere tecnico
dell’attività di traduzione, i tempi ristretti di esecuzione imposti, la
frequenza dello svolgimento della prestazione, il coordinamento spazio
temporale definito anche con note circolari.

4.2. Erroneamente, poi, il giudice di secondo grado
avrebbe ritenuto irrilevante accertare se la presunzione di subordinazione
avesse carattere assoluto o relativo. In un caso (presunzione assoluta) avrebbe
dovuto ritenere la subordinazione stante la mancanza di progetto, in un altro
(presunzione relativa) avrebbe dovuto procedere all’accertamento della sua
sussistenza.

4.3. Osserva poi che il riferimento al lavoro
occasionale sarebbe errato tenuto conto del fatto che la prestazione si era
protratta per 17 anni e quindi per più di trenta giorni e con un compenso senz’altro
superiore ai € 5000,00. Conseguentemente ritiene che a fronte di tale diversa
qualificazione il giudice avrebbe dovuto procedere a calcolo della giusta
retribuzione applicando il c.c.n.I. del commercio.

5. Con il secondo motivo di ricorso la Z. denuncia
l’omesso esame di un fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, in
relazione all’art. 360 primo comma n. 5 cod. proc.
civ.. Osserva la ricorrente che la sentenza non avrebbe affatto preso in
esame la circostanza dell’avvenuto utilizzo da parte della lavoratrice delle
attrezzature della D. e le peculiari modalità di svolgimento della prestazione.
Infine si duole dell’omesso esame da parte del giudice di appello della dedotta
inefficacia del licenziamento.

6. Le censure devono essere esaminate congiuntamente
e sono destituite di fondamento.

6.1. La Corte di appello ha proceduto ad un’accurata
ricostruzione del rapporto intercorso tra la Z. e la D. s.r.l., società
appaltatrice di alcune attività di produzione e distribuzione anche per conto
della R. s.p.a. ed ha accertato che l’attività svolta dall’odierna ricorrente
si caratterizzava per l’assoluta autonomia nelle modalità di svolgimento, nei
tempi che erano vincolati solo alla consegna del prodotto finale (traduzioni di
sottotitoli) negli orari in cui veniva eseguita e nell’occasionalità della
stessa. In concreto ha verificato infatti che, sebbene protrattosi per diversi
anni il rapporto era caratterizzato da una saltuarietà (non più di quattro
prestazioni al mese) e dalla limitazione dell’impegno necessario in relazione
alle singole richieste (non più di due o tre ore per esaurirle). In concreto
dunque ha verificato l’insussistenza di una continuità e l’assenza di direttive
specifiche diverse da quelle che comunque sussistono nel caso di una
prestazione autonoma, dove ciò che rileva sono il prodotto finale ed i tempi di
consegna.

6.2. La Corte territoriale si è così attenuta ai
principi enunciati da questa Corte che ha in più occasioni affermato che in
caso di prestazioni che, per la loro natura intellettuale, mal si adattano ad
essere eseguite sotto la direzione del datore di lavoro e con una continuità
regolare, anche negli orari, ai fini della qualificazione del rapporto come
subordinato oppure autonomo il primario parametro distintivo della
subordinazione, intesa come assoggettamento del lavoratore al potere
organizzativo del datore di lavoro, deve essere necessariamente accertato o
escluso mediante il ricorso ad elementi sussidiari, che il giudice deve individuare
in concreto – con accertamento di fatto incensurabile in cassazione, se immune
da vizi giuridici e adeguatamente motivato – accordando prevalenza ai dati
fattuali emergenti dal concreto svolgimento del rapporto (cfr. Cass. 28/03/2003
n. 4770, 13/04/2012 n. 5886, 01/09/2014 n.
18476).

7. Anche il terzo motivo di ricorso non può essere
accolto.

7.1. La Corte ha spiegato le ragioni per le quali ha
ritenuto le allegazioni poste a fondamento anche delle richieste istruttorie
generiche e, di conseguenza, le ha ritenute irrilevanti. A fronte di tale esame
il ricorso della Z. non è sufficientemente specifico e non pone il Collegio
nella condizione di comprendere, dalla lettura dello stesso, se effettivamente
la ricostruzione del giudice di appello fosse fallace.

7.2. Restano assorbite le altre questioni che
attengono alla produzione del contratto collettivo.

8. In conclusione il ricorso va rigettato e le
spese, liquidate in dispositivo, vanno poste a carico della ricorrente soccombente
anche davanti a questa Corte. Ai sensi dell’art. 13 comma 1 – quater del D.P.R. n.
115 del 2002, va dato atto della sussistenza dei presupposti per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del
giudizio di legittimità che si liquidano, in favore di ciascuna delle
controricorrenti, in € 3.000,00 per compensi professionali, € 200,00 per
esborsi, 15% per spese forfetarie oltre agli accessori dovuti per legge.

Ai sensi dell’art. 13 comma 1 – quater del D.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 13-bis dello stesso articolo 13.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 17 ottobre 2019, n. 26452
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: