Il limite dei 3.000 € quale ammontare massimo del premio “detassabile” va verificato nel momento in cui il dipendente esercita l’opzione per la conversione del premio in welfare, mentre, ai fini della detassazione IRPEF, rileva il momento in cui il dipendente sceglie il fringe benefit. Resta escluso dai benefici il convivente di fatto.
Nota a AdE Risposta 27 giugno 2019, n. 212
Francesco Palladino
Con l’interpello n. 212/2019 l’Agenzia delle entrate ha chiarito alcuni aspetti afferenti la conversione del premio di risultato in welfare precisando, in particolare, da un lato, il momento esatto in cui bisogna verificare il valore del benefit (ovverosia il valore del premio di risultato convertito in welfare) ai fini della detassazione del medesimo, e, dall’altro, l’impossibilità di includere i c.d. “conviventi di fatto” tra i beneficiari delle prestazioni ai sensi dell’art. 51 TUIR (il problema si poneva, in questo caso, in quanto l’art. 51, co. 2, lett. d-bis), f), f-bis) e f-ter) TUIR, riconosce la non concorrenza al reddito dei benefit ivi indicati anche nell’ipotesi in cui siano erogati ai familiari indicati nell’art. 12 TUIR).
Nella vicenda in esame, il contratto collettivo stipulato tra l’azienda istante e le rappresentanze sindacali permetteva ai dipendenti della prima di fruire, a titolo di welfare aziendale, di opere e servizi (previdenza complementare, assicurazione sanitaria, buoni spesa, ecc.) anche a due anni di distanza dalla conversione del premio di risultato; tali benefit potevano, inoltre, essere erogati anche ai conviventi di fatto dei dipendenti. Vi era, dunque, un differimento temporale tra il momento in cui il dipendente esercitava l’opzione per la conversione del premio in welfare ed il momento in cui esso fruiva dei relativi fringe benefit.
Con l’istanza d’interpello in argomento l’istante chiedeva chiarimenti all’Agenzia delle entrate circa il momento esatto in cui bisognava verificare il rispetto del limite del valore del premio detassabile (3.000 euro) ed il momento in cui assumeva rilevanza, ai fini IRPEF, l’erogazione del fringe benefit; infine poneva un dubbio all’Amministrazione finanziaria circa la possibilità di accordare i vantaggi fiscali anche in caso di erogazione dei benefit ai conviventi.
L’Agenzia delle entrate, nel rispondere ai quesiti dell’istante, prende le mosse dall’art. 1, co. 182 e ss., della L. n. 208/2015, il quale ha introdotto nell’ordinamento un regime fiscale di favore che prevede l’applicazione di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e dell’addizionale regionale e comunale nella misura del 10% ai premi di risultato di ammontare variabile erogati in base a incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione entro il limite di 3.000 euro lordi. Il successivo co. 184 della citata legge attribuisce al dipendente la facoltà di ricevere i premi di risultato sotto altre specifiche forme (ad esempio buoni pasto, rimborsi sulle spese sanitarie sostenute, pagamento dell’asilo nido, mense, tasse universitarie, libri di testo, contributi previdenziali e assistenziali) beneficiando di una loro detassazione ai fini IRPEF, nel rispetto di taluni limiti e condizioni previsti dalla stessa norma. Al riguardo si precisa che la legge di Bilancio 2017 ha introdotto misure di particolare favore nelle ipotesi in cui il premio di risultato sia erogato, su scelta del dipendente, sotto forma di contribuzione alla previdenza complementare o a casse aventi esclusivamente fini assistenziali o sotto forma di assegnazione di azioni, prevedendo che tali erogazioni in natura non concorrano alla determinazione del reddito di lavoro dipendente anche se effettuate in misura superiore ai limiti previsti dalle disposizioni e, in caso di assegnazione di azioni, senza rispettare le condizioni ivi stabilite.
L’Agenzia delle entrate, in relazione al primo quesito, concernente l’individuazione del momento rilevante ai fini del rispetto del limite di euro 3.000, precisa che, nell’ipotesi di conversione del premio di risultato, il rispetto del suddetto limite annuo deve essere considerato nel momento in cui il dipendente esercita l’opzione per sostituire il premio di risultato con il paniere dei servizi welfare.
Con riferimento, invece, al momento di percezione dei benefit sostitutivi del premio di risultato, da verificare ai fini del rispetto dei limiti previsti dalle disposizioni per accordare la concorrenza al reddito del dipendente, l’Agenzia chiarisce che il momento di percezione (e dunque di “non tassazione”), in base al principio di cassa che governa la determinazione del reddito di lavoro dipendente, coincide con quello in cui il fringe benefit esce alla sfera patrimoniale dell’erogante per entrare in quella del dipendente. Pertanto, tali benefit si considerano percepiti dal dipendente, e conseguentemente esclusi dal reddito nei limiti previsti dall’art. 51 TUIR, nel momento in cui quest’ultimo effettua la scelta dello specifico servizio welfare di cui vuole godere, indipendentemente dal successivo momento in cui il servizio è materialmente utilizzato dal dipendente.
L’Amministrazione finanziaria ritiene infine di poter escludere dai soggetti beneficiari del regime di favore i conviventi di fatto poiché, a parere dell’Ufficio, “il convivente di fatto, non rientrando nella nozione di familiare nel senso previsto dalla legge n. 76/2016, non può fruire del regime di favore previsto dall’art. 51 TUIR” che, come anticipato, riconosce la detassazione dei benefit ivi indicati anche nell’ipotesi in cui questi siano erogati ai familiari “a carico” indicati nell’art. 12 TUIR.