Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 22 ottobre 2019, n. 26961
Inquadramento, Carrellista, Accordo aziendale,
Professionalità acquisita in un determinato arco temporale, Data di efficacia
del trasferimento di azienda
Rilevato che
1. la Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del
2.4.2015, respingeva il gravame proposto dalla s.p.a. S. avverso la decisione
del Tribunale di Lanciano che aveva accolto il ricorso di N.S. riconoscendone
l’inquadramento superiore nella 4° categoria CCNL metalmeccanici, in relazione
alle mansioni di carrellista, a far data dal luglio 2009, in forza dell’accordo
aziendale del 21.4.2006 siglato dalla T.A. s.r.l., il cui ramo d’azienda era da
ultimo confluito nella S.L. s.r.l. e quindi nella S. s.p.a., società incorporante,
con condanna di quest’ultima al pagamento delle correlate differenze
retributive;
2. l’appellante censurava la sentenza di primo grado
nella parte in cui aveva ritenuto applicabile tale accordo all’appellato,
sostenendo che lo stesso potesse trovare applicazione esclusivamente nei
confronti dei lavoratori che avessero maturato un’anzianità di servizio di otto
anni alla data del 21.4.2006 (requisito non posseduto dall’appellato S.), ma la
Corte rilevava che il tenore letterale dell’accordo era nel senso di non fare
riferimento agli anni di anzianità di servizio alla data dell’accordo, quanto
alla maturata professionalità acquisita in un arco temporale non inferiore agli
otto anni, rimanendo svincolato il parametro temporale dalla previsione di un
termine finale di efficacia, diversamente dagli altri due impegni assunti dalla
T.A. nello stesso accordo, facenti riferimento espresso ai contratti “oggi
in atto” ed ai passaggi di livello “alla data odierna”, ad
ulteriore dimostrazione che la pattuizione in questione era svincolata dalla
data dell’accordo. Né, secondo la Corte, assumeva rilievo, in senso contrario,
che quest’ultimo prevedesse un’attuazione diluita in quattro tranches con
cadenza quadrimestrale, in quanto tali cadenze temporali erano tese ad assicurare
una calibrata esecuzione dell’accordo, con modalità compatibili con le esigenze
di bilancio della società datrice di lavoro;
3. quanto al diritto del lavoratore
all’inquadramento nella 4° categoria, la sua maturazione, con riguardo al
raggiungimento degli otto anni richiesti poteva essere ravvisata fino alla data
di efficacia del trasferimento di azienda dalla S.L. s.r.l. alla S. spa dal
1.9.2009. Sino a tale data poteva realizzarsi il diritto di cui all’accordo,
dovendo aversi riguardo come termine ultimo alla stessa e non alle diverse date
del 1.3.2009 o del 20 e 31.7.2009, di comunicazione del verbale di recesso
dall’accordo sindacale del 21.4.2006, poiché il subentro nei rapporti giuridici
della S. s.p.a., che aveva disdettato l’accordo de quo, poteva considerarsi
avvenuto solo nel momento in cui il relativo contratto di fusione per
incorporazione aveva avuto effetto, come risultava dalla comunicazione ex art. 47 I. 428/90. Tale
soluzione appariva in linea con le previsioni del terzo comma dell’art. 2112 c.c., essendo il recesso dal contratto
aziendale avvenuto non prima del momento in cui si erano realizzati gli effetti
della incorporazione della S.L. s.r.l. nella S. s.p.a., in conformità a quanto
previsto dall’art. 2504 bis c.c. (“La
fusione ha effetto quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte
dall’articolo 2504. Nella fusione mediante
incorporazione può tuttavia essere stabilita una data successiva”);
4. considerato che lo S. aveva svolto le mansioni di
carrellista e conduttore di mezzi sin dal luglio 2001, la Corte rilevava che
alla data del 1.9.2009 il predetto aveva maturato il diritto, alla stregua del
requisito temporale richiesto dall’accordo aziendale per l’inquadramento
reclamato;
5. di tale decisione domanda la cassazione la S.
s.p.a., affidando l’impugnazione a tre motivi, illustrati nella memoria
depositata ai sensi dell’art. 380 bis. 1 c.p.c.,
cui resiste, con controricorso, lo S..
Considerato che
1. con il primo motivo, la società denunzia falsa
applicazione dell’accordo aziendale del 21.4.2006, sostenendo che sia errata
l’interpretazione dell’accordo aziendale – in base al suo tenore letterale,
prima che ad un criterio sistematico – laddove la Corte di L’Aquila ha ritenuto
che non siano individuabili delimitazioni temporali per il conseguimento degli
otto anni di servizio utili all’inquadramento nella categoria superiore e che
non avrebbe avuto senso la specificazione, contenuta nell’ultimo capoverso
dell’accordo in questione, secondo cui l’attuazione di tali previsioni
dell’accordo sarebbe avvenuta in quattro tranches con scadenza quadrimestrale,
con decorrenza dal giugno 2006, senza che l’accordo avesse avuto riguardo
letteralmente a ragioni economiche che ne giustificassero tale scansione
temporale;
1.1. l’attuazione diluita non costituiva circostanza
dirimente per escludere la sussistenza di ogni delimitazione temporale per il
riconoscimento del 4° livello, ed anzi la clausola, ove correttamente
interpretata, non avrebbe consentito di ritenere maturato il diritto dello S.
al superiore inquadramento. Proprio la previsione di limiti temporali contenuta
nei precedenti paragrafi dell’Accordo, riferiti agli Organici e Passaggi di
livello, doveva ritenersi confermativa della correttezza della tesi propugnata
dalla difesa della società, essendosi inteso valorizzare e cristallizzare la
situazione in essere al momento della stipula dell’Accordo del 21.4.2006 e non
al periodo successivo, come desumibile anche dal riferimento ai soggetti
(carrellisti e conducenti mezzi) “che abbiano svolto tale attività in modo
continuativo”, dovendo intendersi l’espressione come riferita a coloro che
avessero già maturato la professionalità necessaria. La previsione di quattro
tranches con decorrenza da giugno 2006, a distanza di qualche mese dalla
sottoscrizione dell’accordo, non poteva significare altro che il beneficio era
riferito ai lavoratori già in possesso del requisito degli otto anni di
anzianità nella mansione, altrimenti si sarebbe giunti al paradosso di
riconoscere l’inquadramento ivi previsto anche a chi non avesse ancora maturato
gli otto anni di professionalità nelle mansioni;
1.2. secondo la società, l’interpretazione corretta
dell’accordo, in base ai criteri ermeneutici normativamente previsti, doveva
indurre a ritenere che lo S., assunto nel luglio 2001, non avesse maturato al
21.4.2006 che cinque anni di anzianità nella mansione di carrellista e non
avesse raggiunto gli otto anni richiesti neanche alla scadenza delle quattro
tranches, nel giugno 2007;
2. la ricorrente deduce, con il secondo motivo,
omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, sostenendo che il termine
iniziale di efficacia del recesso dall’accordo del 21.4.2006 non poteva essere
individuato in quello della fusione per incorporazione della S.L. in S. s.p.a.,
ma nella data di effettiva disdetta verbale dell’accordo aziendale del 1.3.2009
e che anche il riferimento all’art. 2112 c.c.
contenuto in sentenza confermava la fondatezza della tesi sostenuta da essa
ricorrente;
3. con il terzo motivo, la S. s.p.a. ascrive alla
decisione impugnata ancora omesso esame circa il recesso del 21.11.2011 da
parte di tutte le società del G.F. e del G.F.I., tra cui anche la S. s.p.a,,
con decorrenza dal 1.1.2012, da tutti i contratti applicati nei rispettivi
Gruppi e da tutti i contratti e accordi aziendali e territoriali vigenti,
compresi quelli contenenti la clausola di rinnovo automatico alla scadenza,
sostenendo che l’accordo de quo non era stata mai applicato dalla S., con
conseguente venir meno della sua efficacia. Aggiunge il rilievo che la sentenza
nulla abbia statuito al riguardo, con conseguente vizio di motivazione;
4. in tema di ricorso per cassazione, l’erronea
indicazione della norma processuale violata nella rubrica del motivo non
determina “ex se” l’inammissibilità di questo se la Corte possa agevolmente
procedere alla corretta qualificazione giuridica del vizio denunciato sulla
base delle argomentazioni giuridiche ed in fatto svolte dal ricorrente a
fondamento della censura, in quanto la configurazione formale della rubrica del
motivo non ha contenuto vincolante, ma è solo l’esposizione delle ragioni di
diritto della impugnazione che chiarisce e qualifica, sotto il profilo
giuridico, il contenuto della censura (cfr. Cass.
23.5.2018 n. 12690, Cass.3.8.2012 n. 14026,
Cass. 30.3.2007 n. 7981, Cass. 5.4.2006 n. 7882)
4.1 nella fattispecie esaminata, in rubrica non
viene dedotta violazione di legge e non vengono indicati i criteri ermeneutici
violati, con riferimento agli artt. 1362 e ss. c.c.,
tuttavia nel corpo del motivo si fa riferimento al criterio letterale ed a
quello dell’interpretazione sistematica dell’atto, che sarebbero stati violati
e la cui corretta applicazione non avrebbe potuto condurre al risultato
interpretativo raggiunto;
4.2. alla stregua di una complessiva valutazione del
tenore del ricorso, deve rilevarsi che risulta essere stata censurata
l’interpretazione dell’accordo sindacale – di cui trascrive l’intero testo e
non solo la parte di interesse, richiamandosene la sede di deposito nei
fascicoli di parte di primo grado, al fine di consentirne l’agevole
rinvenimento – eseguita dalla Corte del merito, laddove si contesta l’erronea
applicazione del criterio ermeneutico letterale, prima ancora di quello
sistematico;
4.3. questa Corte ha più volte affermato che, nel
processo di interpretazione negoziale, va ricostruita la comune volontà dei
contraenti sulla scorta di due elementi principali, ovvero il senso letterale
delle espressioni usate e la ratio del precetto contrattuale (tra le altre:
Cass. n. 5102 del 2015; Cass. n. 12389 del 2003; Cass. n. 6484 del 1994; Cass.
n. 5528 del 1981). Quanto al primo elemento, relativo al senso letterale delle
parole e delle espressioni utilizzate nel contratto, esso rappresenta il primo
e principale strumento esegetico, con la conseguente preclusione del ricorso ad
altri criteri interpretativi, quando la comune volontà delle parti emerga in
modo certo ed immediato dalle espressioni adoperate e sia talmente chiara da
precludere la ricerca di una volontà diversa (cfr., ex plurimis, Cass. n. 4347 del 2015; Cass. n. 110 del 2013; Cass. n. 4176 del 2007;
Cass. n. 28479 del 2005 e, da ultimo, Cass.
28.10.2016 n. 21888). Il criterio non muta nel caso dell’interpretazione di
un contratto collettivo, per cui si è affermato il principio che “ove il
giudice di merito abbia ritenuto che il senso letterale delle espressioni
impiegate dagli stipulanti riveli con chiarezza e univocità la loro volontà
comune, cosicché non sussistano residue ragioni di divergenza tra il tenore
letterale del negozio e l’intento effettivo dei contraenti, l’operazione
ermeneutica deve ritenersi utilmente compiuta senza necessità di far ricorso ai
criteri interpretativi sussidiari, il cui intervento si giustifica solo nel
caso in cui siano insufficienti i criteri principali” (in termini: Cass. n. 19357 del 2013). Anche laddove
l’interpretazione letterale non conduca a siffatti esiti decisivi e preclusivi,
o per l’intrinseca equivocità delle espressioni utilizzate o perché incoerente
con ulteriori ed esterni indici rivelatori della volontà delle parti (cfr.
Cass. n. 25840 del 2014), tuttavia non c’è dubbio che il giudice del merito non
possa prescindere dall’esame del testo dell’accordo, trattandosi del passaggio
“prioritario” nel processo ermeneutico (tra le altre v. Cass. n. 5595
e 21243 del 2014), avendo egli il potere-dovere di stabilire se la comune
intenzione delle parti risulti in modo certo ed immediato dalla dizione
letterale del contratto (cfr. in termini Cass. 21888/2016, con richiamo a Cass.
n. 12360 del 2014 ed a Cass. 511 del 1984);
4.4. va anche aggiunto che, in sede di ricorso per
cassazione, per quanto concerne l’interpretazione dei contratti, le censure non
possano risolversi nella mera contrapposizione tra l’interpretazione propugnata
dal ricorrente e quella accolta nella sentenza impugnata, poiché quest’ultima
non deve essere l’unica astrattamente possibile, ma solo una delle plausibili
interpretazioni, sicché, quando di una clausola contrattuale sono possibili due
o più interpretazioni, non è consentito, alla parte che abbia proposto
l’interpretazione poi disattesa dal giudice di merito, dolersi in sede di
legittimità del fatto che sia stata privilegiata l’altra (cfr. Cass. 28.11.2017
n. 28319, Cass. 27.6.2018 n. 16987; in senso analogo Cass. 17.3.2014 n. 125,
Cass. 20.11.2009 n. 24539, parimenti Cass. 15.11.2017 n. 27136, id. Cass. 22.06.2017 n. 15471). La
denuncia della violazione delle regole di ermeneutica esige una specifica
indicazione dei canoni in concreto inosservati e del modo attraverso il quale
si è realizzata la violazione, mentre la denunzia del vizio di motivazione
implica la puntualizzazione dell’obiettiva deficienza e contraddittorietà del
ragionamento svolto dal giudice del merito; nessuna delle due censure può,
invece, risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal
giudice, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente
interpretazione;
4.5. nella motivazione della sentenza impugnata non
è chiaro come il giudice del gravame abbia proceduto per ricercare quale fosse
la comune volontà delle parti collettive: in particolare, non viene
esaurientemente spiegato come possa attribuirsi all’espressione “maturata
professionalità acquisita in un arco temporale non inferiore agli otto
anni” ed a quella “che abbiano svolto tale attività in modo
continuativo” nonché alla prevista attuazione – “quanto sopra verrà
attuato in quattro tranche con scadenza quadrimestrale con decorrenza giugno
2006” – il significato attribuito alle stesse, non facendosi nella
sentenza neanche cenno ad una eventualmente ritenuta equivocità della clausola,
che imponesse il ricorso ad ulteriori canoni ermeneutici. La pronuncia della
Corte distrettuale appare intrinsecamente poco chiara e, per certi versi,
contraddittoria laddove trae dal contenuto dell’accordo il riferimento ad
esigenze di bilancio in realtà non richiamate nel testo come riprodotto ed
esaminato dallo stesso Collegio di gravame, si che le ulteriori argomentazioni
che si leggono come confermative dell’interpretazione offerta in realtà
appaiono insufficienti a sorreggere il decisum;
4.6. in particolare, non si chiarisce come, sulla
base della sola interpretazione letterale anche della ulteriore clausola
prevedente l’attuazione in quattro tranches con scadenza quadrimestrale, con
decorrenza giugno 2006, senza ulteriore indicazione circa la non necessaria
consecutività dei quadrimestri, si sia ritenuta come legittimata dalla lettura
del testo contrattuale l’acquisizione del diritto anche a notevole distanza
dalla scadenza dell’ultimo quadrimestre, laddove peraltro il testo dell’accordo
era riferito ad un’attuazione di quanto previsto in relazione all’acquisizione
del diritto, che pertanto non poteva essere interpretata in modo avulso dal
contesto letterale riferito ad ogni altra clausola idonea a chiarire il senso
complessivo dell’accordo relativo alla valorizzazione delle risorse umane che
si era intesa perseguire;
5. il motivo scrutinato merita pertanto
accoglimento, laddove gli altri due motivi sono all’evidenza assorbiti per
effetto dell’accoglimento del primo;
6. in relazione al motivo accolto la sentenza
impugnata deve essere cassata, con rinvio al giudice indicato in dispositivo,
il quale si uniformerà a quanto statuito, regolando, altresì, le spese del
presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Accoglie il primo motivo, dichiara assorbiti gli
altri, cassa la decisione impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia
alla Corte di appello di L’Aquila in diversa composizione, cui demanda di
provvedere anche alla liquidazione delle spese del presente giudizio di
legittimità.