Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 ottobre 2019, n. 27336

Amministratore delegato, Contratto in regime di consulenza,
Contratto di lavoro autonomo per lo sviluppo dei progetti e la produzione e la
vendita dei programmi, Qualifica di dirigente, Qualificazione del rapporto di
lavoro

Fatti di causa

 

1. R.S., conveniva in giudizio la F.O.H.B. (H.) e la
F.I. s.p.a. (controllata) ed esponeva di aver lavorato alle dipendenze della H.
quale amministratore delegato dal 30 ottobre 1998 al 31 dicembre 2009.
Precisava che in data 1 giugno 2008 la H. stipulava con il S. un accordo che,
in sostituzione dei precedenti che si erano succeduti fin dal 30 ottobre 1998
(quando la società acquistando la M. aveva acconsentito alla sua nomina ad
Amministratore delegato), prevedeva che il rapporto sarebbe proseguito con le
condizioni indicate nel contratto in regime di consulenza.

2. Rammentava che in data 12.11.2009 aveva stipulato
un contratto di consulenza con la controllata nel quale le parti
sottoscrivevano una rinuncia a pretese connesse al rapporto di amministrazione
tra loro intercorrente e che, in data 21.12.2009 si era dimesso dalla carica di
consigliere di amministrazione e di amministratore delegato della H. a far data
dal 31.12.2009.

3. Deduceva di aver successivamente stipulato con la
controllata un contratto di lavoro autonomo per lo sviluppo dei progetti e la
produzione e la vendita dei programmi, come richiesto anche dalla H. (allora la
G.) e che, anche in quel contratto, era contenuta una rinuncia.

4. Rammentava che il rapporto di Executive Producer
con la controllata era cessato, come convenuto, il 30.9.2010, così come
confermato da questa in data 8.10.2010.

5. Tanto premesso, chiedeva che venisse accertata e
dichiarata a far data dal 30 ottobre 1998 o da altra data successiva
l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato a tempo indeterminato con
attribuzione della qualifica di dirigente ai sensi dell’art. 1 del C.C.N.L. Dirigenti
Industria o del diverso contratto ritenuto applicabile alle dipendenze della F.
O. Group BV (già G. L, BV ed anche quale subentrante di P. T. LTD e,
successivamente alla F. LTD e alla F. Group LTD) ovvero, in via subordinata,
del Gruppo F. costituito quanto meno dalla F.O.H.B. e dalla F.I. s.p.a.. In
ulteriore subordine formulava la domanda nei confronti della F.I. s.p.a..
Chiedeva per l’effetto la condanna delle convenute, chiamate in giudizio, al
pagamento della somma di € 1. 826.185,57, comprensiva degli accessori maturati
a far data dal 31 marzo 2011 a titolo di differenze retributive maturate e non
erogate ed al pagamento della contribuzione dovuta su tutte le somme, comprese
quelle erogate in corso di rapporto, oltre che al pagamento degli interessi
legali e della rivalutazione monetaria dal 1 aprile 2011 al pagamento
effettivo. Domandava la corresponsione dell’integrazione del dividendo del 7,5%
sull’EBITA ai sensi dell’art. 4.3 del contratto del 1 giugno 2008 che quantificava
in € 10.000,00, oltre accessori di legge. Chiedeva la condanna della F.I.
s.p.a. al pagamento in suo favore dell’integrazione del compenso variabile ai
sensi dell’art. 8 lett. b) del contratto 8 febbraio 2010 che quantificava in €
32.805,42 di cui € 15.517,42 per la produzione “S.” ed € 17.288,00
per la produzione “T.”, oltre oneri finanziari a decorrere dal 1
febbraio 2011 ai sensi dell’art. 8.5 del contratto dell’8 febbraio 2010 o
quanto meno gli interessi legali e la rivalutazione monetaria dalla maturazione
del diritto al saldo. In ultimo chiedeva la condanna della H. o, in subordine,
anche in solido della F.I. al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti
per effetto dell’illegittima estromissione dalle attività dirette alla
predisposizione del bilancio della controllata relativo all’esercizio del 2009
demandandone al giudicante la quantificazione ai sensi dell’art. 1226 cod. civ. oltre interessi e
rivalutazione monetaria.

6. Si costituivano le convenute eccependo
l’inammissibilità ed infondatezza delle pretese azionate e chiedendo, in via
riconvenzionale, la condanna del S. al risarcimento del danno per mala gestio
che quantificavano in € 869.867,00.

7. Il Tribunale di Roma, rigettate le istanze
istruttorie, respingeva sia le domande del S. che quelle formulate in via
riconvenzionale dalle convenute.

8. La Corte di appello, investita del gravame
principale del S. e di quello incidentale della F. Overseas H. B.V. li ha
rigettati entrambi, fatta eccezione per il motivo formulato dall’appellante
principale sul capo delle spese di lite che, diversamente dal giudice di primo
grado, inalterata la liquidazione, ha compensato per metà tra la H. ed il S.
ponendo a carico di quest’ultimo la restante metà.

9. La Corte territoriale ha ritenuto in primo luogo
che tra il S. e le società convenute fosse effettivamente intervenuta una
rinuncia a tutte le pretese connesse al ruolo di Amministratore delegato svolto
fino al 31.12.2009 ed ha perciò accertato che, di tutte le domande formulate,
residuassero solo quelle sub c) e d) per l’importo di € 10.000,00 ed €
32.805,42 relative all’omesso integrale pagamento del compenso variabile
convenuto nei contratti del 1.6.2008 e dell’8.2.2010 che ha ritenuto del pari
infondate osservando che, quanto al primo dei due compensi, non era credibile
che la società, dopo aver corrisposto al S. in un lasso temporale di undici
anni un compenso di oltre € 5.300.000, avesse poi inserito una disposizione in
bilancio apposita per evitare tale erogazione evidenziando che la mail del 7
maggio 2010 non poteva essere interpretata come una ricognizione di debito ma
piuttosto come la formalizzazione di una proposta transattiva.

10. Con riguardo al compenso variabile del 25%, poi,
ha evidenziato che, come convenuto tra le parti, la H. aveva inoltrato tutte le
indicazioni relative ai criteri di calcolo ed ai costi di produzione, da
detrarre dal profitto di produzione, mentre il S. non aveva mai chiesto, come
avrebbe potuto e dovuto, una verifica contabile mostrando invece di accettare
le somme come quantificate.

11. Pur affermando che la questione, riproposta,
della subordinazione dal 1998 restava assorbita dalle considerazioni già
esposte, la Corte di merito ha comunque ritenuto che la censura mossa alla
sentenza di primo grado oltre che generica fosse infondata. Il giudice di
secondo grado ha osservato infatti che il Tribunale aveva correttamente
applicato alla fattispecie i principi dettati in materia dalla Cassazione,
procedendo ad un analitico esame critico della documentazione prodotta. Ha
escluso poi che alla fattispecie possa trovare applicazione l’art. 69 del d.lgs n. 276 del 2003
stante il disposto dell’art. 61
comma 3 dello stesso decreto.

12. Ha accolto in parte la censura che investiva il
capo della condanna alle spese e le ha compensate, in parte, con la sola H.
avuto riguardo alla reciproca soccombenza verificatasi.

13. Quanto alla riconvenzionale, oggetto
dell’appello incidentale, la Corte territoriale ha confermato la statuizione
del Tribunale che aveva escluso che fosse stata offerta una prova rassicurante
dei fatti posti a fondamento della pretesa risarcitoria.

14. Per la cassazione della sentenza propone ricorso
R.S. affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso la F. Overseas H.
B.V.. Fissata per la decisione in camera di consiglio il Procuratore generale
ha concluso per il rigetto del ricorso. Entrambe le parti hanno depositato
memoria ai sensi dell’art. 380 bis. 1 cod. proc.
civ.. A seguito di rinvio a nuovo ruolo la causa è stata quindi per la
decisione nell’odierna pubblica udienza.

 

Ragioni della decisione

 

15. Con il primo motivo di ricorso è denunciata la
violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 cod.
civ. in relazione all’art. 360 primo comma n. 3
cod. proc. civ. Sostiene il ricorrente che erroneamente la Corte di appello
ha ritenuto opponibile anche alla Fremantemedia Overseas H. B.V. la rinuncia
prevista dal capo 17 del contratto del 12.11.2009 reiterata con il contratto
dell’8.2.2010, sebbene si trattasse di contratti stipulati dal ricorrente con
la controllata, nonostante che sul punto si era formato in primo grado un
giudicato interno.

16. La censura, generica, è inammissibile.

16.1. Nel ricorso non è infatti riportata, se non
per brevi stralci, il contenuto della sentenza in relazione al quale, per
effetto di un mancato puntuale appello, si sarebbe formato il giudicato e si
tratta di riproduzione necessaria per poter apprezzare se, effettivamente, vi
era una statuizione suscettibile di passare in giudicato.

17. Il secondo motivo di ricorso, con il quale è
censurata la sentenza per avere, in violazione e falsa applicazione degli artt. 1372 e 2113 cod.
civ. esteso l’efficacia della rinuncia alla H. che non era parte del
negozio stipulato tra il ricorrente S. e la F.I. s.p.a., è inammissibile.

18. Si tratta infatti di doglianza che, piuttosto
che censurare sotto il profilo di una violazione dei canoni ermeneutici
l’interpretazione data dalla Corte al contenuto della rinuncia sottoscritta dal
S. (che la Corte di merito ha inteso come riferita al rapporto di
amministrazione intercorso con le varie società susseguitesi e non tanto al
contratto di amministrazione) pretende dal Collegio una nuova e diversa lettura
degli atti che contengono la rinuncia che non è consentita al giudice di
legittimità poiché sottende un riesame del merito che in questa sede è
precluso.

19. Il terzo motivo di ricorso investe la
statuizione della sentenza che ha esteso l’efficacia della rinuncia ai diritti
maturati nell’anno 2009, ivi compreso il TFR, violando, assume il ricorrente,
con falsa applicazione degli artt. 1362, 2113 e 2120 cod. civ.,
il principio della maturazione del TFR alla data di cessazione del rapporto di
lavoro. Ad avviso del S. dalla rinuncia, di cui trascrive il contenuto, sono
esenti “i compensi relativi all’anno 2009 maturati e maturandi (…) fino
al 31.12.2009”. Inoltre, con riguardo al T.F.R., il ricorrente deduce che
si tratta di erogazione che, entrando nella disponibilità del lavoratore solo
alla data di cessazione del rapporto (avvenuta il 31.12.2009), non poteva
costituire oggetto della rinuncia se quest’ultima non lo indicava
esplicitamente.

20. La censura è destituita di fondamento per
l’assorbente ragione che la rinuncia risulta essere stata formulata avendo
riguardo al rapporto di “amministrazione” intercorso tra le parti e,
come è stato condivisibilmente accertato, copriva anche la qualificazione del
rapporto di lavoro e tutti gli istituti economici conseguenti. A ciò si
aggiunga che il giudice di primo grado ha accertato, con sentenza che sul punto
non è stata impugnata, che non era ravvisabile nel rapporto di lavoro
intercorso tra le parti la reclamata subordinazione.

21. E’ invece fondato il quarto motivo di ricorso
con il quale il S. deduce la violazione degli artt. 61 e 69 del d.lgs. n. 276 del 2003.

22. Va rammentato che ai sensi dell’art. 61 comma 3 ultimo capoverso del
d.lgs. n. 276 del 2003 sono esclusi dal campo di applicazione del Capo I
del Titolo VII del citato decreto legislativo, nel quale sono dettate le regole
sul lavoro a progetto e sul lavoro occasionale, “i componenti degli organi
di amministrazione e controllo delle società e i partecipanti a collegi e
commissioni, nonché coloro che percepiscono la pensione di vecchiaia”.

23. Rileva al riguardo il Collegio che, mentre per
quanto concerne l’esenzione prevista per i titolari di pensione si tratta di
qualità che è opponibile a qualunque terzo, atteso che lo status di pensionato
è rilevante e rilevabile da qualunque soggetto che si avvalga della prestazione
resa in regime di collaborazione coordinata e continuativa, con un rapporto
prevalentemente personale, diverso è invece il caso in cui l’esenzione dai
limiti previsti dalla disciplina delle collaborazioni coordinate e continuative
consegua alla qualità di componente di un organo di amministrazione e controllo
di una società. In tale ultimo caso occorre tenere conto che la ratio
dell’esonero va ravvisata nella peculiare natura del rapporto che lega la
società al suo amministratore o controllore. Tale vincolo giustifica il venir
meno della necessità di approntare, per il caso di un parallelo rapporto, i
presidi che la legge ha posto a garanzia della genuinità della collaborazione
coordinata e continuativa instaurata consistenti nell’esistenza di uno o più
progetti o programmi, nella gestione in autonomia da parte del collaboratore
tenuto solo al risultato, nell’esistenza di un coordinamento tra la gestione
autonoma del progetto e l’organizzazione del ricorrente. Solo l’univocità degli
interessi perseguiti nello svolgimento di un’attività gestoria in favore della
società e dell’attività di collaborazione con la società stessa, pur protratta
e ad essa coordinata esclude l’applicabilità delle disposizioni limitative
dettate dalla norma e preclude la convertibilità del rapporto.

24. Nel caso in esame è incontroverso tra le parti
che il S. non aveva nei riguardi della H. alcun rapporto di amministrazione o
controllo che la legava invece alla società F.M. s.p.a. controllata dalla F.M.
H. B.V. Conseguentemente, alla luce delle considerazioni sopra esposte, nessun
rilievo poteva avere quella carica nel valutare l’esistenza di un legittimo
rapporto di collaborazione con la H. e per tale aspetto, allora, la sentenza
deve essere sul punto cassata.

25. L’ultimo motivo di ricorso, che investe la
statuizione sulle spese da parte del giuddice di appello che, secondo il
ricorrente, in violazione degli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. nonostante la prevalente
soccombenza della controparte le ha compensate,resta assorbito
dall’accoglimento del quarto motivo.

26. In conclusione rigettati i primi tra motivi ed
assorbito il quinto la sentenza deve essere cassata in relazione
all’accoglimento del quarto motivo di ricorso e rinviata alla Corte di appello
di Roma che, in diversa composizione, dovrà procedere ad un nuovo esame della
legittimità del rapporto di collaborazione intercorso tra il S. e la F.M. H.
BV. Alla Corte del rinvio è demandata poi la regolazione delle spese del
processo ivi comprese quelle del giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Rigetta i primi tre motivi di ricorso. Accoglie il
quarto. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di
appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del
giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 24 ottobre 2019, n. 27336
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