Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 ottobre 2019, n. 27011
Tributi, IRPEF, Abuso del ricorso al contratto di lavoro a
tempo determinato da parte di una pubblica amministrazione, Risarcimento danno
per perdita di “chance”, Indennità, Esenzione, Rimborso ritenute subite,
Diritto, Sussiste
Ritenuto che
L’Agenzia delle Entrate ricorre per la cassazione
della sentenza della CTR del Lazio, meglio indicata in epigrafe, che, in
controversia su diniego di istanza di rimborso IRPEF, per l’anno 2011, delle
somme trattenute dal Ministero dell’Istruzione, Università e Ricerca a titolo
di IRPEF a seguito della sentenza del Tribunale di Viterbo – pronunciata per
l’illegittimità dei contratti a termine stipulati in successione dal Ministero
in assenza del presupposto di legge e condannando quest’ultimo al risarcimento
del danno – ha accolto l’appello della S..
In particolare, la C.T.R. ha ritenuto che “il
risarcimento cui il MIUR sia stato condannato non ha una funzione costitutiva o
integrativa del reddito del percipiente; non è sostitutivo della retribuzione
da cui potrebbe discendere l’assoggettamento a tassazione, avendo, piuttosto,
natura meramente ristoratrice”, riconoscendo il diritto al rimborso.
S. S. si costituisce con controricorso e deposita
successiva memoria.
Considerato che
Con l’unico motivo di ricorso l’Ufficio lamenta
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 d.P.R. 917/1986, in
relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, giacché
la CTR ha escluso l’assoggettabilità a tassazione delle indennità risarcitorie
percepite dalla contribuente in virtù della sentenza del Tribunale di Viterbo,
sez. Lavoro.
Il motivo è infondato.
Le Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza
n.5072 del 15 marzo 2016, hanno affermato il principio di diritto secondo cui :
«in materia di pubblico impiego privatizzato, il danno risarcibile di cui all’art. 36, comma 5, del d.lgs.
n. 165 del 2001, non deriva dalla mancata conversione del rapporto,
legittimamente esclusa sia secondo i parametri costituzionali che per quelli
europei, bensì dalla prestazione in violazione di disposizioni imperative
riguardanti l’assunzione o l’impiego di lavoratori da parte della P.A., ed è
configurabile come perdita di “chance” di un’occupazione alternativa
migliore, con onere della prova a carico del lavoratore, ai sensi dell’art. 1223 c.c.». Anche la giurisprudenza successiva
(Cass. Sez. 6 – 5, Ord. n. 4657 del 2019) in analoga fattispecie, ha precisato
che nel regime del lavoro pubblico contrattualizzato in caso di abuso del
ricorso al contratto di lavoro a tempo determinato da parte di una pubblica
amministrazione il dipendente, che abbia subito la illegittima precarizzazione
del rapporto di impiego, ha diritto, fermo restando il divieto di
trasformazione del contratto a tempo determinato a tempo indeterminato posto
dall’art.36, comma 5,
d.lgs.n.30 marzo 2001 n.165, al risarcimento del danno previsto dalla
medesima disposizione, con esonero dell’onere probatorio, nella misura e nei
limiti di cui all’art.32, comma
5, legge 4 novembre 2010 n.183.
Attribuita, pertanto, all’importo corrisposto alla
S., in virtù dei superiori principi, natura risarcitoria da perdita di chance
(ovvero di risarcimento di danno comunitario) estranea ai rapporti di lavoro
posti in essere nella legittima impossibilità di procedere alla loro
conversione, va affermato che gli importi riconosciuti dal Giudice del lavoro
quale risarcimento del danno ex art.36, comma 5, d.lgs.n.
165/2001, non sono assoggettabili a tassazione ex art.6, comma 1, del d.P.R. n.917/86.
Ne consegue il rigetto del ricorso; le spese seguono
la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna l’Agenzia delle Entrate
al pagamento delle spese, liquidate in €. 1.000,00, oltre spese ‘ generali
nella misura forfetaria del 15% e accessori di legge.