Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 novembre 2019, n. 28517
Appalto di servizi di pulizia, Illegittima unilaterale
riduzione dell’orario lavorativo, Risarcimento, Accertamento
Fatto
Con sentenza del 13 agosto 2014, la Corte d’appello
di Venezia rigettava i due distinti appelli riuniti proposti da P.I. s.p.a.
avverso le sentenze di primo grado, che l’avevano condannata al pagamento, in
favore di C. F., T. B., S. D. e Z. S. D. B. (tutte dipendenti di W. W.
s.c.ar.l., consorziata del Consorzio Italiano Cooperativo L., quale appaltatore
di servizi di pulizia commessi da P. I. s.p.a.), dei crediti maturati dalle
lavoratrici nei confronti della propria datrice a titolo risarcitorio per
illegittima unilaterale riduzione dell’orario lavorativo, quale responsabile ai
sensi dell’art. 29, secondo comma
I. 276/2003.
A motivo della decisione, la Corte territoriale
riteneva applicabile il regime di responsabilità in oggetto anche alle
pubbliche amministrazioni (qualora operanti in qualità di committenti e non di
datrici di lavoro: dovendosi interpretare la previsione di inapplicabilità del decreto legislativo 276/2003, a norma dell’art. 1,
secondo comma d.lg. cit., “per le pubbliche amministrazioni e per il loro
personale”, alla stregua di endiadi coincidente con l’espressione
“personale delle pubbliche amministrazioni”) e pure pertanto a P. I.,
anche prescindendo dalla sua qualificazione come ente pubblico pur dopo la
trasformazione in s.p.a. Essa reputava quindi compreso nella locuzione
normativa “trattamenti retributivi” anche il credito risarcitorio per
illegittima unilaterale riduzione dell’orario lavorativo, siccome integrante un
trattamento economico riconosciuto alle lavoratrici, in relazione alle modalità
di svolgimento della prestazione e corretta la liquidazione del Tribunale, ad
esse spettando l’intero trattamento retributivo pattuito anche in caso di
unilaterale sospensione parziale del rapporto di lavoro. Infine, la Corte
veneziana ribadiva il rigetto della domanda di garanzia (o di regresso) di P.
I. s.p.a. nei confronti del Consorzio Italiano Cooperativo L., in quanto non
titolare di una responsabilità diretta per i crediti in oggetto, siccome
mandatario delle imprese consorziate.
Con atto notificato l’11 (16 e 20) febbraio 2015, la
società ricorreva per cassazione con cinque motivi; le lavoratrici e il
Consorzio intimati non svolgevano difese; la causa, inizialmente fissata in
adunanza camerale era rinviata a nuovo ruolo, in difetto dei presupposti e
rifissata all’odierna pubblica udienza.
Motivi della decisione
1. Con il primo motivo, la ricorrente deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 29, secondo comma d.lg. 276/2003,
per erronea estensione della responsabilità solidale della committente agli
importi dovuti dal datore di lavoro per ore di lavoro convenute nei contratti
di lavoro individuale e collettivo ma non prestate per unilaterale riduzione
dell’orario lavorativo.
2. Con il secondo, essa deduce violazione e falsa
applicazione dell’art. 29, secondo
comma d.lg. 276/2003, per erronea estensione della responsabilità solidale
della committente, prevista per i soli crediti di natura retributiva e
contributiva, anche a quelli di natura risarcitoria, quali appunto quelli
conseguenti ad illegittima unilaterale riduzione dell’orario lavorativo.
3. La ricorrente deduce poi: con il terzo,
violazione e falsa applicazione dell’art. 29, secondo comma d.lg. 276/2003,
in combinato disposto con gli artt. 1292, 1294, 1298, 1299 c.c.; con il quarto, violazione e falsa
applicazione dell’art. 34, primo
comma, lett. B) d.lg. 163/2006 e I. 422/1909; e con il quinto, violazione e
falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1366 c.c. in
relazione agli artt. 17, 19 e 20 del contratto “Rep. B/20/08 del 29
febbraio 2008 stipulato tra P. I. s.p.a. e il Consorzio Italiano Cooperativo L.
Con essi, congiuntamente formulati, la società si
duole del mancato riconoscimento del proprio diritto di regresso, quale
committente, nei confronti del Consorzio L. coobbligato in solido, in quanto
soggetto contraente con P. I. s.p.a., assuntosi gli obblighi di rispetto
dell’applicazione, nei confronti dei lavoratori impiegati, del regime
contrattuale collettivo vigente e individuale adottato, quale diretto
interlocutore in assenza di alcun rapporto con la consorziata World Warking s.c.ar.l.,
datrice delle quattro lavoratrici, inadempiente ai propri obblighi di corretta
utilizzazione per l’orario convenuto.
4. I primi due motivi, congiuntamente esaminabili
per evidenti ragioni di connessione, sono fondati.
4.1. Occorre premettere che, in tema di
responsabilità solidale del committente con l’appaltatore di servizi, la
locuzione “trattamenti retributivi”, contenuta nell’art. 29, secondo comma d.lg. 276/2003,
deve essere interpretata in maniera rigorosa, nel senso della natura
strettamente retributiva degli emolumenti che il datore di lavoro risulti
tenuto a corrispondere ai propri dipendenti, in quanto elementi integranti la
retribuzione, per l’istituzione di un nesso di corrispettività sinallagmatica
con la prestazione lavorativa; dovendo invece l’applicabilità del predetto
regime di responsabilità essere esclusa per le somme liquidate a titolo di
risarcimento del danno (Cass. 19 maggio 2016, n. 10354; Cass. 30 ottobre 2018,
n. 27678).
Queste, infatti, lungi dall’intrattenere una
relazione di collegamento causale con il rapporto di lavoro, hanno una matrice
radicata su un nesso meramente occasionale con esso (Cass.
1 dicembre 1998, n. 12168; Cass. 17 luglio
2003, n. 11212; Cass. 21 luglio 2008, n. 20087; Cass. 8 agosto 2012, n.
14290; Cass. 8 settembre 2014, n. 18852).
4.2. E così è per i crediti maturati dalle odierne
lavoratrici nei confronti della propria datrice a titolo risarcitorio per
illegittima unilaterale riduzione dell’orario lavorativo; posto che, tanto ai
sensi della disciplina dettata dall’art. 5 d.l. 726/1984 (Cass. 11 dicembre 2014, n. 26109), tanto ai sensi
dell’art. 5 del d.lg. 61/2000, la
trasformazione del rapporto di lavoro subordinato a tempo pieno in rapporto a
tempo parziale non può avvenire a seguito di determinazione unilaterale del
datore di lavoro, in ogni caso necessitando del consenso scritto del lavoratore
(Cass. 17 luglio 2006, n. 16169). E ciò perché, configurando la modalità oraria
un elemento qualificante della prestazione oggetto del contratto part-time, la
variazione, in aumento o in diminuzione, del monte ore pattuito, costituisce
una novazione oggettiva dell’intesa negoziale inizialmente concordata (Cass. 6
dicembre 2016, n. 25006; Cass. 19 gennaio 2018, n.
1375).
Sicché, la variazione unilaterale da parte del
datore dell’orario di lavoro del dipendente da tempo pieno a parziale integra
un’alterazione illegittima del trattamento economico pattuito, nel senso della
sua riduzione non concordata (pure esigente la forma scritta), senza tuttavia
la prestazione di attività lavorativa, né alcuna messa a disposizione di
energie lavorative: a differenza dell’ipotesi, pur sempre riguardante
l’illegittima utilizzazione della prestazione lavorativa diversamente
dall’orario pattuito, di illegittimità delle cosiddette clausole elastiche, che
consentono al datore di lavoro di richiedere “a comando” la
prestazione lavorativa dedotta in un contratto part – time e da cui consegue
l’integrazione del trattamento economico, atteso che la disponibilità alla
chiamata del datore di lavoro, di fatto richiesta al lavoratore, pur non
potendo essere equiparata a lavoro effettivo, comporta una maggiore penosità ed
onerosità della prestazione lavorativa per la messa a disposizione delle
energie lavorative per un tempo maggiore di quello effettivamente lavorato, con
la conseguente difficoltà di programmazione di altre attività (Cass. 23 gennaio 2009, n. 1721; Cass. 20 marzo 2018, n. 6900).
E allora, la natura risarcitoria del compenso
relativo a detta variazione unilaterale, per il quale il riferimento alla
retribuzione ha valore di mero parametro di liquidazione, esclude la
responsabilità solidale di P. I. s.p.a.
5. Dalle superiori argomentazioni, assorbenti gli
altri motivi, discende allora l’accoglimento dei motivi scrutinati, con la
cassazione della sentenza e rinvio, anche per la regolazione delle spese del
giudizio di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa
composizione.
P.Q.M.
Accoglie i primi due motivi, assorbiti gli altri;
cassa la sentenza e rinvia, anche per la regolazione delle spese del giudizio
di legittimità, alla Corte d’appello di Venezia in diversa composizione.