Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 novembre 2019, n. 28750

Cessione di ramo di azienda, Diritto al trasferimento alle
dipendenze della azienda cessionaria, Accertamento

 

Fatti di causa

 

1. Con la sentenza n. 3801 del 2016 la Corte di
appello di Napoli ha confermato la pronuncia n. 19381/2013, emessa dal
Tribunale della stessa sede, con cui erano state respinte le domande svolte da
R. O. nei confronti della S. I. C. spa e della S. C. spa dirette
all’accertamento del suo diritto al trasferimento alle dipendenze della azienda
cessionaria (S. C. spa) e contestuale condanna alla costituzione del rapporto
di lavoro nonché al pagamento delle retribuzioni maturate.

2. A fondamento della decisione i giudici di seconde
cure hanno ritenuto, analogamente a quanto rilevato dal Tribunale, la
fondatezza dell’eccezione di decadenza ex art. 32 della legge n. 183 del 2010
– dettata dall’intento di stabilizzare le posizioni giuridiche delle parti in
virtù di una esigenza, nel caso di cessione di ramo di azienda, di conoscere
con precisione quanti lavoratori facessero parte dell’organico ceduto-
precisando che, anche a volere escludere l’applicabilità nella fattispecie
dell’art. 32 co. 4 lett. c),
comunque sarebbe stata applicabile la successiva lettera d) del medesimo comma
disciplinante tutte le ipotesi in cui si fosse dovuta accertare l’esistenza di
un rapporto di lavoro alle dipendenze del terzo quale preteso titolare
effettivo. Quanto alla individuazione del dies a quo del termine di decadenza,
non ravvisandosi nella fattispecie un provvedimento scritto del datore di
lavoro rivolto ai lavoratori non coinvolti dalla cessione (come la O. che,
esclusa, rivendicava il suo diritto al trasferimento) se non gli obblighi di
comunicazione di cui all’art. 47
della legge n. 428 del 1990, il suddetto termine andava comunque
individuato nella data di trasferimento (prorogato per il regime intertemporale
al 31.12.2011).

3. Avverso la decisione di secondo grado ha proposto
ricorso per cassazione R. O. affidato a due motivi.

4. Hanno resistito con autonomi controricorsi la S.
I. C. spa in liquidazione e la S. C. spa.

5. Le parti hanno depositato memorie.

 

Ragioni della decisione

 

1. I motivi possono essere cosi sintetizzati.

2. Con il primo motivo la ricorrente denunzia la
violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 co. 4 lett. c) e d) della
legge n. 183 del 2010 nonché degli artt. 2964,
2965, 2966, 2967 cc, in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c., perché, in primo luogo, la
previsione della lettera c) dell’art.
32 co. 4 citato era irriferibile al caso concreto che riguardava l’opposta
ipotesi in cui il lavoratore chiede l’accertamento del rapporto di lavoro con
la società cessionaria senza impugnativa della cessione di azienda o del ramo
di azienda; in secondo luogo perché, anche in relazione alla norma aperta della
lettera d) del sopra citato articolo, comunque emergeva la necessità di
individuare un termine di decorrenza della decadenza certo e riconducibile ad
un evento portato a conoscenza del soggetto nei cui confronti opera il termine
decadenziale: ciò non era ravvisabile nella fattispecie in esame; in terzo ed
ultimo luogo perché non era stato considerato che la lettera d) del comma
quarto del citato art. 32, a
differenza delle tre precedenti, non prevedeva alcun termine decadenziale come,
invece, precisato nelle eventualità di atti di interruzione del rapporto di
lavoro ovvero di atti incidenti sul contratto di lavoro che sono invece
accompagnati necessariamente da comunicazione scritta inviata al lavoratore
destinatario.

3. Con il secondo motivo si censura la violazione
e/o falsa applicazione dell’art.
32 co. 4 lett. c) e d) della legge n. 183 del 2010 nonché degli artt. 2697, 2727 e
2729 cc, nonché degli artt. 115 e 116 c.p.c.
e dell’art. 47 legge n. 428/1990,
in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.; si
deduce, poi, l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato
oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 n. 5 c.p.c., anche sotto il profilo
dell’esame apparente e/o perplesso e/o incomprensibile. La O. lamenta al
riguardo l’erroneità della argomentazione contenuta nella sentenza gravata
circa la ritenuta “conoscenza quanto meno presuntiva della cessione”
da parte del singolo lavoratore, non potendosi considerare la circostanza
dimostrata né con il criterio del “fatto notorio” né con quello delle
presunzioni di cui all’art. 2729 cc per
mancanza, in entrambe le ipotesi, dei presupposti previsti dalla legge.

4. Viene eccepita, infine, in via subordinata
l’eccezione di illegittimità costituzionale della lettera d) quarto comma dell’art. 32 della legge n. 183 del 2010,
qualora si aderisca alla interpretazione dei giudici di seconde cure e, nel
merito, si reiterano tutte le allegazioni prospettate nei precedenti gradi di
giudizio.

5. Il primo motivo è fondato.

6. Preliminarmente occorre precisare che, in
relazione all’applicabilità dell’art.
32 co. 4, tanto con riferimento alla lettera c) quanto in relazione alla
lett. d), relativamente alle operazioni di trasferimento di azienda, nel caso
in esame non si è formato alcun giudicato interno per mancata impugnazione da
parte della ricorrente.

7. Invero, la problematica circa l’applicabilità
della lett. c) del citato art. 32
è stata pacificamente contestata nella censura, nella parte in cui è stato
specificato che la previsione in essa contenuta riguardava l’ipotesi in cui il
lavoratore impugnava la cessione di azienda ex art.
2112 cc e non, invece, quando la rivendicava.

8. In ordine, invece, alla irriferibilità anche
della fattispecie di cui alla lettera d), deve precisarsi che non qualunque
asserzione contenuta nella motivazione di una sentenza è suscettibile di
passare in giudicato, riferendosi l’art. 329 cpv soltanto alla sequenza logica
“fatto – norma – effetto giuridico” attraverso la quale si afferma
l’esistenza di un fatto sussumibile sotto una norma che ad esso ricolleghi un
dato effetto giuridico (cfr. Cass. n. 14670/2015; Cass. n. 4572/2013; Cass. n.
16583/2012).

9. Nel caso concreto, la ricorrente -nel primo
motivo di ricorso- ha contestato, sia pure sotto il profilo della
individuazione della decorrenza della decadenza, l’applicabilità dell’art. 32 co. 4 lett. d) della legge
n. 183 del 2010 di cui ha eccepito, in via subordinata, anche la illegittimità
costituzionale della norma, nella vicenda in esame, per cui sicuramente non si
può ritenere essersi formata una statuizione definitiva, secondo il criterio
sopra enunciato, con riguardo alla pacifica operatività di tale disposizione.

10. Ciò premesso, giova evidenziare che l’art. 32 co. 4 della legge n. 183 del
2010 prevede che: «Le disposizioni di cui all’articolo 6 della legge 15 luglio
1966, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si applicano
anche: a) ai contratti di lavoro a termine stipulati ai sensi degli articoli 1, 2 e 4 del decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368, in corso di esecuzione alla data di
entrata in vigore della presente legge, con decorrenza dalla scadenza del
termine; b) ai contratti di lavoro a termine, stipulati anche in applicazione
di disposizioni di legge previgenti al decreto
legislativo 6 settembre 2001, n. 368, e già conclusi alla data di entrata
in vigore della presente legge, con decorrenza dalla medesima data di entrata
in vigore della presente legge; c) alla cessione di contratto di lavoro
avvenuta ai sensi dell’articolo 2112 del codice
civile con termine decorrente dalla data di trasferimento; d) in ogni altro
caso in cui, compresa l’ipotesi prevista dall’art. 27 del decreto legislativo 10
settembre 2003 n 276, si chieda la costituzione o l’accertamento di un
rapporto di lavoro in capo ad un soggetto diverso dal titolare del contratto».

11. Come detto, la fattispecie di cui è processo
riguarda l’ipotesi in cui il lavoratore non impugna la cessione del contratto
di lavoro nell’ambito di un trasferimento ex art.
2112 cod. civ. ma, all’inverso, la rivendica.

12. Rileva il Collegio che sicuramente non è
applicabile la ipotesi prevista dalla lettera c) del comma quarto dell’art. 32 della legge n. 183 del 2010.

13. I precedenti di legittimità di questa Corte -cui
si intende dare seguito- sono concordi nel sottolineare che la previsione di
cui all’art. 32 co. 4 lett. c)
della legge n. 183 del 2010 deve intendersi come relativa alle ipotesi in
cui il lavoratore contesti “la cessione del contratto” o, meglio, il
passaggio del rapporto di lavoro, mentre restano estranee alla stessa le
ipotesi in cui il lavoratore voglia avvalersi del trasferimento di azienda
(formalmente deliberato dal datore di lavoro cedente) e, quindi, di ottenere il
riconoscimento del passaggio e della prosecuzione del rapporto di lavoro in
capo al cessionario oppure chieda di accertare l’avvenuto trasferimento di
azienda che assuma realizzato in fatto e, quindi, la prosecuzione del rapporto
di lavoro col cessionario (cfr. Cass n. 13648 del 2019; Cass. n. 13179 del
2017; Cass. n. 9469 del 2019; Cass n. 9750 del 2019).

14. Più problematica è, invece, la questione, nel
caso de quo, dell’applicabilità del comma quarto lett. d) dell’art. 32 della legge n. 183 del 2010.

15. A tal uopo è opportuno premettere che la ratio
dell’art. 32 della legge
citata è stata quella di estendere ad una serie di ipotesi ulteriori la
previsione dell’art. 6 della
legge n. 604 del 1966 (previamente modificato) sull’impugnativa
stragiudiziale, originariamente limitata al licenziamento (Cass. n. 13648 del 2019).

16. La finalità è quella, riconosciuta in sostanza
anche dalla Corte territoriale, di contrastare pratiche di rallentamento dei
tempi del contenzioso giudiziario che finirebbero per provocare una
moltiplicazione degli effetti economici in caso di eventuale sentenza
favorevole e di stabilizzare le posizioni giuridiche delle parti in situazioni
in cui si ha l’esigenza di conoscere, con precisione ed entro termini
ragionevoli, se e quanti lavoratori possono far parte dell’organico aziendale.

17. Tuttavia, trattandosi di una limitazione
temporale per l’esercizio dell’azione giudiziaria di non poco conto, tanto da
dovere ritenere che la norma oggetto di esame abbia carattere di eccezionalità,
si impone una interpretazione particolarmente rigorosa, soprattutto con
riguardo alla fattispecie di chiusura prevista dall’art. 32 co. 4 lett. d) legge
citata (Cass. n. 13179 del 2017).

18. Tale rigorosità, proprio perché riferita ad una
clausola “aperta” di natura eccezionale, deve confrontarsi
necessariamente con i limiti previsti dalla nostra Costituzione (artt. 2, 111 e 117), dal diritto euro-unitario (art. 47 della
Carta di Nizza, in considerazione della natura della controversia che riguarda
il tema della successione in un ramo di azienda) e dal diritto convenzionale (artt. 6 della Convenzione Europea
dei Diritti dell’Uomo), nel senso che occorre pur sempre tenere conto dei
possibili profili di illegittimità con riguardo ad un ambito applicativo di
tipo estensivo o analogico della norma in questione, caratterizzata dalla
previsione di un istituto eccezionale da integrare sistematicamente in una
norma di chiusura.

19. Sempre sotto il profilo esegetico della legge,
va ribadito che l’interpretazione letterale è il primo criterio interpretativo
e, solo quando questo non sia chiaro ed univoco, il significato e la connessa
portata precettiva possono essere integrati con l’esame complessivo del testo e
della “mens legis” (Cass. n. 5128 del 2001; Cass. n. 12081 del 2003; Cass. n. 24165 del 2018).

20. Orbene, proprio avendo riguardo ad una
interpretazione letterale, deve porsi l’attenzione sull’aggettivo usato dal
legislatore nella lettera d) del comma quarto dell’art. 32, vale a dire allorquando
è stata specificata la locuzione “in ogni altro caso in cui, compresa
l’ipotesi prevista dall’art. 27
del decreto legislativo 20.9.2003 n. 276 …. “.

21. La prima considerazione che viene in rilievo è
quella secondo la quale con il termine “altro” si siano volute
escludere le fattispecie riconducibili, in qualche modo, a quelle già regolate
dalle diverse lettere della norma in questione.

22. Se, pertanto, il fenomeno della cessione del
contratto di lavoro, avvenuta ai sensi dell’art.
2112 cc, è stata già disciplinata dal legislatore (lett. c), nella misura
in cui risulta essere stata precisata e limitata da questa Corte di
legittimità, non può poi una fattispecie relativa allo stesso fenomeno, ma
posta in termini differenti e già esclusa dalla ipotesi tipizzata, considerarsi
disciplinata dalla norma di chiusura di natura eccezionale.

23. Quando il legislatore, infatti, ha voluto
specificare che una particolare situazione rientrasse nell’ambito applicativo
della disposizione “aperta”, nonostante la stessa potesse ritenersi
in qualche modo disciplinata nelle ipotesi di cui alle lettere precedenti o
potesse avere punti di contratto con esse, lo ha specificato chiaramente, come
per esempio con il richiamo espresso all’art. 27 del D.lgs. n. 276 del 2003.

24. In caso contrario, si avvalorerebbe una
interpretazione irragionevolmente estensiva ed avulsa dalla lettera della
legge.

25. Il secondo argomento, da tenere in
considerazione, è invece costituito dall’esito di un esame complessivo della
clausola di cui alla lett. d) citata, nel senso che essa, per come formulata,
presuppone la sussistenza di una sorta di “contatto” lavorativo
pregresso tra lavoratore e soggetto diverso dal titolare del contratto (cfr.
Cass. n. 13179 del 2017 in tema di cambio appalto).

26. Tale “contatto” certamente non è
ravvisabile nella situazione di un lavoratore escluso che rivendichi la
cessione del proprio contratto di lavoro nei confronti del cessionario,
nell’ambito di un trasferimento ex art. 2112 cod.
civ., perché non si è in presenza di alcuna azione diretta a contrastare
fenomeni interpositori o comunque di contitolarità del rapporto di lavoro, ma
unicamente del riconoscimento del diritto a rientrare nel gruppo dei lavoratori
oggetto della cessione in favore della impresa terza cessionaria.

27. Alla stregua di quanto esposto, pertanto, il
primo motivo del ricorso deve essere accolto mentre resta assorbita la
trattazione del secondo.

28. La sentenza gravata va, pertanto, cassata in
relazione al motivo accolto e la causa va rinviata alla Corte di appello di
Napoli, in diversa composizione, che procederà a nuovo esame della fattispecie
di cui è processo attenendosi al principio di diritto secondo cui «le
disposizioni di cui all’art. 32
co. 4 lett. c) e d) della legge n. 183 del 2010, relative al regime di
decadenza ivi previsto, non si applicano alle ipotesi nelle quali, in tema di
cessione di contratto di lavoro ex art. 2112 cc,
il lavoratore escluso chieda l’accertamento del suo diritto al trasferimento
alle dipendenze dell’azienda cessionaria».

29. Il giudice del rinvio provvederà, altresì, alla
regolamentazione delle spese anche del presente giudizio di legittimità.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il primo motivo, assorbito il secondo;
cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello
di Napoli, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese
del giudizio di legittimità.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 07 novembre 2019, n. 28750
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: