Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 08 novembre 2019, n. 28929
Cancellazione dalla Gestione Commercianti, Ripristino del
rapporto assicurativo-previdenziale, Pensione di invalidità, Contratto di
associazione in partecipazione
Rilevato che
il Tribunale di Torino, in funzione di giudice del
lavoro, respinse il ricorso col quale Z. C. aveva chiesto, in via principale,
l’annullamento del provvedimento dell’Inps di cancellazione dalla Gestione
Commercianti del 23.5.2008, con ripristino del rapporto assicurativo-previdenziale
nella suddetta Gestione per il periodo 18.12.1997 – 31.12.2007, oltre che della
pensione di invalidità IOCOM 37040768 a decorrere dall’1.6.2007, e, in via
subordinata, l’iscrizione nella Gestione Separata per lo stesso periodo, con
trasferimento ed utilizzo dei contributi versati in tale arco temporale;
la Corte d’appello di Torino, investita
dall’impugnazione di Z. C., ha rigettato il gravame (sentenza del 6.8.2013)
dopo aver rilevato che l’appellante aveva continuato a versare contributi alla
Gestione Commercianti pur avendo consapevolmente perso tale qualità per aver
stipulato in data 11.12.1997 un contratto di associazione in partecipazione con
G. S. e che contestualmente era stata cancellata dal registro delle imprese la
società in nome collettivo, in precedenza costituita tra i due soggetti, che
fondava l’iscrizione alla gestione commercianti;
la stessa Corte ha, altresì, osservato che per la
figura di associato in partecipazione rivestita da Z. dal dicembre del 1997 al
dicembre del 2003 non era prevista contribuzione, per cui l’Inps non era tenuto
ad iscriverlo ad una qualche gestione, mentre a partire dall’1.1.2004 il
medesimo avrebbe potuto essere iscritto alla Gestione Separata ai sensi dell’art. 43 del D.L. n. 269/2003,
convertito in legge n. 326/2003, ma l’Inps
aveva già provveduto in tal senso il 13.4.2010;
infine, per quel che concerneva il trasferimento e
l’utilizzo dei contributi versati da Z. alla Gestione Commercianti, la Corte di
merito ha spiegato che per la parte ancora a credito di quest’ultimo,
ammontante ad euro 10.148,04, l’Inps ne aveva disposto il rimborso, pur non
avendo l’appellante provveduto ad incassare tale importo;
per la cassazione di tale decisione propone ricorso
Z. C. con due motivi, cui resiste l’Inps con controricorso;
Considerato che
1. col primo motivo il ricorrente denunzia la
violazione e falsa applicazione degli artt. 3 – 21 nonies della legge n. 241/1990,
la violazione dei principi di lealtà e di collaborazione tra la Pubblica
Amministrazione ed il privato, nonché la violazione del principio
dell’affidamento creato nel privato destinatario dell’azione amministrativa;
2. in pratica, il ricorrente ritiene, contrariamente
a quanto affermato dalla Corte d’appello, che il provvedimento di cancellazione
della posizione contributiva per il venir meno del presupposto dell’iscrizione
alla relativa gestione equivaleva di fatto all’annullamento o alla revoca del
precedente provvedimento della sua iscrizione alla Gestione Commercianti Inps,
per cui, dovendosi qualificare come provvedimento emesso in sede di autotutela,
l’adozione dello stesso soggiaceva al rispetto dei principi di cui alla legge n. 241/90, tra i quali quello dell’obbligo
della motivazione
3. invece, nella fattispecie il contestato
provvedimento di cancellazione del 23.5.2008 era privo di motivazione, ne
l’Inps aveva tenuto conto dell’affidamento ingenerato dal perdurare
dell’iscrizione e del versamento dei contributi alla Gestione Commercianti per
tutto il tempo trascorso prima della stessa cancellazione;
4. il motivo è infondato per le seguenti ragioni: la
Corte d’appello di Torino ha posto bene in evidenza che la comunicazione Inps
del 23.5.2008 non era un provvedimento di autotutela, in quanto non si versava
in un’ipotesi di annullamento di un atto amministrativo in origine illegittimo,
dal momento che i presupposti per l’iscrizione alla Gestione Commercianti
originariamente sussistevano, ma semplicemente si era in presenza di un caso di
cancellazione di un’impresa dalla Gestione Commercianti per essere venuto meno
ad un certo punto il presupposto dell’iscrizione stessa, tanto che la
cancellazione era stata sollecitata dallo stesso Z. con richiesta del
25.2.2008, attraverso la quale il medesimo aveva dichiarato di aver cessato
l’attività il 31.12.2007;
5. quindi, secondo la logica deduzione della Corte
di merito, il provvedimento del 23.5.2008 altro non era che la risposta alla
richiesta di Z. C., con la precisazione che la cancellazione era stata
effettuata con decorrenza dal 18.12.1997, essendo risultato dagli accertamenti
svolti che la società era stata cancellata dal registro delle imprese da
allora;
6. in pratica, Z. C. aveva continuato a versare
contributi alla Gestione Commercianti pur avendo consapevolmente perso tale
qualità per aver stipulato in data 11.12.1997 un contratto di associazione in
partecipazione con G. S., tanto che contestualmente era stata cancellata dal
registro delle imprese la società in nome collettivo, in precedenza costituita
tra i due soggetti, che fondava l’iscrizione alla gestione commercianti;
7. ne consegue che non ha pregio il rilievo del
ricorrente secondo cui l’adozione del contestato provvedimento avrebbe dovuto
essere eseguita in base alle regole di cui alla legge
n. 241/90, essendo, al contrario, corretta la ricostruzione giuridica
operata dalla Corte territoriale nei termini di semplice comunicazione di un
provvedimento di cancellazione, peraltro sollecitato dal medesimo iscritto alla
gestione, una volta accertato che erano venuti meno i presupposti per il mantenimento dell’iscrizione stessa;
8. col secondo motivo il ricorrente deduce
violazione e falsa applicazione dell’art. 44, comma 8, del decreto-legge
n. 269/2003 (convertito nella legge n. 326/2003),
nonché vizio di motivazione in ordine ad un fatto controverso e decisivo per il
giudizio, assumendo che la norma appena citata prescrive inderogabilmente
l’obbligo di “allineamento” dell’archivio Inps a quello delle Camere
di Commercio, senza che sia possibile desumere, come ha fatto la Corte
d’appello, il carattere meramente programmatico di tale norma;
9. inoltre, non poteva essere addossato ad esso
ricorrente l’effetto negativo della mancata applicazione della suddetta norma,
in quanto se il flusso informativo fosse stato effettivamente attivato l’Inps
non avrebbe adottato il provvedimento contestato ad una notevole distanza di
tempo;
10. il motivo è infondato in quanto non investe la
“ratio decidendi” che è incentrata sul rilievo che nella fattispecie
non trovava applicazione “ratione temporis” la citata norma di cui
all’art. 44, comma 8, del D.L. n.
269/2003, convertito nella legge n. 326/2003
(contemplante l’onere per le Camere di Commercio, industria, artigianato ed
agricoltura, di trasmettere, attraverso la struttura informatica di
Unioncamere, agli enti previdenziali le risultanze delle nuove iscrizioni,
nonché le cancellazioni e le variazioni relative ai soggetti tenuti all’obbligo
contributivo, secondo modalità di trasmissione dei dati concordate tra le
parti), posto che la cancellazione di cui trattasi era del 1997, mentre il
suddetto adempimento per le cancellazioni era previsto solo a decorrere
dall’1.1.2004;
11. inoltre, come correttamente posto in rilievo
dalla Corte territoriale con motivazione adeguata in punto di fatto ed immune
da vizi di ordine logicogiuridico, eventuali ritardi nell’allineamento non
erano tali da sanare la dolosa inerzia di Z. C., il quale aveva omesso per
lungo tempo la dovuta comunicazione all’Inps dell’avvenuta cancellazione
dell’impresa, per cui l’ente di previdenza aveva continuato ad incassare i
contributi relativi alla Gestione Commercianti, dei quali il medesimo iscritto
aveva talora sollecitato l’integrazione, essendo stato indotto in errore
dall’odierno ricorrente;
12. il ricorso va, pertanto rigettato, con condanna
del ricorrente, in base al principio della soccombenza, al pagamento delle
spese del presente giudizio che vengono liquidate come da dispositivo;
sussistono, infine, i presupposti per la condanna del soccombente al pagamento
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto
per il ricorso, a norma dell’art.
13 del d.p.r. n. 115/2002;
P.Q.M.
rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al
pagamento delle spese nella misura di € 4200,00, di cui € 4000,00 per compensi
professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento,
da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo
unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello
stesso art. 13.