Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 novembre 2019, n. 29192

Tributi, IRAP, Azienda di trasporti urbani, Contributi
regionali percepiti a pareggio delle perdite di esercizio, Imponibilità

 

Rilevato che

 

l’Agenzia delle Entrate ricorre, sulla base di un
solo motivo, per la cassazione della sentenza n. 126/25/13 emessa dalla CTR
della Sicilia il 29.4.2013, depositata il 27.5.2013 che, rigettando l’appello
principale dell’ufficio e quello incidentale della A.S.T. s.p.a. a socio unico,
ha confermato la decisione della CTP di Palermo, che aveva ritenuto dovuto alla
società contribuente il rimborso, inutilmente chiesto, della somma complessiva
di € 2.115.383,00, versata a titolo di IRAP per gli anni da 2003 e 2005 sui
contributi regionali, esenti da IRPEG, percepiti dalla suddetta azienda di
trasporti urbani a pareggio delle perdite di esercizio subite negli stessi
anni.

La contribuente intimata resiste mediante
controricorso.

 

Considerato che

 

1. L’Agenzia delle entrate, con l’unico motivo di
ricorso, censura la sentenza impugnata per violazione del d.lgs.15 dicembre 1997, n. 446, art. 11,
comma 3, nel testo risultante dal d.lgs.
30 dicembre 1999, n. 506, art. 1, comma 1, in combinato disposto con la legge 27 dicembre 2002, n. 289, art. 5,
comma 3, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3
cod. proc. civ. Deduce, in tal senso, l’Agenzia che la CTR ha erroneamente
escluso l’imponibilità ai fini IRAP dei contributi regionali, esenti da IRPEG,
percepiti dalla A.S.T. s.p.a. a pareggio delle perdite di esercizio subite
negli stessi anni indicati, ritenendoli correlati in maniera immediata e
diretta a componenti negativi del reddito non ammessi in deduzione, quali sono
i costi relativi al personale dipendente.

1.1. Il motivo supera, innanzitutto, le censure di
inammimissibiltà mosse dalla contribuente.

Inconferente è, invero, il riferimento da parte di
quest’ultima all’art. 348-ter cod. proc. civ.,
in quanto il motivo di ricorso non è formulato ai sensi del n. 5 ma del n. 3
dell’art. 360 cod. proc. civ. ed il suo contenuto
corrisponde effettivamente alla deduzione del vizio di violazione di legge.

Analoga conclusione vale quanto al richiamo alla
disposizione contemplata dall’art. 360-bis, comma
1, n.1 cod. proc. civ., perché fondato su un’erronea interpretazione, da
parte della controricorrente, della giurisprudenza della Corte – come si
esporrà infra – sul tema costituito dalla specifica correlazione, stabilita per
legge, fra contributi pubblici e componenti negativi indeducibili ai fini IRAP:
giurisprudenza che risulta orientata in senso opposto a quello preteso dalla
parte.

Né trova alcun fondamento la censura relativa alla
violazione dell’art. 366 cod. proc. civ., posto
che la critica mossa dall’Ufficio ricorrente è stata rivolta proprio alla
diretta corrispondenza fra contributo erogato e componente negativo costituito
dal costo del lavoro, quindi con specifico e puntuale riferimento alle
argomentazioni addotte dalla CTR a sostegno della propria pronuncia.

2. Tanto osservato, il motivo è fondato.

2.1. A tale riguardo, va precisato che la disciplina
del concorso nella determinazione della base imponibile IRAP dei contributi
erogati dalle Regioni alle imprese esercenti il trasporto pubblico locale è stata
incisa dal d.l. 24 settembre
2002, n.209, art. 3, comma 2-quinquies, convertito con modificazioni nella I. 22 novembre 2002, n. 265, secondo cui, a
decorrere dal 1.1.2003, tali contributi sono inclusi nella base imponibile a
fini dell’IRAP, sebbene non assoggettati alle imposte sui redditi. In tale
quadro normativo, l’art. 5, comma 3,
della legge 27 dicembre 2002, n. 289, ha fornito un’interpretazione
autentica del disposto dell’art. 11,
comma 3, d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 – nel testo risultante dalle
modifiche introdotte dall’art. 1,
comma 1, lett. b), d.lgs. 30 dicembre 1999, n. 506 – nel senso che sono
soggetti all’IRAP anche i contributi esclusi dalla base imponibile delle
imposte sui redditi ed anche ove corrisposti in epoca antecedente al 31
dicembre 2002, salvo diverse disposizioni delle leggi istitutive dei singoli
contributi o altre disposizioni di carattere speciale.

2.2. Alla stregua dell’ormai consolidato indirizzo
interpretativo di questa Corte, al quale il Collegio intende dare continuità
(cfr., in particolare, Cass. Sez. U., 14/10/2009,
n. 21749; Cass. Sez. 6-5, 05/03/2015, n. 4539;
Cass. Sez. 5, 27/07/2016, n. 15571), in tema
di IRAP debbono essere inclusi nel calcolo della base imponibile tutti i
contributi erogati a norma di legge, ivi compresi quelli versati alle imprese
esercenti il trasporto pubblico locale al fine di ripianare i disavanzi di
esercizio, che il d.l. 9
dicembre 1986, n. 833, art. 3, comma 1, (convertito, con modificazioni,
dalla legge 6 febbraio 1987, n. 18) esclude dalla base imponibile ai fini delle
imposte sui redditi, salvo che non si tratti di contributi per i quali
l’esclusione dalla base imponibile sia prevista dalle relative leggi istitutive
ovvero da altre disposizioni di carattere speciale o rispetto ai quali la legge
istitutiva preveda espressamente la specifica correlazione a determinati
componenti negativi non ammessi in deduzione ai fini IRAP.

Ne consegue che, ai sensi dell’art. 11, comma 3, citato, devono
essere esclusi dal calcolo per la determinazione della base imponibile IRAP i
soli contributi di cui la legge istitutiva preveda espressamente l’erogazione
in correlazione ad un componente negativo indeducibile (Cass. Sez. 5, 16/05/2012, n. 7671; Sez. 6 – 5, 05/03/2015, n. 4539, Rv. 634981).

2.3. In tale prospettiva, si è più volte chiarito
che deve certamente escludersi che possa darsi rilevanza ad una correlazione
che non sia specificamente e immediatamente rilevabile e sia ricavata
indirettamente mediante operazioni di proporzionalità tra contributi percepiti e
costi (Cass. 01/03/2007, n. 4838, Rv. 595150 –
01), occorrendo, invece, che la legge regionale prescriva una specifica
destinazione dei contributi alla copertura di componenti negativi non
deducibili; che preveda, cioè, che il contributo sia, anche solo in parte,
precisamente vincolato a tale funzione (Cass. n.
13155 del 2010, cit., e, in senso negativo proprio riguardo alla Regione
Sicilia, Sez. 5, 15/06/2010, n. 14415, Rv.
613829 – 01; Sez. 5, 27/02/2015, n. 4057, Rv.
634739 – 01; Sez. 5, 20/02/2017, n. 9801; Sez.
5. n. 21166/2016; nel senso che non possa valere una semplice dichiarazione circa
l’utilizzo dei contributi da parte delle imprese di trasporto, proveniente
dall’Amministrazione erogatrice, che non trovi riscontro in una previsione di
fonte legislativa: Cass. n. 13160/10, Rv.
613540 – 01). Conf. Cass 8179/19.

In subiecta materia, in particolare, questa Corte
(cfr., fra tutte, Cass. n. 14415/10, cit.) ha
già affermato che le leggi siciliane in materia applicabili alle annualità in
contestazione (I. reg. 14 giugno 1983, n. 68, cui le stesse parti hanno fatto
riferimento, nonché la I. reg. 24 dicembre 1997, n. 46, art. 16), «prevedevano
la corresponsione di un contributo regionale per ripianare genericamente le
perdite di esercizio delle aziende di trasporto pubblico, ma non contenevano
alcuna disposizione che vincolasse tale contributo, o una parte definita di
esso, alla copertura di determinati componenti negativi non deducibili dal
reddito, come le spese per il personale».

2.4. Né vale a dimostrare il contrario il richiamo,
operato da parte della contribuente, al fatto che il decreto assessoriale n.
14/3TR del 16.2.1999 e succ. mod., emesso in attuazione della legge (il cui
art. 6 prevede che “l’assessore regionale per il turismo, le comunicazioni
ed i trasporti, al fine di determinare la misura del contributo di cui all’art.
4 della presente legge, stabilisce annualmente con proprio decreto.. il costo
economico standardizzato del servizio.. con riferimento a criteri e parametri
di rigorosa ed efficiente gestione..:”), abbia correlato il contributo in
esame ai costi da finanziare, fra i quali quello del lavoro ed abbia fornito il
modello di calcolo per la determinazione e liquidazione del contributo stesso.

Invero, occorre considerare che: a) la norma di
legge si limita a delegare l’organo amministrativo a stabilire il costo
economico standardizzato del servizio ed è quest’ultimo ad avere istituito una
correlazione tra il costo standard, al quale è commisurato il contributo
pubblico, ed il costo del personale; all’opposto, la legge non prevede affatto
che il contributo pubblico così come determinato debba essere escluso dalla
base imponibile ai fini IRAP; b) nella medesima prospettiva, questa Corte ha
già precisato (rispetto ai contributi della Regione Lombardia, ma il principio
è chiaramente estensibile alla fattispecie che qui occupa, ricorrendo la
medesima ratio) che neppure rilevano, ai medesimi fini, le indicazioni
desumibili dai modelli di calcolo dei costi economici standardizzati per la
determinazione dell’ammontare dei contributi: invero, ai fini della loro
deducibilità dall’imponibile IRAP non rileva che un determinato costo
indeducibile sia astrattamente considerato come costo standard nella formula
matematica di determinazione dell’ammontare dei contributi medesimi, non
essendo surrogabile la più volte ricordata «specifica previsione, nella legge
istitutiva, della correlazione tra il contributo ed un componente negativo
indeducibile» (così, ancora, Cass. Sez. 5,
16/05/2012, n. 7671; Cass. Sez. 5, 21/05/2014,
n. 11147; sul punto, cfr. anche Cass. sez. VI, 07/10/2015, n. 24581; v.
infine, in motivazione, Cass. Sez. 5, 01/03/2007,
n. 4838, secondo la quale «certamente deve escludersi che possa darsi
rilevanza ad una correlazione che non sia specificamente e immediatamente
rilevabile e sia ricavata indirettamente mediante operazioni di proporzionalità
tra contributi percepiti e costi – non ammessi in deduzione ai fini IRAP –
sopportati»).

3. In conclusione, dunque, il ricorso è fondato e,
non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la controversia può
senz’altro essere decisa nel merito ex art. 384,
comma 2, cod. proc. civ., con il rigetto del ricorso introduttivo della
società contribuente. Alla soccombenza segue la condanna della stessa al
pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio, che
si liquidano in € 13.000,00, oltre spese prenotate a debito. Occorre, infine,
dare atto, ai sensi dell’art. 13,
comma 1-quater, d.P.R. n. 115 del 2002, della non sussistenza dei
presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo
a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma
del comma 1-bis, dello stesso art.
13.

 

P.Q.M.

 

accoglie il ricorso e, decidendo nel merito, rigetta
il ricorso introduttivo della contribuente. Condanna la stessa al pagamento
delle spese del giudizio in favore dell’Agenzia delle entrate, che liquida in €
13.000,00, oltre spese prenotate a debito.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 novembre 2019, n. 29192
%d blogger hanno fatto clic su Mi Piace per questo: