Il diritto al risarcimento del danno terminale, ossia il pregiudizio temporaneo sofferto nella fase finale della vita caratterizzata dalla consapevolezza dell’approssimarsi dell’evento morte, è trasmissibile agli eredi.

Nota a Trib. Venezia 2 agosto 2019, n. 409

Sonia Gioia

In materia di risarcimento del danno, “nel caso in cui intercorra un apprezzabile lasso di tempo tra le lesioni colpose e la morte causata dalle stesse, è configurabile un danno biologico risarcibile (n.d.r.  c.d. danno biologico terminale o “catastrofale”), da liquidarsi in relazione alla menomazione dell’integrità psicofisica patita dal danneggiato per quel periodo di tempo, e il diritto del danneggiato a conseguire il risarcimento del danno è trasmissibile agli eredi iure hereditatis”.

Lo ha affermato il Tribunale di Venezia (2 agosto 2019), in conformità con il consolidato orientamento di legittimità (Cass. n. 18163/2007; Cass. n. 9959/2006; Cass. n. 3549/2004), che ha riconosciuto il diritto al risarcimento del danno “catastrofale” in capo agli eredi di un prestatore deceduto in conseguenza di un mesotelioma contratto sul luogo di lavoro.

Al riguardo, il giudice ha precisato che il diritto al ristoro del danno terminale, consistente nella sofferenza provata dalla vittima nella cosciente attesa della morte seguita dopo un apprezzabile lasso di tempo dalle lesioni, “si acquisisce al patrimonio del danneggiato e quindi è suscettibile di trasmissione agli eredi”. Ciò, a differenza del “danno da perdita del bene vita immediatamente conseguente alle lesioni derivanti da un fatto illecito”, che non è risarcibile iure hereditatis (v. Cass. S.U. n. 15350/2015).

Tale pregiudizio va risarcito “applicando il meccanismo di liquidazione del danno da invalidità temporanea tenuto conto della durata della malattia tra insorgenza e decesso” e del fatto che, se pure temporaneo, tale danno è massimo nella sua entità ed intensità, tanto che la lesione alla salute è così elevata da non essere suscettibile di recupero e da esitare nella morte”.

Nel caso di specie, accertata la responsabilità, ex art. 2087 c.c., della società nella causazione della malattia che ha determinato il decesso, il giudice ha condannato la datrice di lavoro al risarcimento del danno catastrofico iure hereditatis, quantificato dando attuazione ai parametri previsti per la liquidazione del danno biologico psichico nella sua massima personalizzazione. Ciò, utilizzando sia il criterio equitativo che le apposite Tabelle elaborate dal Tribunale di Milano (in conformità con principi di cui alla sentenza n. 12408/2011) e tenendo conto “dell’elevato grado di sofferenza” patita dal prestatore, “tale da giustificare la massima personalizzazione” (in materia di liquidazione del danno catastrofale, infra multis, v. Cass. n. 21976/2007; Cass. n. 18163/2007; Cass. n. 9959/2006 e Cass. n. 1877/2006).

Risarcibilità del danno “catastrofale”
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