Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 19 novembre 2019, n. 30060
Contratto di formazione e lavoro, Titolo di ufficiale di
riscossione, Necessità di formazione e tirocinio, Ore di formazione teorica,
Attività di sportello
Rilevato che
la corte d’appello di Messina ha confermato la
sentenza del Tribunale della stessa città che aveva ritenuto la legittimità del
contratto di formazione e lavoro stipulato da S. Sicilia spa (poi divenuta
Riscossione Sicilia spa) e P.C., sia perché il solo titolo di ufficiale di
riscossione posseduto dal lavoratore non era sufficiente per ritenere che fosse
già in possesso della capacità necessaria per l’esercizio dell’attività,
oggetto del contratto, senza una formazione ed un tirocinio, sia perché era
stato accertato in giudizio, anche sulla base di prove documentali, che il
percorso formativo dì 96 ore era stato effettuato con giornate di attività
esclusivamente dedicate alla formazione, come comprovato dai certificati di
partecipazione a tali corsi .
C.P. ha proposto ricorso per cassazione affidato a
due motivi, a cui ha opposto difese la Riscossione Sicilia spa con
controricorso, poi illustrato da memoria ex art.
380 bis 1 c.p.c.
Considerato che
i motivi hanno riguardato:
1) la violazione e falsa applicazione , ai sensi
dell’art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c., dell’art. 16 comma 2^ della legge n. 451/1994 in
rapporto alla legge n. 863/84, per essersi
limitata la corte di merito a ritenere che la società avesse svolto un’idonea
formazione soltanto per aver rispettato le ore di formazione teorica previste
dal contratto, non considerando che il ricorrente, dopo soli due giorni
dall’assunzione ed una sola lezione di 10 ore, era stato destinato all’attività
di riscossione, addetto allo sportello e quindi fornendo spiegazioni al
pubblico, effettuando notifiche, discarichi ed ogni altra attività di
esecuzione; non avrebbe poi considerato la corte territoriale che il P. aveva
lavorato anche dopo mesi dalla scadenza del contratto di formazione, come si
evinceva dalla copiosa documentazione prodotta, non esaminata né dal primo
giudice né dai giudici del gravame;
2) l’omessa , insufficiente o contraddittoria
motivazione circa un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360 c. 1 n. 5 c.p.c. per avere la corte
contraddittoriamente rilevato che la formazione era stata effettuata
idoneamente attraverso i corsi formativi, senza considerare che le giornate di
corso furono effettuate solo dopo quattro mesi dall’inizio del rapporto di
lavoro, mentre il P. fu affiancato per soli tre giorni da un collega anziano,
prima di essere adibito all’attività di riscossione, senza alcuna fase
formativa per detta attività.
Il ricorso non può trovare accoglimento.
Il primo motivo è inammissibile perché difetta non
solo di specificità, ma anche di autosufficienza, in violazione dell’art. 366 commi 4 e 6 c.p.c.. Il ricorrente deduce
la violazione dell’art. 16 comma 2 della legge
n. 451/1994, che ha definito la fattispecie del contratto di formazione e
lavoro disciplinato dalla precedente legge n. 863/1984, individuando due
tipologie di contratto, la prima mirata alla acquisizione a) di professionalità
intermedie e b) di professionalità elevate , la seconda diretta a stipulare un
contratto mirato ad agevolare l’inserimento professionale mediante esperienza
lavorativa con adeguamento ad un determinato contesto produttivo ed
organizzativo;
non è stato trascritto il contratto stipulato tra le
parti, che non è stato neanche depositato, con violazione dell’art. 366 c. 2 n. 6 c.p.c., al fine di consentire
la verifica dell’oggetto contratto e della formazione in esso descritta e
quindi di comprendere i termini della censura espressa, la quale si presenta
del tutto priva di specificità perché, lungi dall’esprimere una critica alla
modalità di sussunzione, da parte della sentenza impugnata, della fattispecie
concreta del contratto in esame in quella disciplinata dalla norma, si
concentra in realtà su doglianze che riguardano il merito della controversia,
attraverso richiami a quelle che sarebbero state di fatto le modalità di lavoro
del ricorrente nei primi giorni e mesi del rapporto, con adibizione ad attività
di riscossione ed altro, senza alcuna previa formazione, in contrasto con
quanto argomentato dalla corte che aveva ritenuto idonea la formazione teorica
impartita , attraverso corsi formativi documentati in atti;
il secondo motivo , che rubrica erroneamente una
censura di contraddittorietà e insufficienza della motivazione non tenendo
conto della nuova formulazione dell’art. 360 comma
1 n. 5 c.p.c. introdotta dall’art.
54 comma 1 lett. b) del DL n. 83/2912 conv. in legge
n. 134/2012, non merita accoglimento, perché in realtà non indica un fatto
storico oggetto di discussione tra le parti di necessaria decisività, ossia
che, ove esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della lite (Cass. SU n. 8053/ 2014);
ed infatti pur volendosi considerare quale fatto
storico non esaminato, l’assunto di secondo cui la Corte di merito, enumerando
i corsi formativi iniziati nel luglio del 2002, come da documentazione
allegata, non avrebbe tenuto conto che l’assunzione risaliva al marzo 2002,
dunque omettendo di considerare che non vi era alcuna iniziale formazione per
circa quattro mesi, tale argomentazione non nel segno;
ed infatti in motivazione la corte ha dato atto che
vi era prova dell’attività formativa fin dai primi giorni dall’assunzione ma in
particolare, con ulteriore ratio decidendi, la quale non è stata oggetto di
censura, ha poi ritenuto che un generico inadempimento degli obblighi formativi
non avrebbe comunque potuto condurre al riconoscimento della nullità del
contratto di formazione , perché ciò è previsto solo ove non vi sia stata
alcuna formazione per tutto il percorso formativo, mentre invece nel caso di
specie il mancato affiancamento a completamento del percorso formativo non era
riferibile a tutto il periodo previsto dal contratto;
nel caso in cui la decisione di merito, impugnata in
sede di legittimità, si fonda su distinte ed autonome “rationes
decidendi” ognuna delle quali sufficiente, da sola, a sorreggerla, perché
possa giungersi alla cassazione della stessa è indispensabile, da un lato, che
il soccombente censuri tutte le riferite “rationes”, dall’altro che
tali censure risultino tutte fondate (Così Cass. n. 12372/2006);
il ricorso deve pertanto essere respinto, con
condanna del ricorrente, soccombente alla rifusione delle spese del presente
giudizio, liquidate come da dispositivo;
poiché l’ammissione al gratuito patrocinio risulta
essere stata autorizzata dal consiglio dell’ordine degli Avvocati di Messina,
in via provvisoria, va allo stato, accertato l’obbligo di cui all’art. 13 comma 1 quater del DPR n.
115/2002, salvo successiva ammissione definitiva da parte del consiglio
dell’ ordine degli Avvocati di Roma.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese di lite del presente giudizio che liquida in euro 200,00
per esborsi, euro 4000,00 per compensi professionali, oltre spese generali al
15% ed accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater DPR n. 115/2002,
dà atto della sussistenza, allo stato, dei presupposti per il versamento da
parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello per il ricorso, se dovuto, a norma del comma 1 – bis dello stesso art. 13.