Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 21 novembre 2019, n. 30370

Tributi, IRAP, Dottore commercialista e revisore contabile,
Compensi a terzi per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività,
Assoggettamento ad imposta, Esclusione compensi per attività di revisore

 

Rilevato

 

Con differenti istanze il L. F., dottore
commercialista e revisore contabile, chiedeva all’amministrazione finanziaria
il rimborso dell’Irap versata per gli anni dal 1998 al 2005, che riteneva non
dovuta per mancanza del requisito oggettivo dell’autonoma organizzazione, in
quanto, in tesi, nel periodo non si era avvalso di collaboratori; aveva
prestato la propria attività all’interno di uno studio professionale altrui;
aveva ricavato la gran parte dei propri proventi dall’attività di sindaco di
società per la quale non era prevista IRAP.

Formatosi il silenzio rifiuto al rimborso, il
contribuente insorgeva prima dinanzi alla CTP di Mantova e, rimasto
soccombente, proponeva appello dinanzi alla CTR di Brescia che rigettava il
gravame e confermava la sentenza di primo grado. Nel far ciò il giudice di
appello, ripercorreva gli arresti della Consulta e della Cassazione in materia
di autonoma organizzazione e rivendicava la propria competenza circa
l’accertamento di fatto dei requisiti indicativi dell’assoggettamento ad IRAP,
tra cui il riscontro dei pagamenti ricorrenti al collaboratore rag. P. negli
anni 2001, 2002, 2003, 2004 e 2005 di cui si controverte.

Ricorre oggi con due motivi il contribuente.
L’agenzia resiste con controricorso. In prossimità dell’udienza il ricorrente
deposita memoria.

 

Considerato

 

1. Con il primo motivo di ricorso si lamenta
violazione e falsa applicazione dell’art.2
d.lgs. n. 446/1997, in relazione all’art.360,
n.3, c.p.c.: mancanza del presupposto oggettivo dell’IRAP, consistente
nell’esercizio abituale di attività autonomamente organizzata diretta alla
produzione o allo scambio di beni, ovvero alla prestazione di servizi. In buona
sostanza ribadiva l’assenza dei requisiti atti a configurare l’elemento
oggettivo dell’autonoma organizzazione, ma anche, sotto il profilo della
tipologia dei redditi percepiti, la provenienza di buona parte di essi
dall’attività di componente del collegio sindacale e, dunque, lo loro esenzione
dall’IRAP.

Il motivo è fondato per quanto di ragione.

La giurisprudenza di questa Corte, già prima della
pronuncia a S.U. 10 maggio 2016 n.9541, è orientata nel ritenere che i compensi
corrisposti ad un soggetto terzo, che siano connotati dai caratteri della
continuità e regolarità e che siano attinenti allo stesso settore, sono indice
dell’autonoma organizzazione dell’attività e mostrano una modalità di gestione
della professione basata su una sorta di divisione del lavoro.

E’, infatti, principio giurisprudenziale consolidato
quello secondo cui “In tema di IRAP, l’impiego non occasionale di lavoro
altrui, costituente una delle possibili condizioni che rende configurabile
un’autonoma organizzazione, sussiste se il professionista eroga elevati
compensi a terzi per prestazioni afferenti l’esercizio della propria attività,
restando indifferente il mezzo giuridico utilizzato e, cioè, il ricorso a
lavoratori dipendenti, a una società di servizi o un’associazione
professionale”, (ex multis Cass. 18 aprile 2018 n.10977). Con la
conseguenza che i compensi erogati a terzi sono indice di assoggettamento ad
IRAP del professionista ove emerga che siano serviti per compensare attività
strettamente connesse a quella oggetto della professione svolta dal
contribuente, e comunque tale da potenziarne ed accrescerne l’attività
produttiva. (Cass., Sez. 6-5, Ordinanza n. 23557
del 18/11/2016).

Sicché, sotto questo profilo la censura è infondata.

Nondimeno, i giudici del merito hanno omesso di
distinguere e separare l’attività di libero professionista svolta dal
contribuente, da quella di componente del collegio sindacale, ed hanno, anzi,
ritenuto corretto l’assoggettando ad IRAP di tutti i compensi percepiti dallo
stesso contribuente, laddove, invece, per l’attività di sindaco non vi è
soggezione all’imposta.

Invero, l’art.3
comma 1, lett. c del d.lgs. n.446/1997 prevede che “sono soggetti
passivi dell’imposta…le persone fisiche, le società semplici e quelle ad esse
equiparate a norma del predetto testo unico esercenti arti e professioni, art. 5, comma 3, art. 49, comma 1, del medesimo
testo unico”. Il successivo art.8,
poi, dispone che “per i soggetti di cui all’art. 3, comma 1, lett. c), la
base imponibile è determinata dalla differenza tra l’ammontare dei compensi
percepiti e l’ammontare dei costi sostenuti inerenti alla attività
esercitata”.

Con un orientamento consolidato, cui si intende dare
continuità, questa Corte ha affermato che il combinato disposto degli artt.3 comma 1, lett. c) e art. 8 del d.lgs. 446/1997, facendo
riferimento, per la determinazione della base imponibile, alla differenza tra
l’ammontare dei compensi percepiti e quello dei costi sostenuti inerenti alle
attività all’art.49, comma 1, d.P.R.
917/1986, senza fare menzione di quelle di cui al comma 2, lett. a) della
medesima disposizione, esclude l’assoggettabilità ad IRAP di quella parte di reddito
che un lavoratore autonomo, esercente abitualmente l’attività professionale
intellettuale di dottore commercialista, abbia prodotto in qualità sindaco, o
di presidente del consiglio di amministrazione di una banca, senza utilizzare
la propria autonoma organizzazione (Cass., 9 maggio 2007, n. 10594). E tanto,
anche dopo l’introduzione nel d.P.R.
n.917/1986 dell’art. 50 comma 1 lett.c-bis, che ha ricompreso i redditi
derivanti dalle collaborazioni coordinate e continuative (che, in precedenza,
erano qualificati come altri redditi di lavoro autonomo dall’art. 49 comma 2 lett.a ), tra i
redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente.

In alcune pronunce, invero, questa Corte ha
affermato che “non ha diritto al rimborso di imposta (Irap) il dottore
commercialista che, in presenza di autonoma organizzazione ed espletando
congiuntamente anche gli incarichi connessi di sindaco, amministratore di
società e consulente tecnico, svolga sostanzialmente un’attività unitaria,
nella quale siano coinvolte conoscenze tecniche direttamente collegate
all’esercizio della professione nel suo complesso, allorché non sia possibile
scorporare le diverse categorie di compensi eventualmente conseguiti e di
verificare l’esistenza dei requisiti impositivi per ciascuno dei settori in
esame, per il mancato assolvimento dell’onere probatorio gravante sul
contribuente” (Cass., 5 marzo 2012, n. 3434;
Cass., 19 marzo 2014, n. 6418; Cass., 23
gennaio 2017, n. 1712; Cass., 29 settembre 2016,
n. 19327; Cass., 10 maggio 2019, n. 12495,
Cass.04 luglio 2019 n.17987).

Nondimeno ha anche chiarito che il commercialista
che sia anche amministratore, revisore e sindaco di una società non soggiace
all’imposta per il reddito netto di tali attività, in quanto è soggetta ad
imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla
produttività auto-organizzata; il che non si verifica nella specie, atteso che
per la soggezione all’IRAP non è sufficiente che il commercialista normalmente
operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra,
di per sé, il requisito dell’autonoma organizzazione rispetto ad un’attività
rilevante quale organo di una compagine terza (Cass.,
3 luglio 2017, n., 16372; Cass., 3 marzo 2016,
n. 4246; Cass., 2 novembre 2016, n. 22138).

Pertanto, in tema d’IRAP, non realizza il
presupposto impositivo l’esercizio dell’attività di sindaco e di componente di
organi di amministrazione e controllo di enti di categoria, che avvenga in modo
individuale e separato rispetto ad ulteriori attività espletate all’interno di
un’associazione professionale, senza ricorrere ad un’autonoma organizzazione (Cass., 29 settembre 2016, n. 19327).

Va, quindi, sottolineato che il dottore
commercialista che svolga anche attività di sindaco di società, non soggiace ad
Irap per il reddito netto di tali attività, in quanto soggetta ad imposizione è
unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata
(Cass., 16372/2017). Se, quindi, il
professionista, sin dal ricorso introduttivo, chiede lo scorporo dei proventi
da attività di sindaco di società, il giudice di merito deve effettuare un
valutazione specifica e separata di tale porzione, ben distinta, di attività (Cass., 2018/12052).

Nella fattispecie in esame, il giudice di appello
non si è attenuto ai principi giurisprudenziali sopra esposti, in quanto, pur
avendo dato atto che tali redditi non siano soggetti ad IRAP, ha tuttavia
ritenuto che tale esclusione operi solo in assenza di autonoma organizzazione
della società e non ha effettuato alcuna distinzione tra il segmento di
attività svolto dal professionista quale sindaco, che non poteva essere
assoggettata a tassazione Irap, per espressa disposizione legislativa, rispetto
alle ulteriori attività espletate dallo stesso, per le quali vale il principio
giurisprudenziale della assoggettabilità ad Irap solo in presenza della
sussistenza della “autonoma organizzazione”.

La Commissione regionale dovrà, dunque, stabilire
quale porzione dei ricavi non può essere assoggettata ad Irap, perché riferita
in via esclusiva alla attività di sindaco di una pluralità di società, in
relazione alle disposizioni di legge sopra richiamate, e quale parte degli
stessi deve, invece, essere sottoposta al prelievo fiscale Irap perché riferita
alla ordinaria attività di commercialista, con l’ausilio di una “autonoma
organizzazione”, secondo i principi dettati da questa Corte (Cass. Sez.Un. 10 maggio 2016 n.9451).

Sicché sotto questo profilo la censura è fondata.

2. Con il secondo motivo di gravame si lamenta
l’omesso esame di un punto controverso e decisivo del giudizio, in relazione
all’art.360, n.5, c.p.c. ovvero l’idoneità dei
documenti prodotti dal ricorrente a fornire la prova dell’inesistenza
dell’autonoma organizzazione.

Il motivo resta assorbito nel percorso logico
giuridico dall’accoglimento del primo motivo nei termini sopra indicati.

Il ricorso è dunque fondato per le ragioni attinte
dal primo motivo, nei limiti precisati, onde la sentenza deve essere cassata e
il giudizio rinviato alla CRT Lombardia in diversa composizione, per un nuovo
esame dei profili annullati.

 

P.Q.M.

 

Accoglie il ricorso nei termini di cui in
motivazione, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla CTR Lombardia in diversa
composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di
legittimità.

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