I contributi previdenziali, versati dai titolari di imprese agricole familiari in favore dei propri collaboratori/coadiutori, non possono essere dedotti da parte di questi ultimi ai fini IRPEF.
Nota a AdE Risposta 16 luglio 2019, n. 248
Francesco Palladino
Con la Risposta ad interpello 16 luglio 2019, n. 248, l’Amministrazione finanziaria ha chiarito che i contributi previdenziali, versati all’INPS dal titolare dell’impresa agricola familiare, relativi alla quota di spettanza del collaboratore familiare, non sono deducibili dal reddito imponibile ai fini IRPEF del collaboratore medesimo.
Un contribuente, collaboratore familiare di un’impresa agricola, chiedeva all’Amministrazione finanziaria se fosse corretto ritenere deducibili dal proprio reddito complessivo i contributi INPS versati dal titolare dell’impresa agricola e rimborsati a quest’ultimo da parte dello stesso. Il dubbio lo poneva l’art. 2 della L. n. 233/1990 in quanto il diritto di rivalsa dei contributi previdenziali viene espressamente accordato da tale norma solo al titolare dell’impresa artigiana o commerciale e non anche all’imprenditore agricolo. Infatti, a norma dell’art. 2 appena citato, “il titolare dell’impresa artigiana o commerciante è tenuto al pagamento dei contributi [previdenziali] … per sé e per i coadiuvanti e coadiutori, salvo diritto di rivalsa”.
L’Agenzia delle entrate, nella risposta in esame, ha precisato la portata della predetta disposizione chiarendo, in particolare, che in caso di contributi corrisposti per conto di altri, la deduzione di cui all’art. 10, co. 1, lett. e) del TUIR, spetta alla persona per conto della quale i contributi sono versati “sempre che la legge preveda l’esercizio del diritto di rivalsa”.
Pertanto, a parere dell’Ufficio, in mancanza di una disciplina esplicita del diritto di “rivalsa” nella disciplina giuridica dei contributi previdenziali versati dai titolari di imprese agricole familiari in favore dei collaboratori/coadiutori, questi ultimi non possono portare in deduzione dal proprio reddito i contributi versati all’INPS dall’imprenditore agricolo.
L’Agenzia delle entrate ha quindi negato nel caso di specie la deduzione ai fini IRPEF dei contributi previdenziali sulla scorta di un “vuoto normativo”: mancherebbe infatti nell’ordinamento una norma, a favore del collaboratore dell’impresa agricola che, come quella prevista dall’art. 2 della L. n. 233/1990, ponga anche in favore dell’imprenditore agricolo l’esercizio del diritto di rivalsa in relazione ai contributi previdenziali.