Giurisprudenza – CORTE COSTITUZIONALE – Ordinanza 05 dicembre 2019, n. 256

Previdenza, Contributi previdenziali a carico dei datori di
lavoro privato, Esonero, con riferimento alle nuove assunzioni, di lavoratori
con contratto di lavoro a tempo indeterminato negli anni 2015 e 2016,
Esclusione per le assunzioni di lavoratori che, nei sei mesi precedenti, siano
risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro

 

Ritenuto che

 

con ordinanza in data 31 maggio 2018, il Tribunale
ordinario di Trento, sezione per le controversie di lavoro, ha sollevato, in
riferimento all’art. 3 della Costituzione,
questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge 23
dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», e dell’art. 1, comma 178, della legge 28
dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», che dispongono un
esonero contributivo in caso di assunzioni con contratto di lavoro a tempo
indeterminato effettuate, rispettivamente, nell’anno 2015 e nell’anno 2016,
nella parte in cui stabiliscono che «[l]’esonero […] spetta ai datori di
lavoro in presenza delle nuove assunzioni […], con esclusione di quelle
relative a lavoratori che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a
tempo indeterminato presso qualsiasi datore di lavoro […]»;

che il giudice rimettente premette di essere
chiamato a decidere il ricorso proposto dalla S. E. spa avverso un avviso di
addebito con cui l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) aveva
richiesto il pagamento di un importo complessivo di euro 590.358,28, di cui
euro 573.163,56 a titolo di contributi a favore del Fondo gestione aziende con
lavoratori dipendenti e sanzioni, nonché euro 17.194,72 a titolo di oneri di
riscossione, ritenendo non spettanti le agevolazioni contributive previste
dalle due disposizioni censurate di cui la società si era avvalsa per
assunzioni, con contratto di lavoro a tempo indeterminato effettuate,
rispettivamente, nel 2015 e nel 2016, di lavoratori già beneficiari di
trattamento straordinario di integrazione salariale, quali dipendenti della S.
spa, non essendo essi privi di occupazione nei sei mesi precedenti l’assunzione
come richiesto dalle disposizioni in esame;

che, in ordine alla rilevanza della questione, il
giudice a quo ritiene che il tenore delle disposizioni denunciate condurrebbe a
ritenere fondata la richiesta avanzata dall’INPS;

che il rimettente esclude la possibilità,
prospettata dalla società ricorrente, di una interpretazione costituzionalmente
orientata, secondo cui l’espressione «lavoratori non occupati» utilizzata dal
legislatore nelle disposizioni in oggetto ricomprenderebbe anche i lavoratori
in cassa integrazione guadagni straordinaria (d’ora in avanti: CIGS) sospesi
dall’attività lavorativa “a zero ore”, in quanto anch’essi sarebbero
sostanzialmente privi di occupazione data l’assenza di prestazione lavorativa;

che, secondo il giudice a quo, a tale
interpretazione osta la diversità della condizione del lavoratore non occupato
rispetto a quella del lavoratore beneficiario del trattamento straordinario di
integrazione salariale;

che, quanto alla non manifesta infondatezza, il
rimettente ritiene che le disposizioni in esame siano, tuttavia, lesive del
principio di razionalità sancito dall’art. 3 Cost.,
in quanto comporterebbero la inapplicabilità dei benefici contributivi in caso
di assunzione di lavoratori già beneficiari del predetto trattamento, pur
versando tali lavoratori in una situazione peculiare assimilabile a quella dei
lavoratori disoccupati, per cui la loro assunzione con contratto a tempo
indeterminato realizzerebbe le finalità di promozione di occupazione stabile
perseguite dal legislatore con i suddetti benefici;

che l’INPS, costituitosi nel giudizio incidentale
con atto depositato l’8 gennaio 2019, ha dedotto l’infondatezza della
questione;

che, in particolare, l’Istituto rappresenta che il
legislatore, là dove ha previsto agevolazioni contributive in caso di
assunzioni, ha individuato la platea dei soggetti beneficiari indicandoli in
modo diretto e specifico;

che, ad avviso dell’INPS, il rimettente
incorrerebbe, inoltre, in una erronea identificazione tra fattispecie diverse e
in una distorsione della ratio dello strumento della CIGS, caratterizzato da
una funzione conservativa del rapporto di lavoro del dipendente beneficiario
del relativo trattamento;

che, pertanto, vi è una netta distinzione, sia sotto
il profilo giuridico che sostanziale, tra la posizione del lavoratore sospeso
per intervento della cassa integrazione guadagni, il cui rapporto di lavoro
persiste, rispetto al lavoratore inoccupato;

che la parte privata si è costituita nel giudizio
incidentale con atto depositato l’8 gennaio 2019;

che, in via preliminare, la S. E. spa ha riproposto
l’interpretazione costituzionalmente orientata prospettata nel giudizio
principale, evidenziando che i lavoratori assunti, già collocati in CIGS “a
zero ore” presso la S. spa, verserebbero in uno stato di non occupazione
giuridicamente assimilabile allo stato di disoccupazione e che, pertanto, la
loro assunzione realizzerebbe la finalità di promozione di forme di occupazione
stabile perseguita dall’intervento legislativo in esame;

che, in via subordinata, la parte privata ha aderito
alle argomentazioni del giudice rimettente a sostegno della dedotta questione
di legittimità costituzionale;

che, in particolare, la S. E. spa ha asserito che
considerare “occupati” i lavoratori sospesi in CIGS “a zero ore” senza
possibilità di ripresa dell’attività lavorativa, significherebbe trattare in
maniera differente soggetti che di fatto, ma anche giuridicamente, sono in
situazioni analoghe, ovvero omogenee, quali sono i “formalmente” disoccupati e
i lavoratori fruitori del trattamento straordinario di integrazione salariale,
essendo anche questi ultimi privi di occupazione;

che, secondo la parte privata, le disposizioni in
esame, ove impedissero la fruizione degli sgravi contributivi in caso di
assunzione con contratto a tempo indeterminato di lavoratori collocati in CIGS
“a zero ore” beneficiari nel semestre precedente, sarebbero altresì lesive dei
principi dettati dagli artt. 4 e 38 Cost.;

che, pertanto, ad avviso della parte privata, le
disposizioni sarebbero costituzionalmente illegittime, nella parte in cui
escludono l’applicabilità dei previsti benefici contributivi in caso di
assunzione di lavoratori sospesi dal lavoro “a zero ore”, per essere stata
ammessa la società datrice alla CIGS per una delle seguenti causali: cessazione
di attività, procedura concorsuale e trattamento in deroga;

che il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, è intervenuto in
giudizio con atto depositato l’8 gennaio 2019;

che, in via preliminare, ha eccepito la
inammissibilità della questione, poiché il rimettente richiederebbe una
pronuncia creativa, laddove le discipline in esame sono frutto di scelte di
natura politico-legislativa la cui concreta attuazione è rimessa alla
discrezionalità del legislatore ordinario;

che, nel merito, l’Avvocatura generale dello Stato
ha dedotto la infondatezza della questione, poiché i rilievi formulati
nell’ordinanza non consentirebbero di ravvisare profili di irragionevolezza
nell’intervento normativo in esame, in quanto i lavoratori sospesi “a zero ore”
e beneficiari del trattamento straordinario di integrazione salariale nel
semestre precedente non sono equiparabili ai lavoratori privi di occupazione
nel medesimo lasso temporale, stante la diversità delle condizioni e la
funzione conservativa del rapporto di lavoro svolta dalla CIGS;

che in prossimità dell’udienza l’INPS e la parte
privata hanno depositato memorie nelle quali hanno richiamato le argomentazioni
e le conclusioni già rassegnate nei rispettivi atti di costituzione.

 

Considerato che

 

il Tribunale ordinario di Trento, sezione per le
controversie di lavoro, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di
legittimità costituzionale dell’art.
1, comma 118, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
stabilità 2015)», e dell’art. 1,
comma 178, della legge 28 dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per
la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di
stabilità 2016)», che dispongono un esonero contributivo in caso di assunzioni
con contratto di lavoro a tempo indeterminato effettuate, rispettivamente,
nell’anno 2015 e nell’anno 2016, nella parte in cui stabiliscono che
«[l]’esonero […] spetta ai datori di lavoro in presenza delle nuove
assunzioni […], con esclusione di quelle relative a lavoratori che nei sei
mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato presso qualsiasi
datore di lavoro […]»;

che, secondo il rimettente, le due disposizioni
censurate escludono in modo irragionevole e, dunque, lesivo del principio posto
dall’art. 3 Cost., dal diritto
all’esonero contributivo, previsto in caso di assunzioni con contratti di
lavoro a tempo indeterminato stipulati, rispettivamente, per l’anno 2015 e per
l’anno 2016, i «datori di lavoro che abbiano proceduto all’assunzione a tempo
indeterminato di lavoratori, i quali nei sei mesi precedenti erano alle
dipendenze a tempo indeterminato di altro datore, ma i cui rapporti erano
sospesi a zero ore per essere quel datore stato ammesso alla integrazione
salariale straordinaria in ragione della possibilità di un parziale
riassorbimento occupazionale ad opera di altro imprenditore non assoggettato ai
vincoli previsti dall’art. 2112 cod. civ. o per
inapplicabilità della norma o per effetto di negozi abdicativi dei lavoratori
determinati esclusivamente dall’indisponibilità dell’imprenditore subentrante,
accertata in sede sindacale, ad assumere tutti i lavoratori sospesi»;

che, in particolare, secondo il rimettente, non
sarebbe ragionevole non riconoscere gli esoneri contributivi in oggetto al
datore di lavoro che assuma lavoratori beneficiari di trattamento straordinario
di integrazione salariale “a zero ore”, in quanto, attesa la incertezza delle
prospettive di ripresa dell’attività lavorativa, essi si troverebbero in una
situazione di occupazione “non stabile”, sicché la loro assunzione, nel
garantire una nuova e certa occupazione, realizzerebbe la finalità perseguita
dalle misure legislative in esame, volte a promuovere forme di occupazione
stabile;

che l’esame della questione va condotto
esclusivamente in riferimento alla violazione dell’art.
3 Cost. nei termini prospettati dal rimettente, non essendo ammissibili gli
ulteriori parametri dedotti dalla parte privata;

che la questione è manifestamente infondata;

che il rimettente pone a base della dedotta censura
di costituzionalità una identità di condizioni tra il lavoratore disoccupato e
il lavoratore in cassa integrazione guadagni straordinaria (d’ora in avanti:
CIGS) “a zero ore”, assumendo che anche quest’ultimo verserebbe in una
situazione di “occupazione non stabile”, sicché la sua assunzione realizzerebbe
la finalità perseguita dalle disposizioni in esame di favorire forme di
occupazione stabile;

che tale assunto non trova riscontro né sotto il
profilo giuridico, né sotto quello fattuale, in ragione della profonda
diversità delle condizioni del lavoratore beneficiario del trattamento straordinario
di integrazione salariale e del soggetto disoccupato o inoccupato;

che difatti, in relazione alle due condizioni,
operano due diversi sistemi di ammortizzatori sociali, rispettivamente, quello
«in costanza di rapporto di lavoro», come rivisitato dal decreto legislativo 14 settembre 2015, n. 148
(Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori
sociali in costanza di rapporto di lavoro, in attuazione della legge 10 dicembre 2014, n. 183), e quello
operante «in caso di disoccupazione involontaria», come disciplinato dal decreto legislativo 4 marzo 2015, n. 22
(Disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori
sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei
lavoratori disoccupati, in attuazione della legge
10 dicembre 2014, n. 183);

che, in sintesi, anche in caso di fruizione di
trattamento straordinario di integrazione salariale “a zero ore”, il rapporto
di lavoro, ancorché sospeso nei suoi principali obblighi sinallagmatici,
concernenti la prestazione lavorativa e la retribuzione, sostituita dalla
prescritta indennità a carico dell’INPS, continua a produrre altri effetti ed
obblighi, quali: la computabilità, ai sensi dell’art.
2120, terzo comma, del codice civile, nella retribuzione utile ai fini
della determinazione del trattamento di fine rapporto dell’equivalente della
retribuzione a cui il lavoratore avrebbe avuto diritto in caso di normale
svolgimento del rapporto di lavoro; il riconoscimento della valenza
previdenziale del periodo di sospensione dal lavoro tramite l’istituto della
contribuzione figurativa, calcolata sulla base della retribuzione globale cui è
riferita l’integrazione salariale; il mantenimento degli obblighi di fedeltà,
correttezza e buona fede (ex plurimis, Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenze 5 marzo 2008, n. 5929 e 5 agosto 2004,
n. 15129);

che questa stessa Corte ha già avuto modo di
rilevare la diversità strutturale tra la posizione del lavoratore in CIGS e
quella del lavoratore licenziato e, dunque, disoccupato (sentenza n. 184 del 2000);

che, in tale occasione, è stata altresì evidenziata
la funzione svolta dalla CIGS, che presuppone la prospettiva della ripresa
dell’attività lavorativa, e il mantenimento a questo fine del rapporto di
lavoro;

che la rilevata funzione permane anche ove ricorrano
le condizioni per l’ammissione alla CIGS per le specifiche causali “cessazione
di attività”, “procedura concorsuale” e “trattamento in deroga” che, secondo la
parte privata, configurerebbero invece una situazione sostanzialmente analoga
alla disoccupazione, giacché anche per l’ammissione alla CIGS per tali causali
l’ordinamento contempla l’esigenza che vi siano prospettive di ripresa
dell’attività lavorativa con conseguente recupero occupazionale dei lavoratori
interessati dall’intervento di integrazione salariale;

che, peraltro, la valutazione sulle effettive
prospettive di ripresa dell’attività lavorativa ha carattere strettamente
fattuale, correlata al diverso atteggiarsi delle specifiche, concrete
fattispecie, sicché nemmeno sotto tale profilo può ritenersi che l’assunzione
di lavoratori sospesi “a zero ore” risponda, in modo sistemico e generalizzato,
alle finalità di promozione di occupazione stabile perseguita dagli interventi
legislativi in esame;

che, del resto, il legislatore ha espressamente
previsto specifiche misure di promozione dell’occupazione di lavoratori
beneficiari del trattamento straordinario di integrazione salariale tramite
benefici contributivi in caso di loro assunzione, stabilendone di volta in
volta condizioni e requisiti, come nel caso: delle agevolazioni previste dall’art. 4, comma 3, del decreto-legge
20 maggio 1993, n. 148, recante «Interventi urgenti a sostegno
dell’occupazione», convertito, con modificazioni, nella legge 19 luglio 1993, n. 236; dei benefici
previsti dall’art. 8, comma 9,
della legge 29 dicembre 1990, n. 407, recante «Disposizioni diverse per
l’attuazione della manovra di finanza pubblica 1991-1993», che hanno trovato
applicazione fino alla disposizione soppressiva di cui all’art. 1, comma 121, della stessa
legge n. 190 del 2014; dell’esonero stabilito dall’art. 24-bis del citato d.lgs. n. 148
del 2015;

che, alla stregua della evidenziata diversità, non
solo giuridica ma anche sostanziale, tra la condizione del lavoratore
beneficiario del trattamento di CIGS e quella del soggetto privo di occupazione
a tempo indeterminato da più di sei mesi, le disposizioni in esame non
travalicano i limiti di razionalità, ragionevolezza e congruità;

che, difatti, non può ritenersi che il legislatore
abbia fatto cattivo uso della propria discrezionalità nel disporre che i
previsti esoneri contributivi si applichino solo in caso di assunzione di
soggetti privi di occupazione a tempo indeterminato da più di sei mesi, in
quanto essi versano in una oggettiva situazione di particolare svantaggio;

che, conseguentemente, le disposizioni in esame non
integrano la dedotta lesione dell’art. 3 Cost.

 

P.Q.M.

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione
di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 118, della legge 23
dicembre 2014, n. 190, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2015)», e dell’art. 1, comma 178, della legge 28
dicembre 2015, n. 208, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)», nella parte in
cui stabiliscono che «[l]’esonero […] spetta ai datori di lavoro in presenza
delle nuove assunzioni […], con esclusione di quelle relative a lavoratori
che nei sei mesi precedenti siano risultati occupati a tempo indeterminato
presso qualsiasi datore di lavoro […]», sollevata, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, dal Tribunale ordinario
di Trento, sezione per le controversie di lavoro, con l’ordinanza in epigrafe.

Provvedimento pubblicato nella G.U. della Corte Costituzionale 11
dicembre 2019, n. 50

Giurisprudenza – CORTE COSTITUZIONALE – Ordinanza 05 dicembre 2019, n. 256
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