Il mancato adempimento datoriale degli obblighi relativi agli indumenti da lavoro espone al risarcimento dei danni.
Nota a Cass. ord. 16 ottobre 2019, n. 26217
Fabrizio Girolami
Il datore di lavoro deve provvedere alla manutenzione e al lavaggio dei “dispositivi di protezione individuale” (D.P.I.) degli operatori ecologici addetti alla raccolta e allo smaltimento dei rifiuti, ivi compresi gli indumenti da lavoro. Il principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione con ordinanza 16 ottobre 2019, n. 26217.
Nel caso di specie, cinque lavoratori, adibiti a mansioni di operatori ecologici, avevano convenuto in giudizio la società datrice di lavoro dinanzi al Tribunale di Cagliari, chiedendo la condanna della stessa al risarcimento dei danni per non avere adempiuto, durante lo svolgimento del rapporto di lavoro, agli obblighi di lavaggio e di manutenzione degli indumenti di protezione. La società, dopo essere stata condannata in primo grado, aveva proposto impugnazione alla Corte di appello di Cagliari la quale, in accoglimento dell’impugnazione e in riforma della sentenza di primo grado, aveva respinto la richiesta di condanna del datore di lavoro al risarcimento dei danni da inadempimento di lavaggio e manutenzione degli indumenti da lavoro.
Il giudice di secondo grado aveva richiamato la definizione di “dispositivo di protezione individuale” dettata dall’art. 40, co. 1, D.LGS. 19 settembre 1994, n. 626 (decreto applicabile ratione temporis alla vicenda di specie e oggi espressamente abrogato dall’art. 304 del D.LGS. 9 aprile 2008, n. 81, e s.m.i., cd. “Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro”, in cui la disciplina dei D.P.I. è contenuta, con mantenimento della stessa identica definizione, nel Titolo III, Capo II, articoli 74-79) che qualifica come tale “qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”, e aveva ritenuto inammissibile la richiesta di risarcimento, ritenendo che la divisa dell’operatore ecologico non è configurabile come “dispositivo di protezione individuale”, in ragione del fatto che gli indumenti da lavoro forniti dalla società non potevano essere qualificati come D.P.I. “in quanto non destinati a fornire una adeguata protezione dai rischi di contatto con sostanze nocive o agenti patogeni”.
La Cassazione ha accolto il ricorso dei lavoratori (secondo i quali gli indumenti forniti per lo svolgimento della prestazione avevano una funzione protettiva e quindi erano classificabili come D.P.I.), rilevando che, in tema di tutela delle condizioni di igiene e sicurezza dei luoghi di lavoro – come già affermato da Cass. ord. 21 giugno 2019, n. 16749, in questo sito, con nota di F. GIROLAMI, La divisa dell’operatore ecologico va lavata e mantenuta in stato idoneo dal datore di lavoro; in senso conforme, si vedano le successive sentenze 27 giugno 2019 n. 27354; 25 luglio 2019, nn. 20208, 20207, 20206; e 26 luglio 2019, n. 17132) – la nozione legale di “dispositivi di protezione individuale” (D.P.I.) non deve essere intesa come limitata alle attrezzature appositamente create e commercializzate per la protezione di specifici rischi alla salute in base a caratteristiche tecniche certificate, ma va riferita a “qualsiasi attrezzatura, complemento o accessorio che possa in concreto costituire una barriera protettiva rispetto a qualsiasi rischio per la salute e la sicurezza del lavoratore, in conformità con l’art. 2087 cod.civ.”, conseguendone la configurabilità a carico del datore di lavoro di un obbligo di continua fornitura e di mantenimento in stato di efficienza degli indumenti di lavoro inquadrabili nella categoria dei D.P.I.
Viceversa, non costituiscono dispositivi di protezione individuale gli indumenti di lavoro non specificatamente correlati alla finalità di protezione da un rischio per la salute e che assolvono esclusivamente alla funzione di uniforme aziendale o di preservare gli abiti civili del prestatore di lavoro dalla ordinaria usura connessa all’espletamento della prestazione lavorativa.
Orbene, rileva la Corte, nel settore della raccolta dei rifiuti svolta dalla società (come accertato dal verbale di sopralluogo eseguito dalla competente A.S.L.), i lavoratori erano esposti alla potenziale azione di un “rischio infettivo” e, più precisamente, di un rischio da contatto con sostanze tossiche, nocive ed agenti biologici. Quando gli indumenti assolvono a tale funzione (unico schermo di protezione in concreto utilizzabile contro il possibile contatto con sostanze nocive per la salute), il datore di lavoro ha l’obbligo di fornire i suddetti indumenti a tutti i dipendenti in servizio e a garantirne l’idoneità a prevenire l’insorgenza e il diffondersi di infezioni. In quest’ottica, il datore di lavoro deve provvedere al lavaggio delle divise degli operatori ecologici che appare adempimento indispensabile per mantenere gli indumenti medesimi in stato di efficienza. Tali operazioni, conclude la Corte, rientrano tra le “misure necessarie” per garantire la salute e sicurezza dei lavoratori e, quindi, per prevenire, con specifico riferimento agli operatori ecologici, l’insorgere e la diffusione di infezioni in danno dei medesimi e dei loro familiari, a cui il rischio si estenderebbe in caso di lavaggio degli indumenti da lavoro in ambito domestico.