Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 06 dicembre 2019, n. 31953
Pretese contributive, Sanzioni relative a contribuzione di
maternità e malattia, Natura giuridica del Consorzio di Bonifica
Fatti di causa
1. La Corte di appello di Venezia, con sentenza n.
681 del 2016, accogliendo l’appello proposto dall’Inps, anche quale mandatario
di S.C.C.I, s.p.a, nei confronti del Consorzio di Bonifica Piave e di Equitalia
Nomos s.p.a. (poi Agenzia delle Entrate – Riscossione), ha riformato la
sentenza del Tribunale di Treviso di accoglimento delle opposizioni a cartella,
proposte separatamente dal Consorzio citato e poi riunite, in riferimento a
pretese contributive fondate sull’art. 20,
comma 2, I. n. 133 del 2008 ed a sanzioni relative a contribuzione di
maternità e malattia riferite al proprio personale, nel periodo successivo al
mese di giugno 2009.
2. La Corte territoriale, dopo aver precisato che
per i datori di lavoro privati l’obbligo di versare la contribuzione per maternità
e per malattia sussiste anche in ipotesi di previsione contrattuale collettiva
che obblighi il datore di lavoro ad anticipare il trattamento di malattia, ha
accertato l’obbligo contributivo argomentando dalla natura giuridica di impresa
pubblica individuata dall’art.
20, comma 2, d.l. n. 112 del 2008 conv. in I.
n. 133 del 2008, del Consorzio ricorrente e richiamando, per coincidenza di
principi regolatori, il precedente di questa Corte di cassazione costituito
dalla sentenza n. 2756 del 2014, formatosi su fattispecie riferita a soggetto
pubblico regionale trasformato in soggetto svolgente attività di impresa
pubblica.
3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per
cassazione il Consorzio di bonifica Piave, affidandosi a tre motivi illustrati
da memoria.
L’ INPS, anche nella qualità di mandatario di
S.C.C.I. s.p.a., ha resistito con controricorso. Agenzia delle Entrate
Riscossione è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
1. Con il primo motivo di ricorso, il Consorzio di
Bonifica Piave denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 20, comma 2, d.l. n. 112 del
2008 in ragione della errata qualificazione giuridica dei Consorzi di
Bonifica ai fini dell’applicazione della contribuzione previdenziale di
maternità relativa ai propri dipendenti e della loro inclusione tra i
destinatari del comma 2 dell’art.
20 d.l. n. 112 del 2008 conv. in I. n. 133 del
2008 che, a decorrere dal primo gennaio 2009, ha previsto l’obbligo del
versamento all’INPS della contribuzione per malattia e maternità nei confronti
delle imprese dello Stato, degli Enti Pubblici e degli enti locali,
privatizzati ed a capitale misto; sostiene il ricorrente che la sentenza
impugnata sia incorsa in errore per aver accolto la tesi dell’INPS basata sulla
considerazione della sua natura di impresa appartenente ad ente pubblico
laddove la esatta natura giuridica, emergente dal contesto normativo costituito
dalla legge regionale veneta n. 12 del 2009 ed ancor prima dall’art. 59 del
r.d. 215 del 1933, sarebbe quella di ente pubblico economico istituito per
perseguire finalità pubblicistiche erogando servizi di utilità pubblica e come
tale estraneo alla previsione dell’art.
20, comma 2, d.l. n. 112 del 2008 cit. anche in considerazione del fatto
che la destinazione dell’attività del Consorzio non è diretta al mercato ma è
resa in favore dei proprietari degli immobili che traggono beneficio dalla
bonifica. Ancora, nel senso della negazione della natura imprenditoriale
dell’attività dei consorzi di bonifica militerebbe la legislazione europea in
tema di aiuti di Stato che, nelle occasioni in cui lo Stato italiano ha chiesto
chiarimenti in ordine alla fruizione di eventuali finanziamenti, attraverso
diverse decisioni della Commissione europea, ha avuto modo di negare che i consorzi
di bonifica siano imprese attive in un determinato mercato di beni o servizi e
tale dato non consentirebbe di attribuire la natura imprenditoriale in ambito
contributivo previdenziale. Peraltro, svolgere attività privatistica quale ente
pubblico economico non corrisponde ad assumere natura imprenditoriale, né
assume rilievo il contenuto della sentenza di questa Corte di cassazione n.
2756 del 2014 richiamata dalla sentenza impugnata.
2. Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione
e falsa applicazione del combinato disposto dell’art. 1, comma 1 bis d.l. 11 aprile
1989 n. 125 conv. In I. n. 214 del 1989 e dell’ art. 20 d.l. n. 112 del 2008
conv. in I. n. 133 del 2008 in ragione del
fatto che l’art. 1, comma 1 bis,
cit. prevede che le attività istituzionali dei consorzi di bonifica non
costituisce attività commerciale e, dunque, non può ritenersi integrata in capo
al consorzio la qualità di imprenditore commerciale, ai sensi dell’art. 2195 cod.civ.; peraltro, la giurisprudenza di
legittimità ha sempre escluso che l’attività dei consorzi in esame possa
integrare l’ipotesi di impresa agricola ai sensi dell’art. 2135 cod. civ..
3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia, in
via subordinata rispetto al primo ed al secondo, la violazione e falsa applicazione
dell’art. 20, comma 1, d.l. n.
112 del 2008 in ragione del fatto che la sentenza impugnata ha ritenuto che
l’art. 6 della legge n. 138 del 1943, come interpretato autenticamente dal
citato art. 20, sia
inapplicabile ai consorzi siccome enti pubblici e ciò nonostante il testo della
norma non contempli alcuna distinzione tra datori di lavoro privati e pubblici
e considerazioni di ordine sistematico inducano a ritenere che l’istituzione
del trattamento economico di malattia da parte della legge
n. 138 del 1943 abbia natura generale per tutti i lavoratori ed infatti è
questa la giustificazione della erogazione delle prestazioni di malattia e
maternità effettuate dal Consorzio ai propri dipendenti.
4. I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto
connessi. Questa Corte di legittimità ha affrontato il tema oggetto dei motivi
di ricorso già con le recenti sentenze nn. 26038,
27344, 28296 del 2019 ed a tali sentenze, con
le ulteriori osservazioni che seguono motivate dai profili presenti nel
presente ricorso, va data continuità.
5. La questione controversa richiede, in primo
luogo, l’identificazione dei soggetti destinatari del disposto dell’art. 20, comma secondo, d.l. n. 112
del 2008 conv. in I. n. 133 del 2008, che
ha il seguente tenore: “A decorrere dal 1 gennaio 2009, le imprese dello
Stato, degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto
sono tenute a versare, secondo la normativa vigente: a) la contribuzione per
maternità; b) la contribuzione per malattia per gli operai”.
6. Su tale tema questa Corte di cassazione (proprio
a partire da Cass. n. 2756 del 2014 citata dalla sentenza impugnata e poi con
Cass. nn. 18395 e 21536, 22291 del 2019), ha affermato che il riferimento
alle “imprese dello Stato” – secondo una interpretazione del testo
costituzionalmente orientata al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. – conduce a ritenere che all’elencazione
in essa prevista non può essere attribuito carattere tassativo, posto che,
l’espressione “imprese di Stato” che ricorre nel linguaggio comune,
dal punto di vista giuridico – cioè come volta ad indicare lo svolgimento
diretto da parte dello Stato di un’attività economica, costituita dall’offerta
di beni e servizi in un mercato, a scopo di lucro – non ha cittadinanza negli
Stati membri della UE, ponendosi in contrasto con gli artt. 106 e 107 TFUE, come
interpretati dalla Corte di giustizia UE (vedi, per tutte, Comunicazione della
Commissione UE sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di
aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di
interesse economico generale – Testo rilevante ai fini del SEE – 2012/C 8/02 e
ivi ampi richiami).
7. Ne consegue che la suddetta espressione – tenendo
conto anche degli artt. 11 e 117 Cost. -non può che essere intesa in senso
a-tecnico, come riferita alle “imprese partecipate, in tutto o in parte,
dallo Stato” (vedi INPS – Circolare n. 114
del 30 dicembre 2008 e INPDAP – Nota operativa
n. 18 del 22 dicembre 2009 nonché Nota 20
luglio 2011, n. 18) ed è, pertanto, evidente, che la stessa valenza
a-tecnica debba essere attribuita alla restante parte dell’elencazione
contenuta nel citato comma 2, che quindi va inteso nel senso di assoggettare
alla contribuzione ivi prevista (da effettuare all’INPS): a) tutte le imprese
degli enti pubblici e degli enti locali (di cui al D.Lgs.
18 agosto 2000, n. 267 e successive modificazioni e integrazioni), che sono
state interessate, per effetto di norme di legge, di regolamento o convenzione,
da processi di privatizzazione avviati nel corso degli anni 90 ed ancora in via
di completamento e che hanno continuato ad essere assoggettate ad un regime previdenziale
di tipo pubblicistico, nonché a regimi speciali riconosciuti alle medesime in
forza di specifiche disposizioni normative; b) tutte le imprese a capitale
misto degli enti pubblici e degli enti locali; c) nonché le imprese costituite
a seguito di trasformazioni di enti ed istituti di diritto pubblico, i cui
dipendenti già assoggettati a regimi previdenziali speciali sono poi confluiti
nell’INPDAP.
8. Ciò premesso, va individuata la natura giuridica
del Consorzio ricorrente. Sul punto questa Corte di legittimità (vd. tra le
altre Cass. SS.UU. n. 1547 del 20 gennaio 2017) ha avuto modo di affermare, al
fine di accertare la natura dei consorzi di bonifica, che l’art. 59 RD. n.
215/1933 qualifica espressamente i consorzi di bonifica quali “persone giuridiche
pubbliche”; la medesima definizione è ribadita dall’art. 862 c.c. e può aggiungersi che la natura di
impresa dei consorzi di bonifica è stata ritenuta sussistente laddove si è
applicata a tali enti pubblici la normativa sugli sgravi contributivi, sul
complesso dei contributi da corrispondere all’Inps, prevista (dall’art. 18 d. I. 30 agosto 1968 n.
918 nel testo fissato dall’art.
1 I. di conversione 25 ottobre 1968 n. 1089 e successive proroghe) solo in
favore delle imprese e con riguardo alle retribuzioni che siano effettivamente
assoggettate alla contribuzione per la disoccupazione involontaria, in
relazione a rapporti di lavoro non muniti di stabilità (vd. Cass. n. 3616 del
1990 ed i richiami ivi contenuti).
9. Inoltre, quanto alla presente fattispecie, va
osservato che l’art. 1 Legge della
Regione Veneto n. 12, 8 maggio 2009 (avente ad oggetto “Nuove norme
per la bonifica e la tutela del territorio”), che ha abrogato la
precedente legge regionale n. 3 del 1976 (contenente “Riordino dei
consorzi di bonifica e determinazione dei relativi comprensori”) e la
legge regionale 1° marzo 1983, n. 9 (intitolata “Nuove disposizioni per
l’organizzazione della bonifica”), con rispettive integrazioni e
modifiche, stabilisce espressamente, all’ art. 3 (Consorzi di bonifica),
<Nell’ambito di ciascun comprensorio di cui all’articolo 2, la Giunta
regionale costituisce un consorzio di bonifica avente natura di ente pubblico
economico, retto da un proprio statuto, la cui azione è informata ai principi
di efficienza, efficacia, economicità, trasparenza e sussidiarietà, secondo le
disposizioni della presente legge>.
10. La giurisprudenza di questa Suprema Corte è
costante nel ritenere che i consorzi di bonifica, come si è visto definiti
dalla legge enti pubblici-economici, pur avendo natura pubblicistica quanto a
costituzione e ad organizzazione, operano con caratteri di economicità ed
imprenditorialità, conseguendone ricavi idonei, almeno tendenzialmente, a
coprire i costi e le eventuali perdite (Cass., 13.7.2000, n. 9300, – Cass. SU.,
11.1.1997, n. 191; Cass., SU., 2.4.1996, n. 3036). Si è pure aggiunto che i
rapporti di lavoro intercorrenti fra tali enti ed i rispettivi dipendenti hanno
natura privata (Cass., 3.11.1992, n. 11907) e che l’attività dagli stessi
espletata, di natura imprenditoriale, non si sottrae alla classificazione come
industriale o agricola e tale natura, industriale o agricola, dell’attività
imprenditoriale svolta dal consorzi di bonifica va accertata non sulla base di
criteri generali ed astratti – come quelli stabiliti, ai fini previdenziali,
dagli artt. 33 del d.P.R. n.
797 del 1955 e 6, lett. b),
della legge n. 92 del 1979 o, in tema di determinazione del reddito
agrario, dall’art. 28 del
d.P.R. n. 597 del 1973 – ma, in conformità all’enunciazione del primo comma
dell’art. 2070 cod. civ., posta in necessario
collegamento con gli artt. 2195 e 2135 dello stesso codice, sulla base dell’attività
effettivamente esercitata da tali enti (pubblici economici), da considerare,
peraltro, dopo la soppressione dell’ordinamento corporativo, non già alla
stregua di criteri meramente merceologici ma tenendo conto della valutazione
operatane dalla contrattazione collettiva (Cass., 23.11.1992, n. 12498).
11.11 Consorzio ricorrente imposta la propria tesi
sulla negazione del carattere imprenditoriale della propria attività, ritenendo
che tale qualificazione sia impedita dal valore sistematico da riconoscere al
disposto dell’art. 1, comma 1
bis, d.l. n. 125 del 1989 conv. in I. n. 214 del 1989, il quale afferma che
le attività istituzionalmente proprie svolte dai consorzi di bonifica non
costituiscono attività commerciale.
12.L’assunto non può essere condiviso in quanto la
disposizione invocata, inserita nelle <Disposizioni urgenti in materia di
liquidazioni e di versamenti dell’imposta sul valore aggiunto. (GU n.85 del
12-4-1989)>, si limita a negare ai fini tributari limitati alla imposta sul
valore aggiunto, la qualificazione dell’attività imprenditoriale in termini di
impresa commerciale e non ha certo la finalità di operare una qualificazione a
qualsiasi fine dell’attività economica svolta dai consorzi di bonifica; dunque,
essa non potrebbe mai assumere la valenza di norma di sistema tale da imporre
l’interpretazione suggerita che, a ben guardare, va anche oltre la portata letterale
della disposizione negando la natura imprenditoriale in sé.
13. Il termine «enti non commerciali», di matrice
tributaria, è stato utilizzato da principio nel corpo del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, ad indicare
quella categoria di soggetti sottoposti ad imposta sul reddito delle persone
giuridiche (Irpeg) che l’art. 2
lett. c del medesimo decreto individuava in modo più circostanziato negli «
enti pubblici e privati, diversi dalle società, non aventi per oggetto
esclusivo o principale l’esercizio di un’attività commerciale>>.
14. Neanche è utile alla tesi del ricorrente il
richiamo alle decisioni della Commissione europea in tema di aiuti di Stato
indicate in ricorso, le quali hanno avuto modo di accertare che i consorzi non
sono qualificabili come imprese attive in un determinato mercato di beni o
servizi, con ciò negando che il sostegno finanziario riconosciuto dallo Stato
ai consorzi di bonifica costituisca aiuto di Stato vietato ai sensi dell’art. 107 TFUE.
15. Invero, anche in questo caso, difetta nel valore
interpretativo da riconoscere alle fonti sovranazionali invocate, la idoneità
ad esprimere indicazioni cogenti in chiave di qualificazione a qualsiasi fine
della natura dell’attività svolta dai consorzi di bonifica.
16. L’attività della Commissione e dalla Corte di
giustizia europee, in materia di aiuti di Stato, infatti, è finalizzata non
alla qualificazione generale dell’attività delle imprese (funzione estranea
comunque alla sfera di attribuzione dell’intera normativa di derivazione euro
unitaria che si ispira ad un sistema di attribuzioni per competenze) ma alla
ricerca di un necessario bilanciamento tra la tutela della concorrenza (vista
evidentemente non come valore in sé) ed il perseguimento degli obiettivi di
politica sociale di incentivo all’occupazione e da ciò trae origine
l’elaborazione dei criteri per individuare un aiuto di Stato vietato (costituti
dal vantaggio per l’impresa beneficiaria, dall’incidenza sulla concorrenza
all’interno del mercato europeo, dalla selettività, intesa come determinazione
di un vantaggio competitivo per certe imprese rispetto ad altre e dal
trasferimento di risorse pubbliche a favore delle imprese).
17. Si tratta, dunque, di valutazioni ampiamente
discrezionali e di incidenza limitata all’interno del perimetro segnato dalla
materia degli aiuti di Stato che non determinano alcuna aporia o contraddizione
rispetto alla qualificazione che l’ordinamento interno ritiene di attribuire ai
consorzi di bonifica, come nel caso di specie, al limitato fine di ritenerli
soggetti all’obbligo di contribuzione di maternità e malattia.
18. Neanche il profilo della insussistenza della
natura imprenditoriale del Consorzio ricorrente per effetto, stavolta, della
non destinazione della propria attività ad un mercato esterno, può trovare
accoglimento in ragione della opinione affermatasi in ordine alla concreta
possibilità di ravvisare attività d’impresa nell’attività svolta da soggetti
pubblici, secondo la quale tale possibilità esiste laddove la realizzazione
dell’aspetto economico dell’attività di produzione e scambio svolta
dall’amministrazione si fondi su di un’apposita struttura organizzativa che sia
improntata alla caratteristica dell’economicità. A tale opinione si ispira la
consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità richiamata al punto
10.
19. Neanche la critica all’estensione dei principi
espressi da Cass. n. 2756 del 2014 coglie nel segno, giacché, per quanto si è
sopra esposto il principio espresso da quel precedente e dai successivi arresti
sopra indicati, risulta applicabile alla posizione contributiva del Consorzio
ricorrente, posto che anch’esso è qualificabile in termini di <impresa
pubblica> nell’accezione a- tecnica sopra specificata che comporta la sua
inclusione nel novero dei soggetti tenuti al versamento dei contributi di
maternità e malattia, ai sensi dell’art. 20, comma 2, d.l. n. 112 del
2008 conv. in I. n. 133 del 2008.
20. Va chiarito che è del tutto irrilevante, ai fini
della configurabilità dell’obbligo contributivo in oggetto, la circostanza che
il Consorzio abbia erogato ai propri dipendenti i trattamenti in questione alla
luce della funzione svolta dall’obbligo contributivo all’interno dell’intero
sistema previdenziale.
21. Invero, va qui ribadito quanto affermato da
questa Corte di cassazione a Sezioni Unite con la sentenza
n. 10232 del 2003 (seguito da Cass. n. 15112 del 2004; Cass. n. 13791 del
2006), laddove si è affermato che il fondamento della previdenza sociale sta
nel principio di solidarietà, onde il concetto di sinallagma, ossia di
equilibrio di obbligazioni corrispettive, risulta insufficiente alla
rappresentazione del sistema giacché all’apporto contributivo delle categorie
interessate si accompagna il costante intervento finanziario dello Stato e
quindi della solidarietà generale.
22. Pertanto il legame tra contributi o prestazioni
può anche mancare, come nel caso dei contributi di mera solidarietà (cfr. Corte
cost. n. 26 del 2003) o di contribuzione figurativa o, ancora, quando debba
operare il principio di automaticità delle prestazioni, di cui all’art. 2116 cod. civ. Ne l’ammontare delle
prestazioni è necessariamente proporzionale a quello dei contributi, dipendente
dalla quantità della retribuzione imponibile, dalla varietà delle aliquote di
computo, dall’età dell’assicurato e nel lungo periodo anche dalle variazioni
del prodotto interno (nazionale) lordo.
23. Dunque, ben può persistere l’obbligazione
contributiva a carico del datore di lavoro anche quando per tutti o per alcuni
dei lavoratori dipendenti l’ente previdenziale non sia tenuto a certe
prestazioni.
24. L’obbligazione contributiva previdenziale
partecipa, inoltre, della natura delle obbligazioni di natura pubblicistica,
equiparabili a quelle tributarie a causa della origine legale e della
destinazione ad enti pubblici e quindi all’espletamento di funzioni sociali
(Cass. 21 luglio 1969 n. 2727); si tratta cioè di un’obbligazione pubblica e,
quindi, di un rapporto nato dalla legge, da essa esclusivamente regolato e
pertinente alla finanza complementare dello Stato.
25. Tutto ciò comporta che il regime legale della
contribuzione non può essere alterato da statuizioni dell’autonomia privata.
Tali debbono oggi ritenersi quelle contenute nei contratti collettivi, a
differenza di quelle vigenti nel regime corporativo, soppresso dal d.l. 5
agosto 1943 n. 721 e dal decreto luogotenenziale 23
novembre 1944 n. 369. Pertanto, non vale ad escludere l’obbligazione
contributiva oggetto di causa la previsione del c.c.n.I. 1 giugno 2005 agli
artt. 95 e 100, applicato dal Consorzio ricorrente nei rapporti di lavoro
intercorrenti con i propri dipendenti, che obbliga il medesimo ad erogare
direttamente ai dipendenti sia il trattamento di malattia che quello di
maternità.
26. Da ultimo, è evidente che dall’attribuzione al
Consorzio ricorrente della natura di ente pubblico, ai sensi del secondo comma
dell’art. 20 d.l. n. 133 del 2008 conv. in I. n. 112 del 2008, non può che discendere
l’obbligo contributivo ivi previsto ed al contempo risulti impedita la
sussunzione del Consorzio all’interno della platea dei soggetti indicati dal
primo comma del medesimo articolo 20 cit.
giacché il secondo comma è disciplina propria delle imprese pubbliche.
27.In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese
seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2000,00
per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura
del 15% e spese accessorie di legge, in favore del contro ricorrente INPS.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13.