Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 12 dicembre 2019, n. 32696
Licenziamento, Dedotto espletamento di mansioni superiori,
Mancata dimostrazione
Rilevato che
1. il Tribunale di Tivoli, dichiarato,
inammissibile, con sentenza non definitiva, la domanda di annullamento del
licenziamento intimato ad A. C., con sentenza definitiva accoglieva nel resto,
per quanto di ragione, la domanda proposta dal predetto, con condanna
dell’Impresa Edile di A. M. al pagamento di € 31.561,70 a titolo di differenze
retributive, oltre che di € 4.092,48 a titolo di TFR, ritenuta la mancata
dimostrazione del dedotto espletamento di mansioni superiori di operaio
specializzato e lo svolgimento di mere mansioni di manovalanza;
2. la Corte d’appello capitolina riteneva fondata la
censura di ultrapetizione formulata dall’impresa in persona del suo titolare,
avuto riguardo alle conclusioni contenute nel ricorso di primo grado ed al
tenore letterale delle stesse, nonché della narrativa del ricorso introduttivo,
riferite inequivocabilmente alla richiesta di differenze retributive collegate
al dedotto espletamento di mansioni superiori ed alla domanda di riconoscimento
del superiore inquadramento;
3. riteneva, poi, che l’esame della detta censura
assorbisse quello relativo all’accertamento della effettiva durata del rapporto
che aveva avuto una serie di interruzioni (relativamente ai periodi dal
4.10.2001 al 4.4.2002 e dal 16.1.2004 al 15.7.2005 per i quali era stata
percepita l’indennità di disoccupazione) e che fosse fondata anche la questione
inerente al versamento delle somme a titolo di contribuzione per la Cassa
Edile, per essere stati gli importi dovuti a titolo di accantonamento per la
Cassa versati direttamente al lavoratore, come accertato nella perizia
contabile, con effetto liberatorio in capo al datore di lavoro: il pagamento
aveva integrato, invero, una (implicita) revoca delle delega di pagamento
conferita con l’iscrizione alla Cassa, con cessazione della legittimazione
della stessa ad esigere dal datore il pagamento delle somme per accantonamenti
ed opponibilità della estinzione ai sensi dell’art.
1271, comma 3, c.c.;
4. di tale decisione domanda la cassazione il Cara,
affidando l’impugnazione a due motivi, illustrati con memoria ai sensi dell’art. 380 bis.l c.p.c., cui resiste, con
controricorso, l’impresa edile Di A. M..
Considerato che
1. con il primo motivo, si denunzia omessa pronuncia
sulla eccezione – proposta dall’appellato con la memoria di costituzione di
secondo grado – di giudicato interno formatosi sulla sentenza parziale emessa
dal giudice di primo grado il 25.3.2011, con conseguente violazione degli artt. 112 e 277, co.
1, c.p.c.;
2. il secondo motivo ascrive alla decisione
impugnata violazione del disposto dell’art. 324
c.p.c., in relazione alle previsioni dell’art.
340 e dell’art. 325 c.p.c., per violazione
del giudicato formatosi sulla sentenza parziale circa il diritto del ricorrente
a percepire le differenze retributive al predetto spettanti sulla base dell’
inquadramento al secondo livello del CCNL di categoria;
2.1. si assume che la Corte d’appello abbia del
tutto ignorato quanto dedotto dal lavoratore in ordine alla mancata
impugnazione, da parte del M., della sentenza parziale, con conseguente
formazione del giudicato interno sulla spettanza delle differenze retributive
reclamate dal lavoratore sia per l’ipotesi di riconoscimento dell’inquadramento
nel III livello contrattuale, sia per l’ipotesi di conferma dell’inquadramento
nel II livello già riconosciutogli;
2.3. si sostiene, con riguardo alla contestuale
ordinanza di rimessione della causa sul ruolo per il giuramento del CTU, che
nulla aveva eccepito la difesa dell’allora resistente, allorché, nella relativa
udienza, era stata demandata all’ausiliare la determinazione delle somme
eventualmente spettanti anche in relazione all’inquadramento nel II livello
contrattuale, a ciò conseguendo che la mancata tempestiva riserva di
impugnazione ed il decorso del relativo termine di impugnazione rendevano
l’appello avversario radicalmente inammissibile laddove lo stesso verteva su
punti ampiamente coperti dalla sentenza parziale;
2.4. si precisa che quest’ultima aveva disposto la
separazione della causa avente ad oggetto la domanda di differenze retributive
e t.f.r. e quella di condanna del resistente al pagamento di somme a titolo di
contributi alla Cassa edile con riferimento alla possibilità alternativa che
gli stessi fossero da rapportare al III ovvero al II livello del c.c.n.I.,
aggiungendosi che, con la sentenza parziale, letta congiuntamente all’ordinanza
in pari data, il primo giudice aveva riconosciuto essere dovute al lavoratore
differenze retributive anche nel caso in cui la prova da espletare avesse
condotto il giudicante a confermare l’inquadramento già riconosciuto;
2.5. sul rilievo che la sentenza parziale era
passata in giudicato, in mancanza di formulazione di riserva di impugnazione,
all’epoca del deposito del ricorso in appello del 13.4.2012 avverso la sentenza
definitiva (sentenza parziale del 25.3.2011), veniva ribadita la mancanza di
ogni considerazione della relativa eccezione e la violazione delle norme sul
giudicato interno;
2.6. con riferimento alla domanda di pagamento del
TFR viene denunziata omessa pronuncia su tale distinta domanda proposta
subordinatamente all’ipotesi di reiezione della domanda di riassunzione nel
posto di lavoro, conseguente alla declaratoria di illegittimità del
licenziamento impugnato, ovvero per l’ipotesi in cui il datore avesse ritenuto
di optare per la corresponsione dell’ indennità alternativa alla riassunzione;
2.7. si sostiene che tale domanda era distinta da
quelle proposte in via principale per differenze retributive ed accantonamenti
presso la Cassa Edile, che era stato lamentato l’omesso versamento del t.f.r.,
corrisposto solo in minima parte, e che, nell’atto di appello, il M. avesse
formulato distinte censure con riferimento a ciascuna delle pretese non avendo
sostenuto la tesi dell’ultrapetizione pure con riguardo al t.f.r.;
2.8. per le somme a titolo di differenze dovute per
l’accantonamento delle somme alla Cassa Edile spettanti al lavoratore il CTU
aveva precisato di avere considerato le differenze accertate a tale titolo
nella differenza retributiva totale, sicché anche per tali importi si era
formato il giudicato sulla sentenza parziale;
2.9. si richiamano, poi, gli artt. 19 e 21
rispettivamente del c.c.n.I. per le imprese edili e affini 5.7.1995 e 29.1.2000
e del successivo e c.c.n.I. Edilizia del 1.10.2004, sostenendosene la
violazione;
3. i due motivi vanno trattati congiuntamente per
l’evidente connessione delle questioni che ne costituiscono l’oggetto, avendosi
riguardo a quanto affermato da questa Corte, secondo cui, “quando con il
ricorso per cassazione venga dedotto un error in procedendo, il sindacato del giudice
di legittimità investe direttamente l’invalidità denunciata, mediante l’accesso
diretto agli atti sui quali si basa il ricorso medesimo, indipendentemente
dall’eventuale sufficienza e logicità della motivazione adottata in proposito
dal giudice di merito, atteso che, in tali casi, la Corte di cassazione è
giudice anche del fatto processuale” (cfr. Cass. 13.8.2018 n. 20716): tale
orientamento condivide il principio ribadito da Cass. n. 16164/15 proprio in
tema di vizio di omessa pronuncia, anche sulla scia di Cass. S.U. n. 8077/12;
4. in ordine alla dedotta sussistenza del giudicato
interno – per essere, secondo il ricorrente, il tenore della sentenza non
definitiva nel senso di legittimare il calcolo anche di eventuali differenze
retributive connesse al parziale adempimento degli obblighi retributivi
rapportati al secondo livello già posseduto dal C., richieste subordinatamente
dal lavoratore – è sufficiente osservare che la ricostruzione della vicenda
processuale contenuta nel ricorso non è idonea a supportare l’assunto secondo
cui la sentenza non definitiva del 25.3.2011 fosse riferita, quanto alla
necessità di accertamenti da compiersi a mezzo della c.t.u., nonché attraverso
l’escussione di testi, alla determinazione di differenze retributive
alternativamente riferite anche al II livello di inquadramento del c.c.n.I.
Edilizia Artigianato;
5. ed invero, in base alla stessa descrizione della
vicenda processuale quale effettuata dall’odierno ricorrente, lo
“sconfinamento” non consentito, indice di ultrapetizione, si è
piuttosto determinato con l’ordinanza emessa all’udienza del 22.4.2011
(successiva alla sentenza non definitiva) con la quale veniva formalizzato, con
specifici quesiti, l’incarico al CTU: ciò, tuttavia, non integra una questione
di giudicato interno, ostativo al rilievo di ultrapetizione effettuato dalla
sentenza della Corte d’appello qui impugnata;
6. a ciò consegue che, in assenza di un accertamento
contenuto nella sentenza non definitiva del diritto del C. a differenze
retributive riferite al livello di inquadramento già posseduto, non si pone
alcun problema di omessa impugnazione del relativo capo della decisione,
suscettibile di passaggio in giudicato per effetto della mancata riserva di
impugnazione avverso la pronunzia suddetta;
7. quanto alla dedotta mancata pronunzia da parte
del giudice del gravame sulla autonoma domanda di pagamento del TFR, la
deduzione integra una questione nuova, in mancanza di una precisa indicazione
dei termini in cui la stessa era stata devoluta al giudice del merito, posto
che le osservazioni sopra svolte riguardano anche la domanda di t.f.r.: ciò è
coerente con la evidenziata mancanza di una pronunzia del primo giudice
relativa al riconoscimento del diritto a differenze retributive, comprensive
anche degli importi riferiti all’anzidetto titolo; né si riporta il contenuto
dell’eccezione di ultrapetizione per dimostrare che la stessa non fosse
riferita, come si assume, anche a tale domanda;
8. infine, deve essere disatteso il rilevo formulato
dal ricorrente con riguardo al carattere apparente della motivazione adottata
dalla Corte del merito in relazione alla completa estinzione dell’obbligo del
datore conseguente all’avvenuto pagamento delle somme a titolo di
accantonamento per la Cassa Edile direttamente al lavoratore;
9. la pronuncia impugnata è esaustiva e corretta in
diritto quanto all’evidenziata distinzione dei rapporti che si instaurano tra
le parti ed agli effetti che conseguono al pagamento diretto da parte del
datore di lavoro in termini di implicita revoca della delega di pagamento
conferita allo stesso, cui consegue la cessazione della legittimazione della
Cassa ad esigere il pagamento per accantonamenti; ogni altro rilievo rifluisce
nella già rilevata mancanza di specificità con riguardo anche a tale capo della
domanda, avuto riguardo alla eccepita ultrapetizione, confermata dal giudice
del gravame, rispetto alla quale il Cara doveva ritenersi onerato di rimarcare
l’esistenza di domanda autonoma riferita alla dedotta differenza anche a titolo
di accantonamento asseritamente residuata e dovuta alla Cassa edile;
10. alla stregua delle svolte argomentazioni, il
ricorso va respinto;
11. le spese del presente giudizio seguono la
soccombenza della ricorrente e sono liquidate nella misura indicata in
dispositivo;
12. sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 115
del 2002;
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in euro
200,00 per esborsi, euro 4000,00 per compensi professionali, oltre accessori
come per legge, nonché al rimborso delle spese forfetarie in misura del 15%.
Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 art. 13,
comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da
parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato
pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dell’art. 13, comma 1 bis, del citato D.P.R.