La responsabilità del datore di lavoro per violazione degli obblighi di sicurezza è esclusa qualora il dipendente, vittima di due malavitosi, non dia prova degli indici di pericolosità dell’ambiente di lavoro.
Nota a Cass. 6 novembre 2019, n. 28516
Sonia Gioia
In materia di obblighi di protezione, “incombe al lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di allegare e provare, oltre all’esistenza del danno, la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’una e l’altra”.
Gli indici di nocività, in particolare, altro non sono che i concreti fattori di rischio, connessi alle modalità e alla tipologia della prestazione, e che, ai sensi dell’art. 2087 c.c., dovrebbero indurre il datore di lavoro ad apprestare le misure di sicurezza necessarie a prevenire situazioni di danno per la salute fisica e la personalità del dipendente.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione (6 novembre 2019, n. 28516), confermando la pronuncia di merito (App. Bari n. 1599/2014) che aveva respinto la domanda di risarcimento del danno per violazione degli obblighi di protezione proposta da un ferroviere colto da infarto in conseguenza dell’aggressione subìta, ad opera di due malavitosi, mentre era in servizio a bordo di un treno, non ritenendo dimostrata la responsabilità della società datrice di lavoro (Rete Ferroviaria Italiana s.p.a.) in quanto il dipendente si era limitato a rappresentare l’evento dannoso ma non aveva dato prova né degli specifici indicatori di pericolosità connessi al tipo di prestazione (i tempi e le modalità dell’evento, la tratta ferroviaria in cui questo si era verificato, l’eventuale esistenza di analoghi precedenti fatti delittuosi sullo stesso percorso) né delle relative misure di sicurezza che il datore avrebbe dovuto adottare.
Al riguardo, la Corte ha precisato che, in mancanza di tali indicazioni – atte “a differenziare la situazione lavorativa in cui si trovava ad operare il dipendente rispetto al generico rischio cui va incontro qualunque individuo per fatti penalmente illeciti ed imprevedibili di terzi” – la mera allegazione di un’aggressione per attività criminosa non può rientrare nell’ambito applicativo dell’art. 2087 c.c., in quanto la responsabilità datoriale non può essere estesa fino al punto da comprendere, sotto il profilo meramente oggettivo, ogni ipotesi di lesione all’integrità psicofisica del dipendente (Cass. n. 12089/2013; Cass. n. 15350/2001), considerato che elemento costitutivo di tale responsabilità è la colpa, quale difetto di diligenza nella predisposizione di misure idonee a prevenire ragioni di danno per il dipendente (Cass. 14102/2012; Cass. n. 6002/2012).
La responsabilità ex art. 2087 c.c., infatti, non dipende dal mero verificarsi del pregiudizio, ma è direttamente collegata alla violazione delle regole di comportamento imposte dalle norme di legge o fonti parimenti vincolanti (c.d. misure nominate) o suggerite dalle conoscenze tecniche e sperimentali del momento (c.d. misure innominate). In relazione a queste ultime, l’imprenditore non ha l’obbligo assoluto di predisporre ogni cautela possibile e innominata in grado di garantire un ambiente “a rischio zero” e di “fronteggiare le cause di infortunio imprevedibili”, ma è necessario che l’evento lesivo sia causalmente connesso alla violazione di obblighi di comportamento suggeriti ma concretamente individuati (Cass. n. 14066/2019, in questo sito, con nota di S. GIOIA, Infortunio sul lavoro e responsabilità datoriale; Cass. n. 8911/2019, in questo sito con nota di M.N. BETTINI, Rifiuto della prestazione motivato da inadempimento datoriale in materia di sicurezza).
Pertanto, il lavoratore che lamenti una lesione della propria integrità psicofisica è tenuto a dimostrare l’esistenza del danno e ad indicare la specifica misura di sicurezza – nominata o innominata – che sarebbe stata violata, provando altresì il nesso tra l’una e l’altra (Cass. n. 26495/2018; Cass. n. 24742/2018). In difetto di tali allegazioni, l’inadempimento degli obblighi di protezione da parte del datore di lavoro deve essere ritenuto insussistente o non provato.