Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 dicembre 2019, n. 33144

Contribuzione di maternità e malattia, Previsione
contrattuale collettiva che obbliga il datore di lavoro ad anticipare il
trattamento di malattia, Imprese dello Stato, degli enti pubblici e degli enti
locali privatizzate e a capitale misto, Obbligo contributivo, Natura
giuridica del consorzio di bonifica, Carattere imprenditoriale della propria
attività

 

Fatti di causa

 

1. La Corte di appello di Venezia, con sentenza n.
636 del 2015, rigettando gli appelli riuniti proposti dal Consorzio di Bonifica
Adige Po nei confronti dell’I.N.P.S. anche quale mandatario di S.C.C.I. s.p.a,
ha confermato due sentenze del Tribunale di Rovigo di rigetto delle opposizioni
a cartella, proposte dal Consorzio quale successore dei Consorzi soppressi di
Bonifica Padana Polesana e Polesine Adige Canalbianco, in riferimento a pretese
contributive fondate sull’art.
20, comma 2, I. n. 133 del 2008 ed a sanzioni relative a contribuzione di
maternità e malattia riferite al proprio personale, nel periodo novembre 2009 –
gennaio 2010, per complessivi euro 3946,67.

2. La Corte territoriale, dopo aver precisato che
per i datori di lavoro privati l’obbligo di versare la contribuzione per
maternità e per malattia sussiste anche in ipotesi di previsione contrattuale
collettiva che obblighi il datore di lavoro ad anticipare il trattamento di
malattia, ha accertato l’obbligo contributivo argomentando dalla natura
giuridica di impresa pubblica individuata dall’art. 20, comma 2, d.l. n. 112 del
2008 conv. in I. n. 133 del 2008, del
Consorzio ricorrente e richiamando, per coincidenza di principi regolatori, il
precedente di questa Corte di cassazione costituito dalla sentenza n. 2756 del
2014, formatosi su fattispecie riferita a soggetto pubblico regionale
trasformato in soggetto svolgente attività di impresa pubblica.

3. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per
cassazione il Consorzio di bonifica Adige Po, affidandosi a tre motivi
illustrati da memoria.

L’ INPS, anche nella qualità di mandatario di
S.C.C.I. s.p.a., ha resistito con controricorso.

 

Ragioni della decisione

 

1. Con il primo motivo di ricorso, il Consorzio di
Bonifica Adige Po denuncia violazione e falsa applicazione del combinato
disposto dell’art. 1, comma 1
bis d.l. 11 aprile 1989 n. 125 conv. in I. n. 214 del 1989 e dell’art. 20 d.l. n. 112 del 2008
conv. in I. n. 133 del 2008 in ragione del
fatto che l’art. 1, comma 1 bis, cit. prevede che le attività istituzionali dei
consorzi di bonifica non costituisce attività commerciale e, dunque, non può
ritenersi integrata in capo al consorzio la qualità di imprenditore
commerciale, ai sensi dell’art. 2195 cod.civ.;
peraltro, la giurisprudenza di legittimità ha sempre escluso che l’attività dei
consorzi in esame possa integrare l’ipotesi di impresa agricola ai sensi dell’art. 2135 cod. civ.

2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione e
falsa applicazione dell’art. 20,
comma 2, d.l. n. 112 del 2008 in ragione della errata qualificazione
giuridica dei Consorzi di Bonifica ai fini dell’applicazione della
contribuzione previdenziale di maternità relativa ai propri dipendenti e della loro
inclusione tra i destinatari del comma 2 dell’art. 20 d.l. n. 112 del 2008
conv. in I. n. 133 del 2008 che, a decorrere
dal primo gennaio 2009, ha previsto l’obbligo del versamento all’INPS della
contribuzione per malattia e maternità nei confronti delle imprese dello Stato,
degli Enti Pubblici e degli enti locali, privatizzati ed a capitale misto;
sostiene il ricorrente che la sentenza impugnata sia incorsa in errore per aver
accolto la tesi dell’INPS basata sulla considerazione della sua natura di
impresa appartenente ad ente pubblico laddove la esatta natura giuridica,
emergente dal contesto normativo costituito dalla legge regionale veneta n. 12
del 2009 ed ancor prima dall’art. 59 del r.d. 215 del 1933, sarebbe quella di
ente pubblico economico istituito per perseguire finalità pubblicistiche
erogando servizi di utilità pubblica e come tale estraneo alla previsione dell’art. 20, comma 2, d.l. n. 112 del
2008 cit. anche in considerazione del fatto che la destinazione
dell’attività del Consorzio non è diretta al mercato ma è resa in favore dei
proprietari degli immobili che traggono beneficio dalla bonifica. Ancora, nel
senso della negazione della natura imprenditoriale dell’attività dei consorzi
di bonifica militerebbe la legislazione europea in tema di aiuti di Stato che,
nelle occasioni in cui lo Stato italiano ha chiesto chiarimenti in ordine alla
fruizione di eventuali finanziamenti, attraverso diverse decisioni della
Commissione europea, ha avuto modo di negare che i consorzi di bonifica siano
imprese attive in un determinato mercato di beni o servizi e tale dato non
consentirebbe di attribuire la natura imprenditoriale in ambito contributivo
previdenziale. Peraltro, svolgere attività privatistica quale ente pubblico
economico non corrisponde ad assumere natura imprenditoriale, né assume rilievo
il contenuto della sentenza di questa Corte di cassazione n. 2756 del 2014
richiamata dalla sentenza impugnata.

3. Con il terzo motivo di ricorso si denuncia, in
via subordinata rispetto al primo ed al secondo, la violazione e falsa
applicazione dell’art. 20, comma
1, d.l. n. 112 del 2008 in ragione del fatto che la sentenza impugnata ha
ritenuto che l’art. 6 della
legge n. 138 del 1943, come interpretato autenticamente dal citato art. 20, sia inapplicabile ai
consorzi siccome enti pubblici e ciò nonostante il testo della norma non
contempli alcuna distinzione tra datori di lavoro privati e pubblici e
considerazioni di ordine sistematico inducano a ritenere che l’istituzione del
trattamento economico di malattia da parte della legge
n. 138 del 1943 abbia natura generale per tutti i lavoratori ed infatti è
questa la giustificazione della erogazione delle prestazioni di malattia e
maternità effettuate dal Consorzio ai propri dipendenti.

4. I motivi vanno trattati congiuntamente in quanto
connessi. Questa Corte di legittimità ha affrontato il tema oggetto dei motivi
di ricorso già con le recenti sentenze nn. 26038,
27344, 28296 del 2019 ed a tali sentenze, con
le ulteriori osservazioni che seguono motivate dai profili presenti nel
presente ricorso, va data continuità.

5. La questione controversa richiede, in primo
luogo, l’identificazione dei soggetti destinatari del disposto dell’art. 20,
comma secondo, d.l. n. 112 del
2008 conv. in I. n. 133 del 2008, che ha
il seguente tenore: “A decorrere dal 1 gennaio 2009, le imprese dello
Stato, degli enti pubblici e degli enti locali privatizzate e a capitale misto
sono tenute a versare, secondo la normativa vigente: a) la contribuzione per
maternità; b) la contribuzione per malattia per gli operai”.

6. Su tale tema questa Corte di cassazione (proprio
a partire da Cass. n. 2756 del 2014 citata dalla sentenza impugnata e poi con
Cass. nn. 18395 e 21536, 22291 del 2019), ha affermato che il riferimento alle
“imprese dello Stato” -secondo una interpretazione del testo
costituzionalmente orientata al principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost. – conduce a ritenere che
all’elencazione in essa prevista non può essere attribuito carattere tassativo,
posto che, l’espressione “imprese di Stato” che ricorre nel linguaggio
comune, dal punto di vista giuridico – cioè come volta ad indicare lo
svolgimento diretto da parte dello Stato di un’attività economica, costituita
dall’offerta di beni e servizi in un mercato, a scopo di lucro – non ha
cittadinanza negli Stati membri della UE, ponendosi in contrasto con gli artt. 106 e 107 TFUE, come
interpretati dalla Corte di giustizia UE (vedi, per tutte, Comunicazione della
Commissione UE sull’applicazione delle norme dell’Unione europea in materia di
aiuti di Stato alla compensazione concessa per la prestazione di servizi di
interesse economico generale – Testo rilevante ai fini del SEE – 2012/C 8/02 e
ivi ampi richiami).

7. Ne consegue che la suddetta espressione – tenendo
conto anche degli artt. 11 e 117 Cost. – non può che essere intesa in senso
a-tecnico, come riferita alle “imprese partecipate, in tutto o in parte,
dallo Stato” (vedi INPS – Circolare n. 114 del 30 dicembre 2008 e INPDAP –
Nota operativa n. 18 del 22 dicembre 2009 nonché Nota 20 luglio 2011, n. 18) ed
è, pertanto, evidente, che la stessa valenza a-tecnica debba essere attribuita
alla restante parte dell’elencazione contenuta nel citato comma 2, che quindi
va inteso nel senso di assoggettare alla contribuzione ivi prevista (da
effettuare all’INPS) : a) tutte le imprese degli enti pubblici e degli enti
locali (di cui al D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267
e successive modificazioni e integrazioni), che sono state interessate, per
effetto di norme di legge, di regolamento o convenzione, da processi di
privatizzazione avviati nel corso degli anni 90 ed ancora in via di
completamento e che hanno continuato ad essere assoggettate ad un regime
previdenziale di tipo pubblicistico, nonché a regimi speciali riconosciuti alle
medesime in forza di specifiche disposizioni normative; b) tutte le imprese a
capitale misto degli enti pubblici e degli enti locali; c) nonché le imprese
costituite a seguito di trasformazioni di enti ed istituti di diritto pubblico,
i cui dipendenti già assoggettati a regimi previdenziali speciali sono poi
confluiti nell’INPDAP.

8. Ciò premesso, va individuata la natura giuridica
del Consorzio ricorrente. Sul punto questa Corte di legittimità ( vd. tra le
altre Cass. SS.UU. n. 1547 del 20 gennaio 2017) ha avuto modo di affermare, al
fine di accertare la natura dei consorzi di bonifica, che l’art. 59 RD. n.
215/1933 qualifica espressamente i consorzi di bonifica quali “persone
giuridiche pubbliche”; la medesima definizione è ribadita dall’art. 862 c.c. e può aggiungersi che la natura di
impresa dei consorzi di bonifica è stata ritenuta sussistente laddove si è
applicata a tali enti pubblici la normativa sugli sgravi contributivi, sul
complesso dei contributi da corrispondere all’Inps, prevista (dall’art. 18 d. I. 30 agosto 1968 n.
918 nel testo fissato dall’art.
1 I. di conversione 25 ottobre 1968 n. 1089 e successive proroghe) solo in
favore delle imprese e con riguardo alle retribuzioni che siano effettivamente
assoggettate alla contribuzione per la disoccupazione involontaria, in
relazione a rapporti di lavoro non muniti di stabilità ( vd. Cass. n. 3616 del
1990 ed i richiami ivi contenuti).

9. Inoltre, quanto alla presente fattispecie, va
osservato che l’art. 1 Legge della Regione Veneto n. 12, 8 maggio 2009 (avente
ad oggetto “Nuove norme per la bonifica e la tutela del territorio”),
che ha abrogato la precedente legge regionale n. 3 del 1976 (contenente ”
Riordino dei consorzi di bonifica e determinazione dei relativi comprensori”‘)
e la legge regionale 1° marzo 1983, n. 9 (intitolata “Nuove disposizioni
per l’organizzazione della bonifica”), con rispettive integrazioni e
modifiche, stabilisce espressamente, all’ art. 3 ( Consorzi di bonifica), <
Nell’ambito di ciascun comprensorio di cui all’articolo 2, la Giunta regionale
costituisce un consorzio di bonifica avente natura di ente pubblico economico,
retto da un proprio statuto, la cui azione è informata ai principi di
efficienza, efficacia, economicità, trasparenza e sussidiarietà, secondo le
disposizioni della presente legge >.

10. La giurisprudenza di questa Suprema Corte è
costante nel ritenere che i consorzi di bonifica, come si è visto definiti
dalla legge enti pubblici-economici, pur avendo natura pubblicistica quanto a
costituzione e ad organizzazione, operano con caratteri di economicità ed
imprenditorialità, conseguendone ricavi idonei, almeno tendenzialmente, a
coprire i costi e le eventuali perdite (Cass., 13.7.2000, n. 9300, – Cass. SU.,
11.1.1997, n. 191; Cass., SU., 2.4.1996, n. 3036). Si è pure aggiunto che i
rapporti di lavoro intercorrenti fra tali enti ed i rispettivi dipendenti hanno
natura privata (Cass., 3.11.1992, n. 11907) e che l’attività dagli stessi
espletata, di natura imprenditoriale, non si sottrae alla classificazione come
industriale o agricola e tale natura, industriale o agricola, dell’attività
imprenditoriale svolta dal consorzi di bonifica va accertata non sulla base di
criteri generali ed astratti – come quelli stabiliti, ai fini previdenziali,
dagli artt. 33 del d.P.R. n.
797 del 1955 e 6, lett. b),
della legge n. 92 del 1979 o, in tema di determinazione del reddito
agrario, dall’art. 28 del
d.P.R. n. 597 del 1973 – ma, in conformità all’enunciazione del primo comma
dell’art. 2070 cod. civ., posta in necessario collegamento con gli artt. 2195 e 2135
dello stesso codice, sulla base dell’attività effettivamente esercitata da tali
enti (pubblici economici), da considerare, peraltro, dopo la soppressione
dell’ordinamento corporativo, non già alla stregua di criteri meramente
merceologici ma tenendo conto della valutazione operatane dalla contrattazione
collettiva (Cass., 23.11.1992, n. 12498).

11. Il Consorzio ricorrente imposta la propria tesi
sulla negazione del carattere imprenditoriale della propria attività, ritenendo
che tale qualificazione sia impedita dal valore sistematico da riconoscere al
disposto dell’art. 1, comma 1
bis, d.l. n. 125 del 1989 conv. in I. n. 214 del 1989, il quale afferma che
le attività istituzionalmente proprie svolte dai consorzi di bonifica non
costituiscono attività commerciale.

12. L’assunto non può essere condiviso in quanto la
disposizione invocata, inserita nelle < Disposizioni urgenti in materia di
liquidazioni e di versamenti dell’imposta sul valore aggiunto. (GU n.85 del
12-4-1989) >, si limita a negare ai fini tributari limitati alla imposta sul
valore aggiunto, la qualificazione dell’attività imprenditoriale in termini di
impresa commerciale e non ha certo la finalità di operare una qualificazione a
qualsiasi fine dell’attività economica svolta dai consorzi di bonifica; dunque,
essa non potrebbe mai assumere la valenza di norma di sistema tale da imporre
l’interpretazione suggerita che, a ben guardare, va anche oltre la portata
letterale della disposizione negando la natura imprenditoriale in sé.

13. Il termine «enti non commerciali», di matrice
tributaria, è stato utilizzato da principio nel corpo del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 598, ad indicare
quella categoria di soggetti sottoposti ad imposta sul reddito delle persone
giuridiche (Irpeg) che l’art. 2 lett. c del medesimo decreto individuava in
modo più circostanziato negli « enti pubblici e privati, diversi dalle società,
non aventi per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di un’attività
commerciale>>.

14. Neanche è utile alla tesi del ricorrente il
richiamo alle decisioni della Commissione europea in tema di aiuti di Stato
indicate in ricorso, le quali hanno avuto modo di accertare che i consorzi non
sono qualificabili come imprese attive in un determinato mercato di beni o
servizi, con ciò negando che il sostegno finanziario riconosciuto dallo Stato
ai consorzi di bonifica costituisca aiuto di Stato vietato ai sensi dell’art. 107 TFUE.

15. Invero, anche in questo caso, difetta nel valore
interpretativo da riconoscere alle fonti sovranazionali invocate, la idoneità
ad esprimere indicazioni cogenti in chiave di qualificazione a qualsiasi fine
della natura dell’attività svolta dai consorzi di bonifica.

16. L’attività della Commissione e dalla Corte di
giustizia europee, in materia di aiuti di Stato, infatti, è finalizzata non
alla qualificazione generale dell’attività delle imprese ( funzione estranea
comunque alla sfera di attribuzione dell’intera normativa di derivazione euro
unitaria che si ispira ad un sistema di attribuzioni per competenze) ma alla
ricerca di un necessario bilanciamento tra la tutela della concorrenza (vista
evidentemente non come valore in sé) ed il perseguimento degli obiettivi di
politica sociale di incentivo all’occupazione e da ciò trae origine
l’elaborazione dei criteri per individuare un aiuto di Stato vietato (costituti
dal vantaggio per l’impresa beneficiaria, dall’incidenza sulla concorrenza
all’interno del mercato europeo, dalla selettività, intesa come determinazione
di un vantaggio competitivo per certe imprese rispetto ad altre e dal
trasferimento di risorse pubbliche a favore delle imprese).

17.Si tratta, dunque, di valutazioni ampiamente
discrezionali e di incidenza limita all’interno del perimetro segnato dalla
materia degli aiuti di Stato che non determinano alcuna aporia o contraddizione
rispetto alla qualificazione che l’ordinamento interno ritiene di attribuire ai
consorzi di bonifica, come nel caso di specie, al limitato fine di ritenerli
soggetti all’obbligo di contribuzione di maternità e malattia.

18. Neanche il profilo della insussistenza della
natura imprenditoriale del Consorzio ricorrente per effetto, stavolta, della
non destinazione della propria attività ad un mercato esterno, può trovare
accoglimento in ragione della opinione affermatasi in ordine alla concreta
possibilità di ravvisare attività d’impresa nell’attività svolta da soggetti
pubblici, secondo la quale tale possibilità esiste laddove la realizzazione
dell’aspetto economico dell’attività di produzione e scambio svolta
dall’amministrazione si fondi su di un’apposita struttura organizzativa che sia
improntata alla caratteristica dell’economicità. A tale opinione si ispira la
consolidata giurisprudenza di questa Corte di legittimità richiamata al punto
10.

19. Neanche la critica all’estensione dei principi
espressi da Cass. n. 2756 del 2014 coglie nel segno, giacché, per quanto si è
sopra esposto il principio espresso da quel precedente e dai successivi arresti
sopra indicati, risulta applicabile alla posizione contributiva del Consorzio
ricorrente, posto che anch’esso è qualificabile in termini di <impresa
pubblica> nell’accezione a- tecnica sopra specificata che comporta la sua
inclusione nel novero dei soggetti tenuti al versamento dei contributi di
maternità e malattia, ai sensi dell’art. 20, comma 2, d.l. n. 112 del
2008 conv. in I. n. 133 del 2008.

20. Va chiarito che è del tutto irrilevante, ai fini
della configurabilità dell’obbligo contributivo in oggetto, la circostanza che
il Consorzio abbia erogato ai propri dipendenti i trattamenti in questione alla
luce della funzione svolta dall’obbligo contributivo all’interno dell’intero
sistema previdenziale.

21. Invero, va qui ribadito quanto affermato da
questa Corte di cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 10232 del 2003 (
seguito da Cass. n. 15112 del 2004; Cass. n. 13791 del 2006), laddove si è
affermato che il fondamento della previdenza sociale sta nel principio di
solidarietà, onde il concetto di sinallagma, ossia di equilibrio di
obbligazioni corrispettive, risulta insufficiente alla rappresentazione del
sistema giacché all’apporto contributivo delle categorie interessate si
accompagna il costante intervento finanziario dello Stato e quindi della
solidarietà generale.

22. Pertanto il legame tra contributi o prestazioni
può anche mancare, come nel caso dei contributi di mera solidarietà (cfr. Corte
cost. n. 26 del 2003) o di contribuzione figurativa o, ancora, quando debba
operare il principio di automaticità delle prestazioni, di cui all’art. 2116 cod. civ. Ne l’ammontare delle
prestazioni è necessariamente proporzionale a quello dei contributi, dipendente
dalla quantità della retribuzione imponibile, dalla varietà delle aliquote di
computo, dall’età dell’assicurato e nel lungo periodo anche dalle variazioni
del prodotto interno (nazionale) lordo.

23. Dunque, ben può persistere l’obbligazione
contributiva a carico del datore di lavoro anche quando per tutti o per alcuni
dei lavoratori dipendenti l’ente previdenziale non sia tenuto a certe
prestazioni.

24. L’obbligazione contributiva previdenziale
partecipa, inoltre, della natura delle obbligazioni di natura pubblicistica,
equiparabili a quelle tributarie a causa della origine legale e della
destinazione ad enti pubblici e quindi all’espletamento di funzioni sociali
(Cass. 21 luglio 1969 n. 2727); si tratta cioè di un’obbligazione pubblica e,
quindi, di un rapporto nato dalla legge, da essa esclusivamente regolato e
pertinente alla finanza complementare dello Stato.

25. Tutto ciò comporta che il regime legale della
contribuzione non può essere alterato da statuizioni dell’autonomia privata.
Tali debbono oggi ritenersi quelle contenute nei contratti collettivi, a
differenza di quelle vigenti nel regime corporativo, soppresso dal d.l. 5
agosto 1943 n. 721 e dal decreto luogotenenziale 23 novembre 1944 n. 369.
Pertanto, non vale ad escludere l’obbligazione contributiva oggetto di causa la
previsione del c.c.n.I. 1 giugno 2005 agli artt. 95 e 100, applicato dal
Consorzio ricorrente nei rapporti di lavoro intercorrenti con i propri
dipendenti, che obbliga il medesimo ad erogare direttamente ai dipendenti sia
il trattamento di malattia che quello di maternità.

26. Da ultimo, è evidente che dall’attribuzione al
Consorzio ricorrente della natura di ente pubblico, ai sensi del secondo comma
dell’art. 20 d.l. n. 133 del 2008
conv. in I. n. 112 del 2008, non può che
discendere l’obbligo contributivo ivi previsto ed al contempo risulti impedita
la sussunzione del Consorzio all’interno della platea dei soggetti indicati dal
primo comma del medesimo articolo 20 cit. giacché il secondo comma è disciplina
propria delle imprese pubbliche.

27.In definitiva, il ricorso va rigettato. Le spese
seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso; condanna il ricorrente al
pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2000,00
per compensi, oltre ad Euro 200,00 per esborsi, spese forfetarie nella misura
del 15% e spese accessorie di legge, in favore dell’INPS.

Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. 115
del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1
bis dello stesso articolo 13.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Sentenza 16 dicembre 2019, n. 33144
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