Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 dicembre 2019, n. 34372

Condizioni di lavoro riservate dalla impresa cessante
dall’appalto, Diritto ad osservare l’orario di lavoro part-time in precedenza
svolto presso precedente impresa appaltatrice, lllegittimità della unilaterale
variazione di orario da parte del datore di lavoro

 

Rilevato che

 

Il Tribunale di Frosinone accoglieva la domanda
proposta da M. C. nei confronti della M.C. s.r.l. intesa a conseguire
l’accertamento del diritto ad osservare l’orario di lavoro part-time in
precedenza svolto presso altra impresa, ai sensi dell’art.4 c.c.n.I. imprese di
pulizia secondo cui, in ipotesi di subentro di un’impresa ad un’altra
nell’appalto di servizi di pulizia, l’impresa subentrante è obbligata ad assumere
gli operai addetti all’appalto alle medesime condizioni di lavoro riservate
dalla impresa cessante; condannava quindi la parte datoriale al rispetto del
suddetto orario ed alla corresponsione delle maggiorazioni previste nel sesto
giorno lavorativo, oltre al risarcimento del danno, respingendo la domanda di
manleva proposta dalla convenuta nei confronti della s.r.l. P., precedente
appaltatrice.

Avverso tale decisione la società MA.CA. interponeva
gravame, che veniva respinto dalla Corte distrettuale con sentenza resa
pubblica in data 14/11/2014.

La cassazione di tale pronuncia è domandata dalla
MA.CA s.r.l. sulla base di due motivi ai quali resiste con controricorso la P.
s.r.l..

M. C. non ha svolto attività difensiva.

 

Considerato che

 

1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia
violazione e/o falsa applicazione dell’art.4 c.c.n.I. Imprese di Pulizia e
Multiservizi, nonché omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è
stato oggetto di discussione fra le parti.

La società deduce che nell’imminenza del subentro
nell’appalto di gestione dei servizi di pulizia in precedenza assegnato alla P.
s.r.l., quest’ultima le aveva inviato una chiara comunicazione in cui era
indicato l’orario di lavoro cui era tenuta la C., sicché a detto orario la predetta
era stata adibita. In tal senso priva di rilievo giuridico doveva ritenersi la
comunicazione da parte della lavoratrice, concernente la sentenza pubblicata in
data 11/1/2008 con la quale era stato accertato il diritto di quest’ultima nei
confronti della W. G. S. s.r.l. ad osservare un orario di lavoro su cinque
giorni settimanali, escluso in sabato. Si trattava di res inter alios acta che
non comportava alcun impegno per la società ricorrente di prescindere dalla
rituale comunicazione della precedente aggiudicataria dell’appalto, alla quale
era tenuta ex art.4 c.c.n.I di settore.

2. Il secondo motivo prospetta violazione e/o falsa
applicazione dell’art.4 c.c.n.I. Imprese di Pulizia e Multiservizi, nonché
omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di
discussione fra le parti.

Ci si duole del mancato accoglimento della domanda
di manleva proposta nei confronti della s.r.l. P. argomentandosi che la diversa
comunicazione dell’orario osservato da parte della C. (ricevuta il 13/2/2008,
dopo l’assunzione avvenuta il 5/2/2008), atteneva ad un giudizio non opponibile
alla società perché intervenuto fra diverse parti, e definito con sentenza resa
pubblica il giorno 11/1/2008, neanche passata in giudicato.

3. I motivi, da trattarsi congiuntamente per
presupporre la soluzione di questioni giuridiche connesse, vanno disattesi per
plurime concorrenti ragioni.

Non può infatti tralasciarsi di considerare che
tutte le articolate critiche hanno ad oggetto la regolamentazione offerta al
rapporto controverso dal contratto collettivo nazionale di settore, di cui si
denuncia la violazione e falsa applicazione ad opera dei giudici del gravame.

E’ bene al riguardo rammentare che nell’ambito della
contrattazione di lavoro privato la conoscenza del giudice-interprete è
consentita mediante l’iniziativa della parte interessata, da esercitare
attraverso le modalità proprie del processo, non essendo previsti i meccanismi
di pubblicità che assistono la contrattazione di lavoro pubblico (cfr. Cass. SS.UU. 12/10/2009 n. 21558, Cass. 4/11/2009 n. 23329).

All’assolvimento dell’onere, poi, la parte
ricorrente può adempiere anche con il deposito del fascicolo di merito, nel
quale sia stato allegato il contratto, ma deve, anche in tal caso, specificare,
nella indicazione degli allegati in calce al ricorso, in quale parte di tale
fascicolo, depositato in cassazione, si trovi allegato il contratto collettivo
(vedi ex aliis, Cass. 25/3/2010 n.7161, Cass. 20/11/2017 n.27475), non
potendosi ritenere sufficiente, pertanto, il mero richiamo operato nella
trattazione dei motivi di ricorso: precisazioni, queste ultime, che valgono a
definire compiutamente le modalità di collaborazione, cui il giudice e le parti
sono chiamati a seguito delle riforme di semplificazione processuale attuate
dal legislatore, e a delineare, in tale ambito, specifici doveri di
comportamento delle parti, non meramente formalistici, finalizzati alla
conoscenza e al reperimento immediato degli atti e, più in generale, alla più
ampia garanzia dell’azione e del contraddittorio (in termini: Cass. n. 23920 del 25/11/2010).

Nell’ottica descritta è stato quindi rimarcato che
“nel giudizio di cassazione, l’onere di depositare i contratti e gli
accordi collettivi – imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ.,
nella formulazione di cui al d.lgs. 2 febbraio
2006, n. 40 – può dirsi soddisfatto solo con la produzione del testo
integrale del contratto collettivo, adempimento rispondente alla funzione
nomofilattica della Corte di cassazione (vedi ex plurimis, Cass. 4/3/2015 n.
4350, Cass. 26/9/2016 n. 18866).

Orbene, nella specie l’istante non ha indicato nel
ricorso per cassazione, come prescritto dall’insegnamento di questa Corte
innanzi ricordato, l’avvenuta produzione integrale del CCNL richiamato e la
sede in cui tale documento era rinvenibile, senza specificazione nè del
deposito separato del contratto collettivo, su cui il ricorso si fonda, nè
della sede in cui, all’interno del fascicolo di parte, il medesimo contratto –
nell’intero testo – sia allegato, così non consentendo di procedere allo
scrutinio delle formulate doglianze; onde i motivi non si sottraggono ad un
giudizio di inammissibilità.

4. Sotto altro versante va rimarcato che i rilievi
formulati dalla ricorrente – riferibili sia a violazioni prospettate come error
in judicando che come vizio di motivazione – sono volti, nella sostanza, a
sindacare un accertamento di fatto condotto dal giudice del merito, che ha
portato lo stesso a ritenere dimostrata, alla stregua dei dati acquisiti in
giudizio, la responsabilità della società ricorrente in ordine alla violazione
delle disposizioni sancite dalla l.
61/2000 art.8 prò tempore vigente, in tema di indicazione dell’orario di
lavoro nei contratti a tempo parziale.

La Corte distrettuale, dopo aver rilevato che nel
contratto di lavoro intercorso fra la C. e la società MA.CA. non era stata
inserita la collocazione temporale dell’orario di lavoro, ma esclusivamente
l’orario complessivo settimanale, ha proceduto a determinarlo con valutazione
equitativa, in conformità ai dettami dell’art. 8 d.lgs. n. 61 del 2000,
tenendo conto dei parametri ivi indicati, comunque confermando la pronuncia di
condanna al risarcimento del danno emessa dal primo giudice.

E’ quindi pervenuta alla conferma della statuizione
della pronuncia impugnata, con la quale era stata respinta la domanda di
manleva proposta dalla MA.CA. s.r.l. nei confronti della precedente
aggiudicataria dell’appalto. Ha osservato in proposito che, seppure
quest’ultima aveva comunicato una erronea distribuzione dell’orario part time
di lavoro della dipendente – di fatto poi applicato dalla società appellante –
era altrettanto vero che la lavoratrice il 13/2/2008, aveva comunicato
all’amministratore della MA.CA. s.r.l. la sentenza n.1155/2007 con la quale il
Tribunale di Frosinone in un giudizio pendente fra la C. ed altra datrice di
lavoro, appaltatrice presso il medesimo istituto oggetto del contratto, aveva
dichiarato l’illegittimità della unilaterale variazione di orario da parte
della datrice di lavoro.

Nell’ottica descritta, la società MA.CA. “ben
avrebbe dovuto accertare con maggiore diligenza se vi fosse stato un errore
nella comunicazione e la fondatezza della richiesta della lavoratrice”, di
guisa che le conseguenze giuridiche dell’illecito, non potevano che ricadere
esclusivamente a carico della appellante.

La Corte di merito ha dunque ricostruito la vicenda,
rilevante in causa, inerente alla comunicazione dei dati di riferimento
relativi all’orario di lavoro a tempo parziale in precedenza definito nei
confronti della lavoratrice, addivenendo alle conclusioni innanzi descritte.

La quaestio facti è stata trattata in conformità ai
criteri valutativi di riferimento, pur pervenendo il giudice del gravame a
conclusioni difformi rispetto a quelle indicate da parte ricorrente; la
motivazione che innerva l’impugnata sentenza non può, quindi, ritenersi
risponda ai requisiti della assoluta omissione, della mera apparenza ovvero
della irriducibile contraddittorietà e dell’illogicità manifesta, che avrebbero
potuto giustificare l’esercizio del sindacato di legittimità, alla luce del
novellato testo dell’art. 360 comma primo n.5
c.p.c., applicabile ratione temporis (vedi Cass.
S.U. 7/4/2014 nn.8053 e 8054).

5. In definitiva, alla stregua delle considerazioni
sinora esposte, il ricorso deve essere respinto.

La ricorrente, secondo il regime della soccombenza,
va condannata alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore della
P. s.r.l., nella misura in dispositivo liquidata.

Nessuna statuizione va emessa nei confronti della
ulteriore parte intimata, che non ha svolto attività difensiva.

Sussistono i presupposti processuali per il
versamento, da parte ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo
unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1 bis
dello stesso art.13.

 

P.Q.M.

 

Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al
pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in euro 200,00 per
esborsi ed euro 4.000,00 per compensi professionali, spese generali al 15% ed
accessori di legge.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.lgs. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del
comma 1 bis dello stesso art. 13.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 23 dicembre 2019, n. 34372
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