Il risarcimento del danno superiore al massimo dell’incremento previsto dalle Tabelle milanesi è legittimo qualora le conseguenze dell’infortunio siano eccezionali.
Nota a Cass. ord. 29 ottobre 2019, n. 27727
Sonia Gioia
In materia di ristoro del pregiudizio alla persona del lavoratore derivante da infortunio sul lavoro, le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano “si sostanziano in regole integratrici del concetto di equità”, volte “a circoscrivere la discrezionalità dell’organo giudicante, sicché costituiscono un criterio guida e non una normativa di diritto” (Cass. n. 1553/2019).
Pertanto, il disconoscimento dei limiti massimi di incremento percentuale previsti da tali tabelle “non costituisce intrinseca espressione della errata determinazione dell’importo liquidato laddove questo sia ancorato (…) all’accertamento (…) in ordine all’eccezionalità delle conseguenze connesse all’infortunio riportate dal lavoratore sul piano esistenziale e, quindi, trovi il suo fondamento nella esigenza di ristoro integrale del pregiudizio subìto, sia pure attraverso il criterio equitativo”.
Lo ha affermato la Corte di Cassazione (ord. 29 ottobre 2019, n. 27727), confermando la pronuncia di merito (App. Torino n. 1014/2014) che aveva risarcito il dipendente, vittima di infortunio sul lavoro (addetto alla ripartizione della corrispondenza caduto da una pedana di carico), per un ammontare eccedente i massimi previsti dalle Tabelle milanesi in ragione della eccezionalità delle conseguenze dell’evento dannoso.
In particolare, il giudice, in sede di personalizzazione del danno, aveva ancorato l’incremento attribuito al “mutamento radicale intervenuto nella vita del lavoratore” che, prima dell’infortunio, conduceva “una vita molto intensa e con diversi interessi (anche di natura sportiva)”, e alla previsione di un progressivo peggioramento delle condizioni di salute e dello stile di vita.
In merito, la Corte ha ritenuto legittimo il risarcimento superiore al massimo dell’incremento percentuale stabilito dalle tabelle milanesi (aumento del 25%), precisando che queste ultime costituiscono un valido parametro per la valutazione equitativa del danno biologico (quale menomazione dell’integrità psico-fisica della persona), da cui, tuttavia, l’organo giudicante può discostarsi, a fronte di circostanze eccezionali, al fine di garantire la massima personalizzazione del danno e il completo ristoro del pregiudizio subìto.