Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 07 gennaio 2020, n. 112
Istanza di aspettativa retribuita, Assenze ingiustificate,
Licenziamento disciplinare, Annullamento, Reintegrazione nel posto di lavoro
– Pagamento di un’indennità risarcitoria
Rilevato che
Con sentenza in data 14 maggio 2018, la Corte
d’appello di Firenze annullava il licenziamento disciplinare intimato il 6
febbraio 2015 da B. s.r.l. ad A.B. per assenze ingiustificate protrattesi oltre
tre giorni consecutivi dall’8 al 12 novembre 2014 e condannava la società alla
sua reintegrazione nel posto di lavoro e al pagamento di un’indennità
risarcitoria in misura di dodici mensilità (con detrazione di eventuale
retribuzione percepita dopo il licenziamento), oltre al versamento dei
contributi previdenziali e assistenziali: in riforma della sentenza di primo
grado, che aveva rigettato l’opposizione del predetto avverso l’ordinanza dello
stesso Tribunale ai sensi dell’art.
1, comma 49 I. 92/2012, che ne aveva invece accertato la legittimità e
respinto le domande del lavoratore; essa negava preliminarmente l’applicabilità
a B. s.r.l., in assenza (siccome esercente un servizio di trasporto di linea in
regime di autorizzazione) dei requisiti di estensibilità, per effetto della
legge 1054/1960, del regime previsto dal r.d.
148/1931 con la conseguente inesistenza del diritto del lavoratore, in tale
senso istante, all’aspettativa retribuita riconfigurata dall’art. 4 dell’accordo
14 novembre 2014;
la Corte territoriale riteneva tuttavia, sulla base
dello stesso CCNL 1976 del settore applicato
dalla società e dopo aver ricostruito la sequenzialità cronologica della
vicenda relativa alla malattia del lavoratore, il licenziamento intimato privo
di giusta causa, per insussistenza del fatto, in considerazione del laconico ed
equivoco comportamento datoriale rispetto all’esplicita istanza di aspettativa
del predetto (e prevedendone l’art.
66 CCNL cit. una non retribuita a valutazione discrezionale del datore) e,
ancor prima, di un’assenza dal servizio ingiustificata; avverso tale sentenza
la società, ricorreva per cassazione con due motivi, cui il lavoratore
resisteva con controricorso;
Considerato che
1. la ricorrente deduce violazione o falsa
applicazione dell’art. 66, n. 4,
lett. h) CCNL autoferrotranvieri e dei contratti e accordi collettivi
nazionali di lavoro con carente o insufficiente motivazione in ordine alla loro
applicazione e interpretazione e omissione di esame e valutazione di un fatto
decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale erroneamente ritenuto
giustificata l’assenza del lavoratore, protrattasi oltre tre giorni consecutivi
dal 7 al 12 novembre 2014, invece ingiustificata né comunicata, sulla base di
risultanze processuali e delle stesse affermazioni del lavoratore deponenti in
senso contrario, nonostante il diniego dell’aspettativa retribuita richiesta
dal predetto, comunicatagli con nota da lui ricevuta il 7 novembre 2014 e senza
che egli comunicasse tempestivamente l’assenza, sul presupposto della
concessione, soggettivamente ravvisata, di un’aspettativa non retribuita, a
discrezione datoriale, mai accordata e pertanto in violazione degli adempimenti
stabiliti dal CCNL in ordine all’assenza per malattia e degli obblighi del
lavoratore di diligenza e correttezza, sanzionati con il licenziamento,
legittimamente intimato (primo motivo); violazione o falsa applicazione
dell’art. 82 Testo Coordinato del CCNL 1976, 1985, 1987, 1991, 2000,
dell’art. 6 “Allegato A) Disposizioni integrative per gli addetti ai
servizi ausiliari per la mobilità” del CCNL Autoferrotranvieri 2000
richiamato dall’art. 4 CCNL Autoferrotranvieri riferito al Trattamento
economico e normativo degli addetti all’area operativa “servizi ausiliari
della mobilità”, con carente o insufficiente motivazione in ordine alla
loro applicazione e interpretazione e con omissione di esame e valutazione di
un fatto decisivo per il giudizio, per avere la Corte territoriale erroneamente
ritenuto giustificata l’assenza del lavoratore sulla presunta e non necessaria
omessa motivazione del diniego dell’aspettativa non retribuita richiesta dal
lavoratore, in base a normativa contrattuale non applicabile, siccome relativa
a dipendenti assegnati all’area operativa “servizi ausiliari per la
mobilità” (e quindi non di B. s.r.l.), pure con interpretazione dell’art.
6 denunciato manipolata nell’espressione letterale “potrà essere
concesso” (al lavoratore un periodo di aspettativa non retribuita) in
quella “il lavoratore può avere accesso”: così rendendo aspettativa
di un diritto del lavoratore una discrezionale facoltà datoriale (secondo
motivo);
2. I due motivi, congiuntamente esaminabili per
ragioni di stretta connessione, sono inammissibili;
2.1. è noto che la conoscibilità della fonte
normativa si atteggi diversamente a seconda che si versi in un’ipotesi di
violazione del contratto collettivo nazionale di lavoro privatistico rispetto a
quella in cui le questioni attengano ad un contratto collettivo nazionale del
pubblico impiego, atteso che, mentre in quest’ultimo caso il giudice procede
con mezzi propri (secondo il principio “iura novit curia”), nel primo
il contratto è conoscibile solo con la collaborazione delle parti, la cui
iniziativa, sostanziandosi nell’adempimento di un onere di allegazione e
produzione, è assoggettata alle regole processuali sulla distribuzione
dell’onere della prova e sul contraddittorio, che non vengono meno neppure
nell’ipotesi di acquisizione giudiziale ai sensi dell’art. 425, quarto comma c.p.c. (Cass. 16 settembre 2014, n. 19507; Cass. 5 marzo
2019, n. 6394);
2.2. questa Corte ha diversamente modulato l’onere
di deposito, nel giudizio di cassazione, dei contratti e degli accordi
collettivi imposto, a pena di improcedibilità del ricorso, dall’art. 369, secondo comma, n. 4 c.p.c. (nella
formulazione introdotta dal d.lg. 40/2006):
secondo un indirizzo, in un’accezione più rigorosa, per la quale esso è stato
ritenuto soddisfatto solo con la produzione del testo integrale del contratto
collettivo, quale adempimento rispondente alla funzione nomofilattica della Corte
di cassazione e necessario per l’applicazione del canone ermeneutico previsto
dall’art. 1363 c.c. (Cass. 4 marzo 2015, n.
4350; Cass. 14 giugno 2018, n. 15580; Cass. 4 marzo 2019, n. 6255); secondo
altro, in una più flessibile, per la quale esso è stato invece ritenuto
soddisfatto, sulla base del principio di strumentalità delle forme processuali,
quanto agli atti e documenti contenuti nel fascicolo di parte, anche mediante
la produzione del fascicolo nel quale essi siano contenuti e, quanto agli atti
e documenti contenuti nel fascicolo d’ufficio, mediante il deposito della
richiesta di trasmissione di detto fascicolo presentata alla cancelleria del
giudice che ha pronunciato la sentenza impugnata e restituita al richiedente
munita di visto ai sensi dell’art. 369, terzo comma
c.p.c. (Cass. s.u. 3 novembre 2011, n. 22726;
Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 18 settembre
2017, n. 21554; Cass. 3 maggio 2019, n. 11599);
2.3. sempre è stata tuttavia affermata, secondo
l’uno e l’altro indirizzo ai fini di procedibilità del ricorso, l’esigenza, in
ogni caso, di una specifica indicazione, a pena di inammissibilità a norma
dell’art. 366, primo comma, n. 6 c.p.c., degli
atti, dei documenti e dei dati necessari al reperimento degli stessi (con
richiamo sul punto di tutte le sentenze citate al punto precedente);
2.4. nel caso di specie, la società ricorrente non
ha specificamente indicato la sede di produzione dei contratti collettivi degli
autoferrotranvieri, che pure sono stati oggetto di censura in merito
all’interpretazione datane (art. 66,
n. 4, lett. h del CCNL autoferrotranvieri 23 luglio 1976, sebbene con una
contestazione della valutazione in fatto della Corte, in base a diversa
ricostruzione interpretativa della vicenda; art. 82 del Testo Coordinato del CCNL 1976, 1985, 1987, 1991, 2000) e addirittura alla stessa appropriata
pertinenza del parametro collettivo adottato (art. 6 “Allegato A –
Disposizioni integrative per gli addetti ai servizi ausiliari per la
mobilità” del CCNL Autoferrotranvieri 2000, richiamato dall’art. 4 CCNL
Autoferrotranvieri); essa si è limitata ad una generica e laconica indicazione,
in calce alle conclusioni rassegnate, di deposito dei “fascicoli di parte
di tutti i precedenti gradi di giudizio” oltre che di “istanza alla
Cancelleria della Corte di Appello di Firenze per la trasmissione alla
Cancelleria della Corte di Cassazione del fascicolo di Ufficio”:
palesemente inidonea, sulla base della giurisprudenza di questa Corte, alla
soddisfazione di quell’onere prescritto a pena di inammissibilità;
3. pertanto il ricorso deve essere dichiarato
inammissibile e le spese del giudizio regolate secondo il regime di
soccombenza, con distrazione al difensore antistatario, secondo la sua
richiesta e raddoppio del contributo unificato, ove spettante nella ricorrenza
dei presupposti processuali (conformemente alle indicazioni di Cass. s.u. 20
settembre 2019, n. 23535);
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la
società alla rifusione, in favore del controricorrente, delle spese del
giudizio, che liquida in € 200,00 per esborsi e € 5.000,00 per compensi
professionali, oltre rimborso per spese generali 15% e accessori di legge, con
distrazione al difensore antistatario.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n.
115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13,
se dovuto.