Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 gennaio 2020, n. 398

Licenziamento, Indennità risarcitoria, Elemento soggettivo,
Volontà di discostarsi da disposizioni aziendali, Sanzione espulsiva non
proporzionata

 

Rilevato

 

1. Che la Corte d’appello di Napoli, pronunziando in
sede di reclamo, in riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato
risolto il rapporto di lavoro tra G.T. e U. s.p.a., quale conseguenza del
licenziamento intimato al primo in data 30 dicembre 2014, e condannato la società
datrice al pagamento di un’indennità risarcitoria commisurata a 24 mensilità
dell’ultima retribuzione globale di fatto; ha compensato nella misura della
metà le spese del doppio grado ponendo il residuo a carico della società U.;

1.1. che il giudice del reclamo, ritenuti
sussistenti il nucleo essenziale dei fatti contestati, costituito da ripetuti
ed ingiustificati utilizzi dell’auto personale nonostante l’auto aziendale
fosse disponibile e da violazioni attinenti alle modalità trasmissione e
giustificazione delle note spese relative alle trasferte effettuate, e
l’elemento soggettivo rappresentato dalla volontà di discostarsi da
disposizioni aziendali pur dopo i definitivi chiarimenti sul punto intervenuti
con il superiore, ha ritenuto non proporzionata la sanzione espulsiva tenuto
conto del numero di trasferte non corredate da regolare nota spese,
dell’assenza di un danno economico per la società e della esistenza di un
precedente aziendale di diversa portata (sanzione conservativa irrogata per un
minor numero di episodi ad altro dipendente); la determinazione nella misura
massima della indennità risarcitoria è stata fondata sul ruolo di quadro del
dipendente, sulla durata ultraventennale del rapporto, sull’età del lavoratore
che lo rendeva difficilmente ricollocabile nel mondo del lavoro e sulle
dimensioni aziendali;

2. che per la cassazione della decisione ha proposto
ricorso G.T. sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con
tempestivo controricorso e proposto ricorso incidentale affidato a due motivi;
G.T. ha depositato controricorso avverso il ricorso incidentale nonché memoria
ai sensi dell’art. 380-bis. 1. cod. proc. civ.
;

 

Considerato

 

Sintesi dei motivi di ricorso principale

1. Che con il primo motivo di ricorso principale
parte ricorrente deduce omesso esame circa un fatto controverso e decisivo,
oggetto di discussione fra le parti, per non avere il giudice del reclamo
considerato che la mail del T. in data 25.3.2014, ore 16,31, nella quale, fra
l’altro, il ricorrente aveva chiarito e precisato al superiore N. la sua
condotta in tema di rimborso spese al fine di essere certo di operare
correttamente richiedendo allo stesso esplicita conferma, era rimasta priva di
riscontro da parte del superiore; assume la decisività di tale circostanza
evidenziando, in sintesi, che proprio il mancato riscontro di tale mail da
parte del N. spiegava la ragione per la quale il T. aveva continuato ad operare
nel modo consueto, non avendo ricevuto sul punto contestazione alcuna. Sostiene
che la ricostruzione del giudice del reclamo era fondata su un’inversione della
sequenza temporale dei contatti intervenuti tra il lavoratore ed i superiori,
alla stregua della quale appariva – erratamente – che il N. avesse dato chiare
delucidazione ai dubbi sollevati dal T. i quali, invece, erano risultati
implicitamente confermati dal responsabile determinando così l’incolpevole
prosecuzione nelle condotte oggetto di addebito. A riprova della buona fede del
T. allega che il sistema SAP non prevedeva come necessaria, per il rimborso
delle spese non documentate, la stampa del documento cartaceo; richiama,
inoltre, il M.T. aziendale argomentando diffusamente sulla non necessità, alla
stregua dello stesso, dell’autorizzazione del superiore;

2. che con il secondo motivo deduce violazione e
falsa applicazione dell’art.
18 legge n. 300 del 1970 censurando la sentenza impugnata per avere
ritenuto applicabile la tutela risarcitoria prevista dal comma 5 in luogo della
tutela reintegratoria prevista dal comma 4, della disposizione richiamata quale
risultante dalla novella introdotta dalla legge n.
92 del 2012. Premesso che la società aveva contestato la esistenza di gravi
irregolarità poste in essere al fine di trarne un profitto personale, sostiene
che la mancanza di tale profitto così come l’assenza dell’elemento intenzionale
ispiratore della condotta non consentiva di ritenere integrata la
<<sussistenza del fatto>> e tanto giustificava l’applicabilità
della tutela reintegratoria;

Sintesi dei motivi di ricorso incidentale.

3. Che con il primo motivo di ricorso incidentale U.
s.p.a. deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 5, Legge n. 300
del 1970 anche in relazione agli artt. 2104,
1175, 1375 e 2119 cod. civ., agli artt. 1 e 3 legge n. 604 del 1966 ed
agli artt. 1165 e 116
cod. proc. civ., censurando la valutazione di non proporzionalità della
sanzione espulsiva alla base della condanna all’indennità risarcitoria; ciò
avuto riguardo al numero e alla continuità degli episodi, al rilievo attribuito
all’assenza di un danno all’immagine, in contrasto con la necessità di
valutazione particolarmente rigorosa degli obblighi di diligenza e fedeltà di
un dipendente bancario, all’ingiustificato rilievo attribuito all’assenza di
danno per l’azienda o al difetto di arricchimento personale, elementi privi di
valenza costitutiva al fine della integrazione della giusta causa di recesso,
all’ingiustificato rilievo attribuito alla valutazione di congruità delle spese
oggetto di richiesta di rimborso ed alla comparazione con la posizione
oggettivamente diversa di altro dipendente il quale per condotte analoghe era
stato punito con sanzione conservativa;

5. che con il secondo motivo deduce violazione e
falsa applicazione dell’art. 132, comma 2, n. 4
cod. proc. civ., censurando la sentenza impugnata sul rilievo che la
contraddittorietà di alcune affermazioni della sentenza impugnata inficiava la
decisione per motivazione apparente;

Esame dei motivi di ricorso principale.

6. Che il primo motivo di ricorso è infondato. La
sentenza impugnata ha premesso che il T., in ragione del ruolo di Responsabile
del Centro Sviluppo Campania Nord rivestito all’epoca dei fatti (quadro
direttivo 4° livello), aveva la esigenza di effettuare frequenti trasferte
senza necessità di previa autorizzazione e che in caso di rimborso spese egli
era tenuto a presentare un modulo informatico da compilare, stampare e
sottoporre alla firma del proprio Responsabile, risultando a tal fine molto
chiare le disposizioni esplicitate nelle pagine 14 e 15 dell’ordine di servizio
20.04.2012. Tali disposizioni erano state disattese in violazione degli
obblighi negoziali gravanti sul dipendente; era stato lo stesso T., infatti, ad
ammettere non solo di avere fatto costante ricorso alla vettura privata e non a
quella aziendale ma, soprattutto, di avere predisposto, in occasione delle
trasferte, una nota spese sottoscrivendola anche in qualità di Responsabile e
richiedendo costantemente un importo fisso a titolo di <<altre spese non
documentate>>. Il giudice del reclamo ha, in particolare, ritenuto
significativo il contenuto della mail in data 25 marzo 2014 inviata al
superiore gerachico, N., in risposta a mail del giorno precedente con la quale
quest’ultimo chiedeva al T. spiegazioni in merito alla mancata richiesta di
autorizzazione relativa ai documenti di trasferta ed all’uso dell’autovettura
aziendale, e rilevato che alla nota del lavoratore faceva seguito mail del N.
con la quale questi, fra l’altro, ribadiva la necessità di controfirma della
nota spese da parte del responsabile gerarchico e la necessità che
l’autovettura aziendale venisse adoperata in via preferenziale. La Corte di
merito ha, quindi, osservato che mentre i dubbi del T. in ordine all’uso
dell’autovettura aziendale erano stati fugati solo con quest’ultima mail del
superiore, non così quanto ai dubbi relativi alla necessità di autorizzazione
da parte del superiore gerarchico in merito alla nota spese, stanti le
inequivoche disposizioni a riguardo del richiamato ordine di servizio;

6.1. che la ricostruzione fattuale del giudice del
reclamo, anche in relazione al profilo della consapevolezza da parte del T.
delle disposizioni aziendali in tema di procedure da osservare per l’ipotesi di
rimborso spese, non risulta incrinata dalla mancata considerazione del fatto,
del quale si denunzia omesso esame, rappresentato, in sintesi, dal mancato
riscontro da parte del N. alla seconda mail inviata dal T. il 25.3.2014; tale
circostanza negativa, della quale peraltro parte ricorrente non chiarisce, in
violazione del disposto dell’art. 366, comma 1, n.
6 cod. proc. civ., la risultanza processuale dalla quale emergerebbe,
risulta priva di decisività posto che la Corte di merito ha accertato quanto
alle documentazione delle spese relative alle trasferte che l’ordine di
servizio era sul punto assolutamente chiaro sulle procedure da seguire e sulla
necessità di autorizzazione da parte del superiore gerarchico dimostrando così
implicitamente di escludere la necessità di ulteriori delucidazioni a riguardo;
quanto all’ uso dell’autovettura aziendale ha ritenuto fugato ogni dubbio dalla
risposta del N.. In conseguenza, alla stregua della operata ricostruzione alcun
rilievo può assumere la mancata risposta alla seconda mail del dipendente
atteso il valore di definitiva chiarificazione riconosciuto alla mail del N.,
configurandosi le eventuali osservazioni del T. formulate con la mail
successiva frutto di personale ricostruzione delle modalità operative del
sistema, non abbisognevole alla luce dei precedenti contatti intercorsi con il
superiore, di ulteriori chiarimenti e spiegazioni circa le corrette modalità
operative da rispettare;

7. che il secondo motivo di ricorso è infondato. La
sentenza impugnata ha dimostrato di ritenere integrato il fatto
disciplinarmente rilevante dalla inosservanza delle sole disposizioni aziendali
e ciò a prescindere dal verificarsi anche dell’ulteriore requisito
rappresentato dalla finalizzazione dei comportamenti al profitto personale del
dipendente (sentenza, pag. 6, secondo capoverso dove si dice in ragione di tali
vicende la Società appellata contestava al dipendente la violazione dei doveri
di diligenza e buona fede, correttezza e trasparenza oltre che di fondamentali
norme di legge e di contratto … e quarto capoverso ove si dice il fulcro
della vicenda risiede nella gestione dei rimborsi spese connessi a ciascuna
delle trasferte elencate nella lettera di contestazione). Ciò nell’implicito
presupposto che la parte datoriale avesse inteso contestare e sanzionare la
violazione delle disposizioni aziendali a prescindere dallo loro finalizzazione
alla realizzazione di un profitto personale di dipendente. Da tanto consegue
che il ricorrente, onde far valere la insussistenza dell’elemento soggettivo
(sub specie di necessità del dolo specifico) dedotta con il motivo in esame,
avrebbe dovuto innanzitutto censurare la interpretazione da parte del giudice
di merito del contenuto della lettera di contestazione con riferimento alla
identificazione delle condotte addebitate, censura non formalmente dedotta e
neppure evincibile dalla illustrazione del motivo in esame. Alla stregua della
ricostruzione operata dalla Corte di merito in ordine al contenuto delle
condotte oggetto di addebito addebitate è, pertanto, da escludere il ricorrere
dell’ipotesi di <<insussistenza del fatto > giustificativa della
tutela reale ai sensi dell’art.
18, comma 4 legge n. 300 del 1970 nel testo modificato dall’art. 1, comma 42, della legge n. 92
del 2012;

Esame dei motivi di ricorso incidentale

8. che il primo motivo di ricorso incidentale è
infondato. Come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità la <<giusta
causa>> di licenziamento è una nozione che la legge, allo scopo di un
adeguamento delle norme alla realtà da disciplinare, articolata e mutevole nel
tempo, configura con una disposizione (ascrivibile alla tipologia delle c.d.
clausole generali) di limitato contenuto, delineante un modello generico che
richiede di essere specificato in sede interpretativa mediante la
valorizzazione sia di fattori esterni relativi alla coscienza generale, sia di
principi che la stessa disposizione tacitamente richiama. Tali specificazioni
del parametro normativo hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è
quindi deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre
l’accertamento della concreta ricorrenza, nel fatto dedotto in giudizio, degli
elementi che integrano il parametro normativo e le sue specificazioni, e della
loro concreta attitudine a costituire giusta causa di licenziamento, si pone
sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e
incensurabile in cassazione se privo di errori logici o giuridici (Cass. n. 7426 del 2018, Cass. n. 6498 del 2012, Cass. n. 5095 del 2011, Cass. n. 8254 del 2004). Parte ricorrente, pur
formalmente denunziando violazione di norme di diritto, non individua nella
valutazione di non proporzionalità della sanzione espulsiva da parte del
giudice del reclamo alcuno specifico contrasto con i criteri e principi
desumibili dall’ordinamento generale; le critiche articolate, infatti, tendono,
piuttosto, a contrastare tale valutazione sotto il profilo della mancata
considerazione di alcuni elementi e della errata valorizzazione di circostanze
che si asseriscono ininfluenti. In altri termini oggetto di critica è
costituito dall’apprezzamento delle circostanze del caso concreto, che
costituisce valutazione riservata al giudice di merito censurabile in sede di
legittimità solo per vizio di motivazione (Cass. n. 509 del 2018, Cass. n. 35
del 2011, Cass. n. 19270 del 2006, Cass. n.
9299 del 2004), neppure formalmente dedotto dalla odierna ricorrente
incidentale;

9. che il secondo motivo di ricorso incidentale è
infondato. E’ noto che la motivazione meramente apparente – che la
giurisprudenza parifica, quanto alle conseguenze giuridiche, alla motivazione
in tutto o in parte mancante – sussiste allorquando pur non mancando un testo
della motivazione in senso materiale, lo stesso non contenga una effettiva
esposizione delle ragioni alla base della decisione, nel senso che le
argomentazioni sviluppate non consentono di ricostruire il percorso logico –
giuridico alla base del decisum. E’ stato, in particolare, precisato che la
motivazione è solo apparente, e la sentenza è nulla perché affetta da error in
procedendo, quando, benché graficamente esistente, non renda, tuttavia,
percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni
obbiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice
per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare
all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture
(Cass. Sez. Un. n. 22232 del 2016), oppure allorquando il giudice di merito
ometta ivi di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento
ovvero li indichi senza un’approfondita loro disamina logica e giuridica,
rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla
logicità del suo ragionamento (Cass. n. 9105 del 2017) oppure, ancora,
nell’ipotesi in cui le argomentazioni siano svolte in modo talmente contraddittorio
da non permettere di individuarla, cioè di riconoscerla come giustificazione
del decisum (Cass. n. 20112 del 2009). Tali carenze, che l’odierna parte
ricorrente assume sulla base di considerazioni del tutto generiche ed
assertive, non sono riscontrabili nella sentenza in esame della quale sono
agevolmente ricostruibili i percorsi argomentativi che hanno condotto alla
ricostruzione fattuale della vicenda complessiva e, sulla base di questa, alla
valutazione di non proporzionalità della sanzione espulsiva con applicazione
della tutela indennitaria forte. In particolare le pretese incongruità ascritte
alla decisione, (v. controricorso, pag. 41 ultimo capoverso, e pag. 42, primo
capoverso) non evidenziano alcuna illogicità tale da rendere incomprensibili le
ragioni del decisum in punto di applicazione della tutela indennitaria cd.
forte) ma esprimono, piuttosto, un apprezzamento di fatto di talune circostanze
del caso concreto difforme a quello preteso dall’odierna ricorrente
incidentale;

10. che al rigetto del ricorso principale e del
ricorso incidentale consegue la compensazione delle spese di lite;

11. che sussistono i presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove
dovuto, per il ricorso principale e per il ricorso incidentale a norma del comma 1 bis dello stesso art.13
(Cass. Sez. Un. 23535 del 2019);

 

P.Q.M.

 

Rigetta entrambi i ricorsi. Compensa le spese.

Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n.
115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il
versamento da parte del ricorrente principale e della ricorrente incidentale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto
per il ricorso principale e per il ricorso incidentale, se dovuto.

Giurisprudenza – CORTE DI CASSAZIONE – Ordinanza 13 gennaio 2020, n. 398
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